Il Tar del Lazio ha stabilito che la circolare sulle munizioni in piombo è di fatto inefficace.
Per natura, forma e procedimento è un atto «notoriamente inidoneo» a incidere «sulle puntuali previsioni» del regolamento comunitario, che dunque è «pienamente cogente» e «direttamente applicabile» dal personale di vigilanza e dalla magistratura «nel testo, invariato, dettato dal legislatore europeo»: è una discreta mazzata, non solo per il governo Meloni, l’ordinanza 5447/2023 con cui il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di Lac, Wwf, Lipu e Lav sulla circolare che tentava di contenere l’impatto delle restrizioni all’uso delle munizioni in piombo nelle zone umide.
Di fatto il Tar dice che non c’è bisogno di sospendere quanto stabilito dal governo Meloni perché già di per sé la circolare interministeriale è inefficace nelle parti in cui viene a contrasto con la normativa comunitaria; e dunque il semplice possesso di munizioni in piombo a cento metri da qualsiasi bacino idrico (anche effimero, o potenziale) è un reato, con annesse sanzioni penali.
Hanno dunque ragione le associazioni venatorie a dire che la circolare da sola non basta, e che per circoscrivere l’impatto del divieto è necessaria una legge, o un decreto. Non è detto però che dopo quest’ordinanza il governo Meloni abbia la forza di muoversi prima dell’avvio ufficiale della stagione; sarebbe inevitabile lo scontro con le istituzioni europee, che sulle munizioni in piombo hanno già ventilato l’apertura d’una procedura d’infrazione contro l’Italia.
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