Lamberto Cardia, presidente nazionale dell’Enalcaccia, ha scritto alla giunta dell’Emilia Romagna per chiedere il ritiro o una modifica consistente del piano di controllo del colombaccio: meglio, sostiene, la preapertura.
Ritiene che il provvedimento «violi i principi etologici e di salvaguardia della fauna» che invece caratterizzano l’etica del mondo venatorio: pertanto Lamberto Cardia, presidente nazionale dell’Enalcaccia, ha scritto a Michele de Pascale e Alessio Mammi, rispettivamente presidente e assessore all’Agricoltura dell’Emilia Romagna, per chiedere il ritiro o una modifica «consistente e condivisa» del piano di controllo del colombaccio, di cui si discute da mesi.
Cardia ribadisce che il problema principale è legato all’abbattimento d’un numero elevato di colombacci anche durante il periodo della nidificazione e dell’allevamento dei pulli: le associazioni venatorie lo avrebbero fatto presente in anticipo se la Regione le avesse consultate mentre stava lavorando al piano, che in alcune province «potrebbe assumere dimensioni distruttive», considerato che la presenza della specie è «numericamente rilevante solo in alcuni periodi dell’anno».
Diversa è la soluzione che propone Cardia: oltre a prevedere l’impiego dei dissuasori cromatici («è specie più evasiva e timorosa, in grado di distinguere i colori») nei periodi di maggiore criticità, ossia semina e germinazione dei cereali, la Regione dovrebbe consentire la preapertura al colombaccio, sia da appostamento fisso sia in forma vagante, anche per cinque giorni a settimana, senza recuperare niente a fine stagione (chiusura dunque il 31 gennaio, e pazienza se non si rispetta l’arco temporale massimo previsto dalla legge) e con una deroga al carniere massimo.
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