L’importanza del ruolo di cani (e conduttori) nei monitoraggi faunistici è un tema sempre più sentito da chi si occupa di gestione della fauna selvatica, che in ausiliari e cacciatori formati trova una preziosissima risorsa.
L’importanza del ruolo di cani (e conduttori) opportunamente addestrati da impiegare nei monitoraggi faunistici è un tema sempre più sentito da chi si occupa di gestione della fauna selvatica. In ausiliari e cacciatori formati, infatti, trova una preziosissima risorsa.
Ispra ed Enci hanno dedicato all’argomento uno workshop che si è svolto la scorsa primavera proprio nella sede dell’Ente nazionale della cinofilia italiana a Milano. Durante l’incontro, oltre ad essere stati presentati gli stati di avanzamento di alcuni progetti (tra cui il Life Perdix, il progetto Enci sulla lepre italica, il Life Turtlenest, la scuola di specializzazione Enci per unità cinofile da impiegare per la conservazione della biodiversità e le attività dei binomi cane-conduttore per il contrasto alla Psa), è stata anche messa a fuoco una proposta per linee guida nazionali sull’uso delle unità cinofile Ispra – Enci – Legambiente.
Quali cani per i monitoraggi faunistici
È importante, però, sottolineare quale sia il punto di partenza imprescindibile, indicato durante i lavori, per far sì che le attività di monitoraggio di fauna e ambiente con l’ausilio dei cani portino alla raccolta di dati e informazioni davvero utili. Occorre che si impieghino soggetti motivati, sicuri, gestibili, energici e curiosi.
Nel caso specifico delle attività di monitoraggio dell’avifauna servono cani da ferma efficaci, non invasivi, ben addestrati e che sappiano identificare le specie target con precisione. Senza queste condizioni (e senza protocolli di raccolta dati scientificamente validi, standardizzati, effettuati in periodi coerenti con la fenologia delle specie selvatiche) si gioca. La conservazione di fauna e habitat non è, però, un gioco. E se a un gioco tutti possono partecipare, non sono per tutti le attività di wildlife management, che un gioco proprio non lo sono.
Nessuno è obbligato (e ci mancherebbe) a chiedere al proprio cane – e a se stesso – standard operativi tali da consentire un lavoro sul campo efficiente e pulito. Non tutti i soggetti, anche se eccellenti cani da caccia, possono diventare cani da lavoro. E non tutti i conduttori possono (o vogliono) diventare monitoratori.
Non si tratta di attività ludiche
Non stupiamoci, quindi, e non lamentiamoci se per svolgere delle attività seriamente strutturate siano previsti percorsi di abilitazione (per i cani e per i cacciatori) anche complessi. I monitoraggi non sono attività ludiche e se ci si vuole divertire con i propri cani, approfittando di qualche uscita in più, meglio fare altro.
Tra gli standard operativi richiesti a chi vuole partecipare con il proprio cane alle attività di monitoraggio vi sono pure standard etici. Il cane deve saper fare il suo molto bene e questo lo certifica un esame di abilitazione, che non è un esame di caccia. Un comportamento dell’ausiliare ammissibile – e magari utile e auspicabile – durante un’uscita nel bosco a seguito del fucile, non necessariamente lo è durante un’uscita di monitoraggio.
Allo stesso modo l’approccio del conduttore-cacciatore deve essere diverso. Queste attività non rappresentano un’opportunità di divertimento. Lo possono diventare quando si è interessati a svolgerle con motivazioni ulteriori rispetto alla passione per la cinofilia e la caccia. Detto ciò, occorre però dare a Cesare quel che è di Cesare: i cacciatori e i loro cani rappresentano un tesoro inestimabile per dare impulso agli studi sulla fauna selvatica. Di questo è bene prenderne atto.
L’editoriale è stato pubblicato sul numero 3 2024 Beccacce che Passione. Nello shop online di Editoriale C&C puoi abbonarti alla rivista e risparmiare sul prezzo di copertina.