Cani da ferma: corsa e passione venatoria sono cose distinte. La corsa, infatti, per tanti cani è attività autogratificante a prescindere dal motivo per il quale viene esplicata e l’errore sta nel renderle consequenziali.
L’ennesimo cane da ferma da visionare. Arriva il conoscente che ti fa vedere il giovane puledro che all’età di 14 mesi non ha ancora visto un selvatico buono. Ma corre come un forsennato per la piana, cercando cornacchie da rincorrere o qualche compagno di canile col quale è stato sganciato sistematicamente nei mesi precedenti.
Perché è questo che succede
Sono cani che crescono perlopiù nei box – i più fortunati invece in lunghi sgambatoi – facendo conoscenza unicamente con la basla delle crocchette o quella dell’acqua; a correre e abbaiare avanti e indietro aspettando che qualcuno li carichi in auto per portarli in qualche campo di addestramento recintato e foderato di deiezioni canine, dove verranno sganciati insieme ad altri cuccioloni, per valutare la qualità del galoppo e il ritmo che esplicano.
Quando provi a mettergli il collare devi lottare, per agganciargli il guinzaglio ti devi far sfregiare.
E questi sono i cani dei cinofili?
I 12 cuccioli di 50 giorni che ho a casa fanno già il seduto quando gli presento la ciotola, si fermano sulla porta del canile quando dico “no” e corrono al richiamo come se avessi l’oro in tasca. E riportano la piccola mela selvatica che gli lancio. Tra poco comincerò a trasportarli in auto.
Intanto il pistola che ho accanto fraintende il mio silenzio e mi dà di gomito. «Eh, hai visto che qualità? E pensa che non ha ancora visto niente! Cioè, no, la quaglia la ferma bene, si butta a terra e non fa più un passo. Questo è un gran cane, ne sentirai parlare!» E mi sorride beato credendo di cogliere nel mio sguardo sgomento una punta di invidia.
E pensare che stavo per chiedergli, per celia, che cosa faceva il cane sui fagiani, se li trovava bene e li fermava. Già mi immagino le risposte: «Ma vuoi scherzare? I fagiani? Sai, è meglio di no, poi i cani buttano il naso per terra e come glieli levi certi vizi?» Oppure: «Sai, preferisco mettergli giù due starne, coi fagiani i cani si viziano e cominciano magari a bordeggiare , non va bene se devono fare le prove». E via così, snocciolando sciocchezze per nascondere la riottosità alle alzate antelucane per portare i cani in bandita. Ma anche questa è una sopravvalutazione del primate.
Corsa e passione venatoria sono cose distinte
La vera verità è che questi personaggi ritengono comunque inutile la selvaggina buona: per vedere un cane correre basta un campo grande e rasato. Perché più il cane corre veloce e più ha passione, vero? Ed è la velocità che noi vogliamo e selezioniamo per ottenere grandi cani da prove e, per logica conseguenza, grandi cani da caccia... Secondo loro. Scemenze. Sono tutte scemenze.
Corsa e passione venatoria sono cose distinte, dove la seconda può alimentare la prima senza però che questa, considerata singolarmente, sia conseguente indicatore di ferocia predatoria. La corsa, infatti, per tanti cani è attività autogratificante a prescindere dal motivo per il quale viene esplicata.
Sono modelli comportamentali completamente slegati e basta osservare i cani con un minimo di attenzione per capire chi corre senza cacciare e chi sta cacciando tenacemente anche senza correre. Parlando di corsa, può essere sufficiente un partner di giochi, uno spazio aperto, un oggetto da rincorrere o una protratta permanenza in canile a determinarne l’estrinsecazione. Infatti, questi soggetti, che per l’utilizzo venatorio sono solo dei balordi, una volta soddisfatta la pulsione che li gratifica, ti vengono a fare compagnia agli scarponi, mentre il cane che caccia, anche se dinamicamente esausto, continua cercare, magari al passo, l’oggetto dei suoi desideri. Quelli corrono e non incontrano o scontrano, questo magari caracolla, ma inanella serie impressionanti di reperimenti.
Ci sono cascati in molti in questa equazione fondata su fattori non conciliabili. Anche il più grande autore cacciatore cinovenatorio Alberto Chelini, nel suo magnifico “Le prove di lavoro dei cani da ferma”, lega la velocità alla passione pur indicando precisi distinguo. E comunque, sempre Chelini, ne stigmatizza l’importanza rapportandola a soggetti che invece manifestano superiori capacità realizzative. L’errore sta nel renderle consequenziali. In saecula saeculorum, amen.
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