Il Tar ha deciso di non esprimersi sul calendario venatorio della Lombardia 2020/2021. Dalle motivazioni Federcaccia trae una conseguenza: la legge regionale 17/2004 non è il calendario.
Non si può chiedere una sentenza su un provvedimento non più in vigore, tantomeno se in qualche modo si tenta così di condizionare una futura scelta politica: è per questo motivo che il Tar ha dichiarato improcedibile il ricorso della Lac sull’atto della Direzione agricoltura che aveva ridefinito il calendario venatorio della Lombardia 2020/2021. “Non si comprende quale utilità diretta e immediata” si legge nella sentenza “possa ottenere [la Lac] da un’eventuale pronuncia di merito su un provvedimento che ha ormai perso ogni efficacia”.
Gli effetti dell’eventuale annullamento devono infatti riguardare solo l’atto contestato, “non certo altri futuri […] a fronte dei quali [non è stato ancora esercitato] alcun potere amministrativo”. Potrebbero infatti “variare i dati relativi alle specie cacciabili, per cui non sono possibili realistiche previsioni sui provvedimenti futuri”. Peraltro l’ordinanza cautelare dello scorso ottobre aveva in parte accolto il ricorso e dunque “ha finito per conformare, seppur in parte, la trascorsa stagione venatoria alla pretesa di Lac”.
Federcaccia Lombardia nota che la sentenza rischia di creare un precedente su un aspetto a prima vista nascosto. Sostenendo che non può esprimersi “sul calendario vecchio per dare indicazioni per il prossimo poiché si baserà su dati diversi, il Tar ci dice chiaramente che la legge regionale 17/2004 non è il calendario”. Insomma, la cosiddetta legge calendario della Lombardia “oggi non dà più garanzie per la continuità della stagione in caso di sospensive”. È dunque opportuno che la giunta motivi bene ogni decisione che si discosta dal parere Ispra; altrimenti i cacciatori lombardi rimarrebbero sospesi nell’incertezza, perché da ora “la legge regionale del 2004 è di fatto un paracadute che non si apre”.
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