In attesa di capire se cambierà la normativa che dovrebbe renderli immuni dai ricorsi di questo tipo, nel 2023/2024 ben dieci Regioni hanno visto i propri calendari discussi in tribunale.
Dieci Regioni hanno dovuto difendere i calendari venatori 2023/2024 in tribunale; e solo una, la Calabria che ha mantenuto intatte le date di chiusura della caccia a turdidi, uccelli acquatici e beccaccia e salvato il prelievo del moriglione, ha vinto su tutta la linea.
Peggio di tutti è andata ai cacciatori emiliani e romagnoli, che si sono visti comprimere la stagione: il Tar ha infatti posticipato al 1° ottobre l’apertura della caccia agli uccelli e alla piccola selvaggina stanziale, e anticipato la chiusura della caccia a beccaccia (31 dicembre), turdidi (10 gennaio) e uccelli acquatici (20 gennaio), compresi moretta e moriglione.
In confronto i cacciatori lombardi possono dirsi moderatamente soddisfatti: hanno dovuto soltanto rinunciare a qualche giorno di caccia alla beccaccia (31 dicembre), cesena e tordo sassello (10 gennaio).
Ben più ingarbugliata la situazione in altre zone. In Veneto s’è cominciato col rinvio dell’apertura della caccia alla quaglia, s’è proseguito con la riduzione delle giornate aggiuntive per la caccia alla migratoria (dimezzate: prima per cinque specie, poi per tutte quelle cacciabili da appostamento) e poi con l’anticipo della chiusura della caccia a turdidi e uccelli acquatici, definitiva nonostante il tentativo della giunta regionale e l’immediato controricorso dopo l’ultima decisione sfavorevole.
Una stagione complicata
È stata complicata anche la stagione in Sicilia dove, salva sul primo ricorso, la giunta s’è vista costretta a posticipare al 1° ottobre l’apertura della caccia a merlo, gazza e ghiandaia (non però a colombaccio, coniglio selvatico, quaglia e tortora) e poi ad approvare un nuovo calendario dopo la sospensione integrale di quello originario. Il finale di stagione è stato più sereno, considerata la tripla (fine novembre, metà dicembre, fine gennaio) vittoria in tribunale; ma negli scorsi giorni il Consiglio di giustizia amministrativa ha già dato alcune indicazioni stringenti in vista del 2024/2025.
Più facile capire che cosa sia successo nelle Marche: il Tar ha salvato sia la preapertura sia l’apertura generale, ma anticipato al 10 gennaio la chiusura della caccia alla beccaccia e ai turdidi.
Sono stati molti i passaggi in tribunale anche per il calendario venatorio della Campania, ove il Tar ha inizialmente sospeso la preapertura a merlo, ghiandaia e tortora (poi la giunta l’ha consentita, previa approvazione dei piani faunistici), chiuso per qualche giorno la caccia agli acquatici tra la fine di settembre e l’inizio d’ottobre e anticipato al 10 gennaio la chiusura della caccia a cesena e tordo sassello.
Dalla Sardegna, messo da parte il rinvio dell’apertura della caccia alla quaglia, è arrivata una notizia interessante sul recupero delle giornate di preapertura, in questo caso a gazza e ghiandaia; e la giunta ha vinto anche sulla data di chiusura della caccia al tordo e agli uccelli acquatici.
Prospettiva 2024/2025
In Molise la stagione è iniziata male (sospesa la preapertura a quaglia e tortora, non cacciabili per tutto settembre insieme a fagiano, volpe e lepre) ma è finita bene; è successo il contrario in Basilicata, dove con due decisioni distinte il Tar ha vanificato il blitz della giunta che aveva tentato di spostare a fine gennaio la chiusura della caccia a tordo e beccaccia.
Bastano queste righe per capire come mai la Lega stia tentando di modificare la 157/92 e spostare i calendari venatori dalle delibere di giunta alle leggi regionali, non impugnabili davanti ai tribunali amministrativi ma solo davanti alla Corte costituzionale.
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