L’Arcicaccia chiede al governo di rispondere ad alcuni quesiti sulla nuova formulazione della legge sulla caccia nel comma che disciplina l’approvazione dei calendari venatori.
Senza un chiarimento ufficiale, anziché semplificarla la nuova formulazione della legge quadro sulla caccia rischia «di peggiorare la situazione relativa ai calendari venatori, già estremamente problematica»: ne è convinta l’Arcicaccia che solleva quattro punti su cui ha bisogno di risposte dal governo.
Tre sono strettamente tecnici.
- In caso di conflitto tra il parere dell’Ispra e quello del comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, quale dei due prevarrà? «Ci sarà altro lavoro per i tribunali?».
- Come devono muoversi i rappresentanti delle Regioni nel comitato tecnico faunistico-venatorio perché sia inattaccabile il loro parere su un atto dell’organismo che li ha nominati?
- Poche Regioni approvano il calendario entro la scadenza che la legge fissa al 15 giugno. Se il numero di pareri obbligatori raddoppia, come si possono assicurare tempi utili per l’inizio della stagione?
Sull’ultimo quesito però la nuova formulazione della legge è già di per sé chiara: dopo trenta giorni il parere s’intende acquisito.
Più complicato è rispondere alla questione politica sollevata dall’Arcicaccia: non è che anziché indebolirsi il ruolo dell’Ispra si rafforza, visto che oltre che autonomamente s’esprimerà anche all’interno del comitato faunistico-venatorio?
Sullo sfondo resta la controversia sollevata dal decreto di nomina dei rappresentanti dei cacciatori all’interno del comitato: bisogna attendere la sentenza del Tar per capire se a legge invariata il governo aveva il potere di ridurli a tre, di fatto escludendo alcune associazioni venatorie.
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