Caccia Magazine n.6 giugno 2022: la carica dei 27.000
Caccia Magazine n.6 giugno 2022: l’editoriale – Chi da tempo è pronto a recitare il de profundis per la caccia in Italia si metta il cuore in pace, perché dovrà attendere ancora parecchi anni. È una mia convinzione, uscita rafforzata dopo la chiusura di Eos a Verona e consolidata anche dal giustificato ottimismo che si respira alla vigilia di Caccia Village a Bastia Umbra (mentre scrivo questo editoriale mancano poche ore all’apertura dei cancelli). L’ottimo risultato di pubblico ottenuto dalla fiera veronese, alla sua prima edizione, rappresenta la miglior risposta al variegato mondo dell’ambientalismo più integralista; ed è anche la medicina per un settore che, sia tra gli addetti ai lavori sia tra gli appassionati, troppo spesso arriva all’autoflagellazione.
Oltre 27.000 sono stati i visitatori dichiarati ufficialmente dagli organizzatori di Eos; e camminando tra gli stand dei vari padiglioni è sembrato che l’apporto degli appassionati di armi, di tiro sportivo e della caccia sia stato decisamente superiore a quello generato dagli appassionati di pesca cui gli organizzatori avevano riservato un padiglione.
C’è un altro dato assai significativo che abbiamo raccolto proprio nel corso della fiera veronese, quello che fotografa la produzione italiana di armi; dopo il record fatto registrare nel 2021 con oltre 1,1 milioni di armi prodotte, in questo 2022 si avvia a migliorare ancora. Si tratta certamente di una stima che si basa però su un dato concreto. Nei primi tre mesi del 2021 in Italia furono infatti bancate 261.625 armi; nello stesso periodo del 2022 il Banco nazionale di prova di Gardone Val Trompia ne ha sottoposte a prova già 273.901 (+4,69%). Il dato che ci interessa estrapolare è che le armi lunghe da caccia sono tra quelle che hanno fatto registrare l’aumento più consistente.
Cresce il numero di armi prodotte
Certamente non sfugge il fatto che l’export incide per oltre il 90% sulla produzione del made in Italy; ma proprio questo dato deve farci riflettere. Bisogna ammettere serenamente che in Italia il ricambio generazionale tra i cacciatori non funziona; e non soltanto per una crisi di vocazioni tra i giovani, quanto piuttosto per le carenze che il sistema denota in maniera evidente. È difficile, infatti pensare che le giovani generazioni italiane nascano già con un’avversione per la caccia; in Paesi come la Francia e gli Stati Uniti il numero dei cacciatori nel periodo pandemico è in crescita esponenziale, nell’ordine delle parecchie decine di migliaia oltralpe e addirittura di un paio di milioni oltreoceano.
Intrecciando queste due dimensioni, l’incrollabile passione che migliaia di cacciatori italiani manifestano anche partecipando alle fiere di settore e l’aumento dei cacciatori in altri Paesi (senza dimenticare il Nord Europa, con Paesi in cui il numero dei cacciatori resta percentualmente elevato rispetto alla popolazione), deriva che vale assolutamente la pena di investire sulle nuove generazioni. La caccia in Italia non è finita e non finirà, ma bisogna rimboccarsi le maniche. Lo si deve fare all’interno delle istituzioni, locali e nazionali; lo devono fare le associazioni venatorie e si devono impegnare soprattutto i cacciatori stessi.
Una passione da trasmettere
«Il naufragio del referendum è soltanto una tappa; per mettere al sicuro il futuro della caccia in Italia c’è bisogno di rilanciarla con un piano di comunicazione dal forte impatto mediatico». A dirlo è stato Maurizio Zipponi, presidente del Cncn (Comitato nazionale caccia e natura), contenitore trasversale delle tante componenti che alimentano il mondo della caccia in Italia. Secondo lo studio dell’università di Urbino, nel 2018 la produzione di armi e munizioni per uso civile, sportivo e venatorio in Italia valeva oltre 7 miliardi di euro, quasi mezzo punto del Pil nazionale; il valore economico del settore, dalla produzione di armi e munizioni alla distribuzioni di prodotti importati, ammontava a quasi un miliardo di euro e il valore dei settori collegati alla domanda finale di prodotti e servizi da parte di cacciatori e tiratori sportivi si attestava a oltre 3 miliardi di euro.
Per rilanciare un settore che oltre a una grande passione rappresenta anche una risorsa economica per il sistema Italia, Zipponi ritiene che si debba «promuovere una campagna destinata a riunire tutti coloro che gravitano intorno al settore, dai produttori di armi e munizioni alle associazioni venatorie fino ad Assoarmieri e a Fondazione Una».
Che cosa noi cacciatori dobbiamo spiegare a chi non ci conosce? Che la caccia è un’attività sostenibile, che non è un’attività sportiva, ma per sua natura attività fondamentale per la tutela della biodiversità. E che il cacciatore può rivestire un importante ruolo nella salvaguardia dell’ambiente naturale. Questo ambizioso traguardo ha come passaggio fondamentale la creazione di un legame con i giovani e i giovanissimi, ai quali va trasmessa la passione.