Caccia Magazine giugno 2020: ripartiamo insieme
È finalmente giunto il nostro momento. Come cittadini siamo stati chiamati a un gesto di grande responsabilità: quello di ricominciare a darci da fare nonostante la convivenza con un nemico subdolo, invisibile, che ha cambiato le nostre vite e continuerà a imporci nuove abitudini per un tempo che non conosciamo. Al grande cuore dei cacciatori italiani, che hanno risposto con generosità e solidarietà nei confronti di chi si è trovato nel bisogno, oggi è richiesto di porsi come esempio in questa cosiddetta fase 2, nella quale potranno presentarsi ulteriori momenti di chiusura e le libertà personali – così scontate fino a pochi mesi fa – vanno gestite in maniera consapevole.
Tornare alle nostre abituali attività, oggi, è un’impresa complessa. Con i nonni in isolamento precauzionale, le scuole chiuse, le difficoltà degli spostamenti, le lunghe code nei negozi dovremo ripensare molti aspetti del nostro quotidiano. Ma la vita deve riprendere. Non intendo lanciarmi in complessi ragionamenti economici, ma è evidente che ripartire è indispensabile. Sia per le imprese che devono tornare a guadagnare fermando la perdita di competitività internazionale, sia per noi, che abbiamo la necessità di fare e recuperare un equilibrio la cui assenza è destabilizzante. In questi tempi si è spesso sentito dire che il potere decisionale deve passare dalla scienza alla politica. Perché, sì, la scienza può dirci quale sia la soluzione ideale a una pandemia, ma alla fine deve prevalere una visione complessiva dell’uomo e dello sviluppo sociale. Bisogna ridefinire chi e che cosa vogliamo essere.
Non voglio qui fare politica ma ribadire che, come nella stragrande maggioranza dei casi durante la fase del cosiddetto lockdown ha prevalso la responsabilità individuale, la stessa responsabilità deve essere il nostro timone anche in futuro. Non ho dubbi che la nostra comunità sia in grado di essere guida in questo percorso. Il dibattito sulla caccia ha assunto connotati nuovi. Le riaperture della stagione venatoria, qualche deroga alle norme generali, lo stesso diritto a imbracciare un fucile sono stati messi in discussione con enfasi nuova. “Ci sono cose più gravi a cui pensare, smettiamola di parlare una volta per tutte di caccia”. Questo, semplificato al massimo, il pensiero di chi ci avversa e ha dato prova ancora una volta di una visione strumentale, che tutto piega al proprio tornaconto politico e dialettico.
C’è chi si è spinto a criticare anche il lavoro degli organi d’informazione perché in un momento tanto drammatico hanno continuato a sognare di caccia pur nell’impossibilità di andare per boschi, pianure e montagne. Ebbene, sono convinto – così come sono certo che lo siano i nostri lettori su carta e sul web – che nel nostro piccolo abbiamo continuamente rafforzato un messaggio di speranza.
Abbiamo permesso a chi ci legge di pensare positivamente e abbiamo sostenuto con passione un settore industriale fondamentale per la ripartenza del sistema. Le armi, la caccia e tutte le attività che costituiscono l’indotto del settore provvedono in maniera significativa al prodotto interno della nostra nazione e occupano qualcosa come 87.000 persone. Ancora, il nostro mondo è a buon diritto tra le eccellenze italiane e contribuisce a darci quel prestigio che è la nostra risorsa primaria, il primo credito che possiamo vantare al di fuori dei nostri confini. La buona gestione del territorio, che passa anche dalla corretta pratica venatoria, è il nostro fiore all’occhiello, così come lo sono le tante aziende che producono e distribuiscono armi, munizioni, ottiche, abbigliamento e accessori sul territorio nazionale.
Con il nostro lavoro abbiamo cercato di rendere onore a chi ha sofferto le conseguenze di questa tragedia mondiale. E abbiamo voluto rendere omaggio ai tanti attori che portano avanti in questo settore il nostro stile di vita, le nostre passioni. La caccia non è uno svago. Certo, c’è anche una componente più leggera che aiuta l’uomo (nello specifico le cacciatrici e i cacciatori) a elevarsi dal quotidiano.
Ma la caccia è soprattutto gestione della fauna e del territorio. La caccia è prendersi cura responsabilmente di risorse rinnovabili (la selvaggina) e tutelare quelle che non lo sono (l’ambiente) e le attività economiche che soffrono la competizione con la fauna selvatica. Il cacciatore è abituato alle assunzioni di responsabilità e saprà svolgere la sua funzione anche in questo periodo di emergenza. Contribuendo da par suo alla ripartenza della Nazione.
Concludo queste riflessioni con un ringraziamento a chi ci ha permesso di continuare il nostro lavoro e raggiungere i nostri lettori, alle aziende che hanno continuato a guardare con ottimismo al futuro e soprattutto a voi lettori, che avete continuato a darci fiducia e avete dimostrato un attaccamento encomiabile alle nostre passioni e alla nostra rivista.