Editoriale
Un punto fermo
Cari lettori, cari amici,
con questo numero di Caccia Magazine si conclude la mia esperienza alla direzione della rivista che ci accompagna ormai da due anni. Nel mio primo editoriale evidenziavo la necessità di parlare a tutti i cacciatori con strumenti più moderni ed efficaci perché le sfide che ci attendevano erano impegnative. Se possibile, oggi lo sono ancora di più. La discussione sui cambiamenti climatici, sulla transizione ecologica e la cosiddetta carbon footprint – il parametro che permette di calcolare gli impatti ambientali delle attività di origine antropica – è sempre più pressante e, così come confermano gli esiti contraddittori del G20 e del Cop26, addirittura drammatica.
In questo contesto avverso, in cui la caccia sembra essere un’attività arcaica e non sostenibile, Caccia Magazine ha resistito allo spirito dei tempi per dimostrare che le esigenze di conservazione della biodiversità non sono solo patrimonio delle associazioni ambientaliste. In un tempo in cui la discussione è così polarizzata, anzi, è proprio la caccia uno degli strumenti più potenti per dare una risposta all’esigenza dell’uomo di vivere con pienezza la natura.
Caccia Magazine in questi anni ha cercato di dare risposte alla sete di conoscenza di chi è consapevole del proprio ruolo, vuole essere informato e ha deciso di far crescere la propria preparazione. Idealmente, ha voluto riunire in un’unica arena tutti i cacciatori italiani, che a livello politico rimangono purtroppo rappresentati in maniera troppo frammentaria.
Ho lavorato con un’ottima squadra: una redazione costituita da persone appassionate e capaci e collaboratori selezionati per la competenza nei rispettivi campi. Raccogliendo l’eredità quasi trentennale e i principi costitutivi delle riviste che l’hanno preceduta – e di cui ho avuto il privilegio di essere in momenti successivi alla guida – abbiamo sempre messo al primo posto i nostri lettori.
Un lungo tratto di strada insieme
Abbiamo percorso insieme un significativo tratto di strada ma ogni principio prevede una fine. Continuerò però a contribuire in altre forme, concentrandomi sugli aspetti più legati alla conservazione e su quelli tecnici del nostro vivere la caccia: esperienze venatorie, test di armi, ottiche, munizioni e attrezzature. Perché questa passione è un tarlo in grado di condizionare le nostre vite. O, forse e più probabilmente, perché la caccia è l’espressione più concreta di uno stile di vivere e dei valori che ci diamo. Si parla di rewilding della natura; ebbene, io credo che questa esigenza di rinaturalizzazione debba prima di tutto intervenire nel nostro cuore. Siamo noi che dobbiamo riavvicinarci alla nostra componente naturale e, vivendola con raziocinio, renderla parte delle nostre esistenze. Quando ciò avverrà, parlare dei cambiamenti climatici sarà pleonastico perché avremo già adottato comportamenti virtuosi in grado di mantenerci in equilibrio con l’ambiente.
Le sfide sono tante e sempre più impegnative. Per tutti, anche per la comunicazione venatoria. Auguro quindi a Caccia Magazine di conservare la sua attenzione a tutte le tematiche venatorie, a migliorarsi e ad aumentare la sua incisività sia tra i cacciatori sia verso l’esterno.
Ringrazio infine voi lettori per l’attaccamento al progetto, i continui stimoli, le osservazioni, le critiche e tutti i confronti che abbiamo avuto. Sono state occasioni di crescita sia per me sia per il giornale; grazie a voi posso concludere la mia esperienza con la convinzione di aver ricevuto molto più di quel che ho dato.
Matteo Brogi