Ci si può arrivare davvero al completamento dei piani di prelievo? La pratica ci insegna che, nonostante le più diverse misure correttive, prelevare i cervidi assegnati resta sempre un compito gravoso ed è assolutamente naturale che a fine annata non si arrivi mai al completamento del piano iniziale teorico. Uno sguardo sui risultati ottenuti dalla caccia di selezione in Appennino.
La caccia di selezione in Appennino ha più di trent’anni. Dopo un primo quinquennio di esperienza fatto di tentativi, errori e aggiustamenti, i cacciatori raggiunsero un certo rendimento medio che sostanzialmente si protrae fino a oggi.
In molti casi le assegnazioni degli animali previsti dai piani di prelievo sono basate su criteri di merito acquisito. Ciascun cacciatore ha probabilità di avere in assegnazione uno o più animali in relazione all’impegno profuso nella gestione (partecipazione alle sessioni di censimento, ai rilevamenti biometrici, talvolta alle uscite di prevenzione dei danni all’agricoltura).
Forte motivazione e difficoltà obiettive
I cacciatori di selezione assegnatari di un animale sono quindi decisamente motivati a portare a termine il proprio compito. Un impegno che continua a rivelarsi tutt’altro che semplice: gli animali sono diventati meno ingenui, più elusivi, sensibili ai rumori, al traffico, ai cani liberi di muoversi, al mai sconfitto bracconaggio, all’interferenza di altre cacce. Sempre che ci si riesca, per prelevare un capriolo in provincia di Bologna ci vogliono in media cinque uscite, per un daino o un cervo otto. E, appunto, alcuni cacciatori, pur facendo un numero non trascurabile di uscite, non riescono a portare a buon fine l’abbattimento loro assegnato.
A fine annata venatoria, quando si fanno i conti precisi dei prelievi effettuati rispetto a quelli pianificati, un certo numero di animali assegnati non risulta abbattuto. Si tratta di un fatto del tutto fisiologico, con percentuali di realizzazione dei piani teorici che a regime si aggirano sul 70-80% con il capriolo e il cervo e intorno al 55-60% con il daino.
Piani di prelievo: accorgimenti e correttivi
Naturalmente sono stati messi a punto accorgimenti per migliorare l’efficienza complessiva di caccia, come per esempio le cosiddette doppie assegnazioni. Per daino e cervo, date la mobilità e talvolta la segregazione tra i sessi (aree frequentate solo da femmine e piccoli, altre solo da maschi), si è deciso di fondere due zone di censimento e prelievo adiacenti formandone una più vasta. Inoltre i responsabili di distretto o di zona, se vedono cacciatori poco attivi, possono convincerli a cedere ad altri colleghi più presenti sul territorio l’animale loro assegnato.
Un altro tipo di soluzione è quella di calibrare i piani di prelievo fin dalla loro redazione aumentando leggermente i numeri, un po’ come fanno le compagnie aeree per riempire gli aerei attraverso l’overbooking, un numero di prenotazioni leggermente superiore al necessario prevedendo qualche cancellazione e rinuncia poco prima delle partenze. Ma resta comunque il problema formale che al momento di pubblicare le statistiche venatorie ci sarà una differenza tra piano teorico e piano realizzato (e qualcuno potrà storcere il naso).
Nonostante le più diverse misure correttive, prelevare i cervidi assegnati resta sempre un compito gravoso ed è assolutamente naturale che a fine annata non si arrivi mai al completamento del piano iniziale teorico. Il nome stesso “completamento” andrebbe abolito dal vocabolario della gestione faunistica semplicemente perché non adeguato alla realtà dei fatti, sostituito da “percentuale di realizzazione”.
Critiche immeritate
Questi concetti sono naturalmente ben conosciuti tra gli addetti ai lavori, i tecnici faunistici incaricati di formulare i piani e di seguire le stagioni venatorie, e tra gli stessi cacciatori di selezione. Ma non è raro imbattersi in politici, funzionari amministrativi, associazioni ed enti, che vedono nel mancato completamento del piano la chiara dimostrazione che i cacciatori di selezione non prendano sufficientemente sul serio i propri compiti.
Chiunque abbia un minimo di pratica sui piani di prelievo sa che anche a livello europeo, e anche nei Paesi con 140 anni di esperienza di caccia di selezione, i tassi medi di realizzazione dei piani di prelievo si attestano su valori non molto diversi da quelli registrati in Appennino. Ma con una differenza tutt’altro che trascurabile. I cacciatori di selezione centroeuropei in genere devono affrontare condizioni decisamente più favorevoli, con densità di popolazione dei cervidi spesso tenute artificiosamente più elevate e con il territorio ricco di coltivi per selvatici, punti di foraggiamento e saline, e con parecchie altane (anche più di dieci per kmq). Inoltre le finestre temporali previste dai calendari centroeuropei sono più ampie delle nostre.
Austria, Polonia, Ungheria, Francia e Italia
Prendiamo per esempio l’Austria: tre volte e mezzo più piccola dell’Italia, ha più di un milione di caprioli, quasi 200.000 cervi, con densità inquietanti. Qui le percentuali medie di realizzazione si aggirano sul 90%, grazie anche a una fitta rete di stazioni di foraggiamento e di altane. Situazione simile in Polonia, grande come l’Italia, con quasi un milione di caprioli, 290.000 cervi e 30.000 daini, foraggiamento, saline e altane, con tassi medi intorno all’85-95%. E in Ungheria dal 2004 al 2014 i tassi di realizzazione media per capriolo e cervo sono stati rispettivamente dell’88,4% e del 90,1%. Nella stessa Francia, che ha una tradizione di caccia di selezione relativamente recente (diciamo 70 anni), che ricorre a foraggiamenti artificiali e altane e che ammette talvolta anche forme collettive di prelievo ai cervidi, nel 2019-2020 sono state registrate percentuali di realizzazione complessive dell’84% per il capriolo, del 70% per il cervo e appena del 37% per il daino.
In Italia
Anche l’esperienza dei comprensori alpini italiani, che si rifà fondamentalmente al modello mitteleuropeo, segnala la difficoltà fisiologica di raggiungere quanto fissato. Per esempio in provincia di Trento, nel periodo 2007-2015, il tasso di realizzazione medio è stato del 72-78% per il capriolo e dell’87-89% per il cervo. In una prospettiva più ampia europea forse si riescono ad apprezzare maggiormente anche gli sforzi e i risultati dei cacciatori in Appennino. Raggiungere in condizioni obiettivamente più difficili risultati piuttosto simili a quelli conseguiti in Centroeuropa, nelle Alpi e in Francia evidenzia la preparazione e l’impegno dei cacciatori di selezione appenninici.
Piani di prelievo: dalla teoria alla pratica
La disquisizione sugli scostamenti tra piani teorici e piani realizzati non ci deve far perdere di vista che il vero problema gestionale è comunque raggiungere gli obiettivi prefissati dalla programmazione. Se, per esempio, era stato pianificato di stabilizzare la popolazione di capriolo o di cervo su certi valori di densità di popolazione o su certi livelli di danno agricolo economicamente tollerabile, siamo o non siamo riusciti a ottenerlo? Siamo sulla giusta strada? Dobbiamo correggere la strategia? Questi dovrebbe essere gli argomenti al centro delle discussioni.
La versione integrale dell’articolo è stata pubblicata sul mensile Caccia Magazine numero 3 2021. Non perdere le ultime news sul mondo venatorio e segui anche la nostra pagina Facebook.