Il tentativo di raccontare, attraverso poche righe e privilegiando le immagini, quello che è il cammino di un normale cacciatore con il cane da ferma, alla ricerca non solo e non tanto della selvaggina, bensì di quella che per noi è la vera preda: l’emozione della bellezza della caccia
La percezione della bellezza è una bussola necessaria per orientare il cammino della vita di ognuno di noi. Così la bellezza dell’arte venatoria, che si svolge nel grande scenario della natura, costituisce uno dei temi più rappresentati e prediletti in ogni tempo. In tal senso è sempre sorprendente osservare la ricchezza delle immagini dedicate nei millenni alla selvaggina o alle scene di caccia, un tripudio iconografico senza confini; allo stesso tempo la rappresentazione della bellezza spesso si è avvalsa dei temi venatori e della natura, in un intreccio virtuoso. Credo, dunque, che anche il cacciatore, ognuno secondo la sua sensibilità, sia sempre chiamato alla ricerca della bellezza in ogni suo gesto, mosso da un empito che sia non solo il segno del profondo rispetto verso la natura, ma anche verso l’attività venatoria che agisce.
La bellezza suscita in noi un sentimento intimo e spesso solitario che ci commuove, ma esso costituisce anche la spinta a comunicare e condividere. In un’epoca quale la nostra, dove la comunicazione attraverso le immagini è assai facilitata, diventa relativamente semplice rappresentare ciò che ci appare bello. Disponiamo di nuovi mezzi di facile utilizzo, quali smartphone, telecamere e macchine fotografiche portentose che ci offrono grandi opportunità; saranno però il nostro sguardo, i nostri occhi che sanno vedere, che potranno cogliere il bello in ogni momento.
Prosegue ora il tentativo, certamente pretenzioso e quantomai parziale, di raccontare attraverso poche righe e privilegiando le immagini, quello che è il cammino di un normale cacciatore col cane da ferma, alla ricerca non solo e non tanto della selvaggina, bensì di quella che per noi è la vera preda: l’emozione della bellezza della caccia.
Novembre è giunto
Ora che novembre è giunto, i migratori intensificano il loro transito e ogni cane e ogni cacciatore continuano a tessere la propria storia: nessuno può restare indifferente dinanzi a una vicenda di tale meraviglia, un momento talmente bello da risvegliare in noi un’avvolgente emozione. Nelle mani la nostra doppietta e in saccoccia la macchinetta fotografica, accanto al nostro compagno di avventure, esploriamo le nostre frontiere, quella foresta, la vallata oltre la cresta dei monti, il padule sconosciuto. Le giornate sono più corte, le temperature finalmente frizzanti e le piogge hanno ridato vita a una campagna prima inaridita e ingiallita; i boschi decidui cominciano a spogliarsi, mentre quelli sempreverdi brillano di una tinta che li fa sembrare felici; gli odori si fanno più intensi, della umida lettiera del bosco o del motriglio del padule. I suoni e i versi si fanno vari, dallo zirlo dei tordi al ticchettio dei pettirossi, dal pri-prit delle alzavole al miagolio delle pavoncelle.
Alla stregua di tutti voi lettori codaioli, il protagonista è sempre lui, il cane da ferma, di qualunque razza sia, secondo le personali preferenze. Per me è Ukko, giovane spinone roano-marrone di appena due anni, colmo di quell’entusiasmo irriducibile che lo fa correre alla ricerca della selvaggina, ebbro di gioia.
La mia stagione autunno-invernale si concentra, e si adatta, a quanto la natura dei territori può offrire. Così estendo i miei percorsi in territori che vanno dai monti alla pianura, dalle foreste alle distese di coltivi e pascoli, ai residui palustri, tanto che nel tempo ho imparato ad amare ogni terreno e ogni tipo di selvatico utile al cane da ferma, seguendo l’evoluzione della stagione, il suo andamento e le fluttuazioni delle presenze dei vari migratori. Questo perché il cane è ben contento di incontrare il selvatico più volte possibile, magari con multipli incontri nella giornata; tale evenienza è di norma possibile con una certa regolarità solo se ci si rivolge a tutte le specie di selvaggina potenzialmente presenti nel territorio; anche perché, alla fine, poco importa al nostro cane se avrà trovato l’umile porciglione invece che la regale beccaccia. Così, con un gioco di parole, direi che specializzo i miei cani a non essere specialisti, mentre cerco di fargli intendere di sapere riconoscere e trattare adeguatamente tutta la selvaggina utile.
Quaglie scaltre e volatrici
Al pari dei cambiamenti nel passo e nella distribuzione nel territorio delle beccacce cui assistiamo da anni, le quaglie si fanno sempre più restie a lasciare il territorio di nascita, tanto che ci offrono qualche bella azione per tutto l’autunno-inverno, permettendoci qualche cattura fino a quando consentito dal calendario: un’occasione quanto mai gradita per cane e cacciatore. In questo periodo sono scaltre e volatrici, tanto da dover talvolta richiedere al cane strategie simili a quelle adottate per il beccaccino. Anche le rimesse si fanno improbabili, con voli lunghissimi che frappongono tra il selvatico e il cane ostacoli insormontabili.
Fagiani buoni e difficili
Qualche fagiano scaltro e rotto a tutte le avventure ancora fa dannare il nostro compagno a quattro zampe, impegnandolo in guidate nervose che spesso terminano con un frullo beffardo fuori portata; è ben vero che un vecchio maschio catturato a dicembre con un’azione rocambolesca costituisce una estrema soddisfazione.
La stagione a beccaccini
I beccaccini giungono ad ondate sempre più copiose fino a dicembre, per poi sistemarsi nei punti favorevoli e più quieti per trascorrere l’inverno in attesa della primavera. Nei giorni di abbondanza, nel pieno del passo, le azioni si succedono frequenti perché i beccaccini sono di fresco arrivo e più abbordabili, concedendo al cane di mostrare le sue qualità. Ma col passare dei giorni i becchi lunghi si rarefanno e si imbirbiscono: il cane se li deve conquistare andandoli a pescare in qualche angolino propizio, spesso inusuale o inaspettato. Al pari della beccaccia svernante, i ripetuti incontri e “scontri” con questi beccaccini permettono di stabilire con loro un rapporto quasi intimo e personale, che spesso si risolve a favore del selvatico fino al giorno in cui, chissà per quale motivo, si concederà alla ferma e al fucile.
La beccaccia, selvatico “introspettivo”
La beccaccia mi porta nelle foreste, sui monti e sulle colline, dove ancora mi ostino a cercarle benché sia evidente quanto il mutamento climatico ne abbia modificato i comportamenti e la distribuzione. Però il mio bisogno di ambienti estesi e solitari mi fa preferire l’incertezza dell’incontro che comunque avvenga, nel caso, in un consono scenario per la regina. La beccaccia è per me un selvatico “introspettivo” che richiede un rapporto intimo e profondo tra cacciatore e cane, selvatico e ambiente, che non deve essere perturbato da rumori, suoni, passi sgraziati o concitati, e da tutto ciò che è estraneo alla solennità della foresta.
La caccia alle anatre, una crescente passione
La caccia alle anatre, alzavole e germani, col cane da ferma è una crescente passione, tanto che la potrei definire la mia personale “frontiera”: con un po’ di pazienza, affinché il cane impari a trattarle e a prenderle talvolta in ferma (si badi bene, non a sfrullarle a tiro di fucile come giustamente farebbe un cane da cerca), rappresenta un esercizio assai complicato. L’uso del vento che deve essere sempre propizio, l’essenzialità e prudenza del movimento quale che sia la razza, ovvero la capacità di autocontrollo per ridurre al minimo i segni della propria presenza, un olfatto finissimo per avventare a distanza, la ferma solida e mai titubante, sono qualità che predispongono il cane alla possibilità di affrontare le anatre. L’emozione di un voletto di alzavole che si incolonna dalle paglie al cospetto del cane in ferma, concedendosi a una voluttuosa coppiola, è uno di quei momenti che ci stringono il cuore.
Oltre la caccia
La stagione venatoria si è conclusa e la primavera ci ha raggiunto: dobbiamo abbandonare i grandiosi scenari naturali che ci hanno riempito il cuore di tanta bellezza! Ma per alcuni il cammino con il proprio cane prosegue in altre forme, per addestrare il cucciolone, perfezionare il giovane, mantenere in forma l’adulto e l’anziano. Alcuni altri, tra coloro che hanno a cuore la propria razza e hanno un soggetto valido, partecipano volentieri a qualche prova o a qualche gara, magari con poche possibilità di successo, ma sempre per testimoniare, con la propria presenza, che la caccia vera e di qualità rimane sempre e comunque il fine ultimo di tutti i nostri sforzi.