La caccia alla migratoria non può prescindere dalla conoscenza dei periodici spostamenti degli uccelli. Lo stesso fenomeno migratorio ha nei fenomeni meteorologici i propri ostacoli o i propri assi nella manica. Il vento gioca un ruolo di fondamentale rilevanza.
Anche la caccia alla migratoria, come la vita quotidiana di tutti i viventi, è condizionata fortemente dalle manifestazioni meteorologiche che determinano gli spostamenti delle specie migratrici. Spostamenti periodici che ben conoscono tutti i praticanti le cacce agli uccelli migratori.
Lo stesso fenomeno migratorio ha nel clima il proprio motore e nei fenomeni meteorologici i propri ostacoli o i propri assi nella manica. Uno degli elementi che gioca un ruolo di fondamentale rilevanza è il vento. Anzi, i venti. Perché il fenomeno ventoso in sé è uno, ma assume tante denominazioni a seconda della provenienza, della direzione da cui soffia, così come presenta le caratteristiche diverse (secco o umido, caldo o freddo o gelido).
In meteorologia il vento è il movimento di una massa d’aria atmosferica da un’area anticiclonica a un’area ciclonica. Il vento, pertanto, è causato dalle differenze di pressione atmosferica, che spingono l’aria da zone di alta pressione verso zone di bassa pressione, creando correnti che sono deviate dalla rotazione terrestre attorno al proprio asse.
Vento e migrazioni
Ciò precisato, spostiamo l’analisi del fattore vento rispetto alle migrazioni dell’avifauna. Almeno ci proviamo, perché il tema è tutt’oggi molto dibattuto. Anche rimanendo strettamente collegati al nostro continente, è infatti impossibile tracciare un ragionamento e giungere a conclusioni identiche per tutte le specie e per tutte le regioni europee sorvolate. Le esigenze dei piccoli passeriformi, ad esempio, non collimano del tutto con quelle degli anseriformi o dei columbiformi, cioè vi sono elementi comuni ma anche differenze sostanziali.
Un dato generale è che la bonaccia, ossia la totale calma di vento, è un elemento negativo per la migrazione, così come venti molto forti o impetuosi, soprattutto se contrari. I venti forti in coda sono altrettanto sgraditi a parecchie specie. Occorre inoltre considerare che la forza e intensità del vento cui devono far fronte gli uccelli in volo, ad altitudini variabili, possono risultare ben diverse da quelle che avvertiamo noi con i piedi a terra, anche perché la migrazione non coincide necessariamente col passo.
Fattori determinanti per la caccia alla migratoria
Può infatti accadere che il grosso dei contingenti di quelle specie che osserviamo sia transitato a quote tali da essere fuori vista oppure sia passato in orari notturni (questi ultimi oggi investigati con moderni strumenti che vanno dal radar alle parabole bioacustiche, fino alla localizzazione Gps di soggetti precedentemente dotati di dispositivi). Certamente, senza migrazione non c’è nemmeno passo, quindi osservando il secondo, siamo sicuri che vi sia stata o sia in corso la prima.
Influiscono, poi, sul modo degli uccelli di affrontare la migrazione le caratteristiche orografiche locali, come la presenza di catene montuose da valicare oppure di tratti di mare da attraversare. Ostacoli che ciascuna specie affronta a suo modo, come i cacciatori che praticano la caccia alla migratoria ben sanno, tanto che gli appostamenti sono posizionati in modo da sfruttare al meglio le condizioni nella specifica zona (normativa venatoria permettendo) rispetto alle abitudini migratorie dei colombacci o dei turdidi, degli anatidi oppure dei limicoli.
Gli effetti dei singoli venti
Un’ulteriore riflessione da farsi concerne gli effetti prodotti dai singoli venti, cioè le conseguenze sul meteo che impattano positivamente o negativamente sugli spostamenti massivi dell’avifauna. Proprio tali fattori derivati del vento possono produrre effetti ben più rilevanti delle correnti d’aria stesse.
I venti apportatori di tempo soleggiato e cielo terso – in particolare la tramontana o il grecale, quest’ultimo però solo sottovento, cioè sull’ovest dell’Italia – agevolano la migrazione, perché il tempo buono è un fattore positivo per quasi tutti i migratori.
I venti forieri di maltempo, come lo scirocco, il libeccio e il ponente, la ostacolano con le piogge e i corpi nuvolosi anche a bassa quota, imponendo agli uccelli di rallentare o addirittura di fermarsi, in attesa di un miglioramento. Benché non sempre tutti sostino, com’è ad esempio il caso degli uccelli d’acqua che, anzi, in molti luoghi volano di più nelle giornate piuttosto burrascose e piovose.
In questo caso, però, subentrerebbero ulteriori considerazioni da farsi per distinguere fra movimenti locali di contingenti già arrivati e già in sosta, e migrazione (o passo). La materia è complessa. Nel corso dei decenni i ricercatori e gli ornitologi hanno raccolto un’imponente mole di dati a sostegno delle varie tesi che però sono legate agli ulteriori elementi tipici dei luoghi delle osservazioni, come l’orografia.
Rimontando il vento
Una certezza tuttavia i cacciatori migratoristi ce l’hanno: quella che qualsiasi specie, quando ha creduto al gioco di stampi e richiami vivi e si avvicina per la posa, lo fa sempre rimontando il vento, cioè col vento di prua. Questo avviene anche se il singolo o il branco arrivano dalla direzione col vento di poppa, cioè in coda.
L’entrata finale sul gioco, quella che precede il momento decisivo di posarsi a terra, sull’acqua o sui rami di un albero, è sempre col vento in faccia. Che è la posizione mantenuta dagli uccelli una volta posati: che siano palombe, anatre, pavoncelle, cornacchie, tordi, allodole o cesene, tutti si dispongono nella medesima direzione. È probabile che il vento che soffia di fronte sia avvertito come non fastidioso, poiché non arruffa le piume.
Inoltre, in caso di pericolo, l’involo avviene sempre col vento nel becco, che aiuta il sollevamento del corpo nei primi istanti critici dello stacco, così come lo aveva sorretto negli ultimi istanti critici prima dell’appollo o della calata sull’acqua o sul terreno, allorché l’individuo aveva chiuso le ali, azzerando la portanza.
Come posizionare giochi e capanni
Tali atteggiamenti spiegano per quale motivo si debbano sistemare i giochi degli stampi con il becco rivolto al vento. Una considerazione che, nel caso del capanno temporaneo, deve orientarci anche per la costruzione del nostro nascondiglio. È infatti molto opportuno che i selvatici entrino al gioco venendo verso il capanno davanti a noi e non entrando da dietro. In quest’ultimo caso potremmo essere presi alla sprovvista o comunque reagire in maniera scomposta e inadeguata.
I capanni fissi e il loro intero allestimento sono sistemati nel modo più opportuno rispetto allo spirare dei venti dominanti nella zona di caccia. A ciò si perviene con il tempo e le pazienti osservazioni delle interazioni tra il passo e i venti nel luogo esatto prescelto per l’appostamento.
La sola tipologia di appostamento fisso che è relativamente indipendente dal posizionamento degli stampi rispetto alla direzione del vento è la botte in mezzo a uno specchio d’acqua aperto. Questo perché gli stampi possono essere piazzati tutt’intorno alla postazione e al cacciatore nascosto al suo interno, che può sparare in ogni direzione in relazione al vento che soffia in quella specifica giornata di caccia.
Conoscere la rosa dei venti
Per concludere, riterremmo di suggerire a qualsiasi cacciatore che intenda rivolgersi alla caccia alla migratoria in maniera specifica, cioè da capanno e con allestimento di un gioco, di conoscere perlomeno la rosa dei venti in generale e nella sua declinazione locale, cioè sul territorio prescelto per la caccia.
E’ opportuno anche documentarsi sugli effetti noti dei movimenti delle masse d’aria in periodo autunnale sulle differenti specie.
Infine, si deve selezionare accuratamente il sito, in particolare se si voglia impiantare un capanno fisso che comporta iter autorizzativo, spese e manutenzione. Ci sarà altro da fare, ma avrà comunque gettato le buone fondamenta per le soddisfazioni venatorie future.
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