Caccia alla lepre. Per assistere a uno scovo autentico è necessaria la compresenza di parecchi elementi. Il comportamento della lepre e le scelte del canettiere giocano un ruolo fondamentale, senza mai dimenticare l’importanza del segugio scovatore.
La caccia alla lepre nella sua espressione più classica vede il segugio che la pratica impegnato in quattro ben distinte fasi di lavoro. La terza fase della caccia alla lepre è quella dello scovo, che giunge dopo una fase di cerca, tesa al reperimento della pastura o della passata, cui fa seguito l’azione di accostamento, che consente a cani e canettieri di avvicinarsi progressivamente sempre più al covo della lepre.
La fase di scovo, preludio alla seguita, nella caccia alla lepre è di norma qualcosa di elettrizzante. Lo scovo in quanto tale si concretizza infatti in un’azione estremamente fulminea. La fase di preparazione a esso rappresenta solitamente uno dei momenti di maggior tensione emotiva all’interno dell’intera cacciata, almeno per quei canettieri che si dimostrano in grado di coglierne l’essenza attraverso alcune piccole, ma cruciali sfumature.
Lo scovo raggiunge talvolta toni sublimi, che lo portano a rientrare di diritto tra i momenti di massima estasi cinegetica, ma affinché ciò avvenga si rende necessaria la compresenza di una serie di fattori. Sarebbe sufficiente, infatti, l’assenza di uno di questi elementi per svilire l’azione e renderla pressappoco un mero “tamponamento” o addirittura per vanificarla del tutto.
Segugio, lepre e canettiere
La trilogia di questo dipinto venatico, che talvolta si ha la fortuna di osservare nelle nostre campagne, è composta dal segugio, dalla lepre e dal canettiere. Per assistere ad autentici scovi occorrono anzitutto cani scovatori, un concetto quest’ultimo tanto banale, almeno in apparenza, quanto imprescindibile nella pratica venatoria.
Riferendoci in tal senso alle specializzazioni del cane da seguita si deve osservare come, di norma, lo scovatore, quando non è anche un cane completo, è quel soggetto tendenzialmente più parco di voce che, alla passata della lepre, preferisce il suo pelo. Insomma, è quel cane che al fumo preferisce l’arrosto. Di norma lo scovatore manifesta dunque maggiori doti di iniziativa e concretezza.
Lo scovo: un gioco di grandi contrasti
Nella caccia alla lepre il gioco dello scovo, che è in realtà un momento serissimo e delicatissimo, vive di grandi contrasti. Il primo di questi contrasti è forse anche quello che consente più facilmente al canettiere di comprendere che il cammino di accostamento, indipendentemente dalla sua lunghezza e difficoltà, è in ogni caso ormai giunto al termine.
Il grande scovatore è, infatti, quel cane che eccelle in questa fase anzitutto perché prima di chiunque altro soggetto capisce di essere arrivato nei pressi del covo. E sarà proprio il suo comportamento, una volta pervenuto nei pressi della rimessa, suo palcoscenico per antonomasia, a indicare al suo esperto canettiere la vicinanza della lepre.
Ecco dunque manifestarsi il primo grande contrasto cui si faceva riferimento. Se il segugio scovatore, in occasione di un fallo di accostamento, è il primo a tagliare e allargare per tentare di riprendere l’accostamento in modo svelto, cercando di portare sempre in avanti l’azione, questo stesso soggetto, trovandosi al cospetto del fallo di rimessa, si farà oltremodo minuzioso e guardingo nel suo incedere.
Gli attimi che precedono lo scovo
Se il silenzio è solitamente un fattore comune a tutti i falli, che siano di accostamento o di rimessa, proprio l’atteggiamento incerto e sospettoso dei segugi è dunque la prerogativa classica degli attimi che precedono lo scovo.
I soggetti più esperti, specialmente se naturalmente dotati per questa fase, di norma sanno valutare in modo inequivocabile la passata, discernendo la più utile da quella meno utile, ed evidenziano con la voce l’arrivo sui grovigli e sulle doppie. Se si dispone dei giusti interpreti l’alternanza delle vocalizzazioni in questa fase è qualcosa sublime.
Partendo dalla certezza espressiva, tipica della passata buona, quella che conduce verso il covo e che è confermata da scagni pieni e decisi, si passa alla tensione emotiva espressa dai vocalizzi più sincopati e incerti, e a volte lamentosi, emessi nei pressi dei grovigli, cui fa seguito il silenzio sul fallo decisivo, a sua volta preludio di quella grande e inconfondibile esplosione di note che è rappresentata dallo scovo.
Lo scovatore entra in azione
Il mutamento di atteggiamento espresso dai cani in occasione dello scovo discende inconfutabilmente dal comportamento della lepre che, arrivando in zona rimessa, si rende artefice a sua volta di un ulteriore contrasto tipico di questa fase. La lepre infatti, prima di andare a covo, sporca deliberatamente in modo consistente con le sue pestate la zona limitrofa a quella della rimessa, ricorrendo a stratagemmi quali doppie o grovigli, salvo poi arrivare con balzi lunghi e leggeri al punto presso cui ha stabilito di mettersi a covo.
Ecco dunque il contrasto di emanazioni che si concretizza.Non lontano dal covo avremo grandi intrecci di passata, mentre in prossimità dello stesso gli indizi olfattivi saranno al contrario quasi irrilevanti. In assenza di indizi olfattivi di rilievo, gli scovatori di vaglia, comprendendo di essere arrivati al dunque, inizieranno ad aprire sul terreno, ma non lo faranno con l’intento di riallacciare altrove quella passata che hanno invece ben compreso essere ormai giunta al capolinea.
Alzando di sovente la testa, consci che il loro fiero rivale potrebbe allungarsi da un momento all’altro, ispezioneranno metro a metro l’intera area in cui si trovano. Se in zona sono presenti per esempio cespugli o canneti, lo scovatore li scandaglierà minuziosamente, lo stesso farà di ogni zolla trovandosi invece al cospetto di terreni arati, ambiente dove peraltro la lepre ama reggere sovente al covo, anche quando i cani si trovano a pochi centimetri di distanza dalla sua ormai precaria abitazione.
La certezza di essere in zona lepre
Sordo a ogni richiamo, in questo frangente lo scovatore ci apparirà oltremodo dubbioso e corrucciato, ma questo suo atteggiamento, come già descritto, non deve essere inteso come sinonimo di insicurezza, al contrario è figlio della certezza di essere ormai arrivato in zona lepre.
Alle volte l’attimo prima dello scovo vedrà addirittura il soggetto che ha individuato la rimessa alzare la testa e indicare una direzione con il suo tartufo, arrestandosi, prima di balzare dritto nel covo della lepre.
Un grande cinofilo annovera tra i soggetti più bravi che abbia mai conosciuto, almeno limitatamente a questa fase, una cagnolina di nome Diana, che oggi rientrerebbe a pieno titolo tra i segugi dell’Appennino. Diana, fulva a pelo raso e quasi muta in pastura, era diventata celeberrima per le sue qualità nello scovo. Un giorno purtroppo arrivò persino a rompersi un canino quando, trovandosi per l’ennesima volta in rimessa, si avventò su di una pietra che aveva scambiato per la lepre.
La lepre ha mutato il suo comportamento
L’epoca di Diana era però quella in cui per scoprire di che forma fossero le orecchie della lepre era indispensabile saper scovare a pelo, altrimenti delle lepri non si sarebbe vista nemmeno l’ombra. Oggi la realtà della caccia alla lepre è un po’ cambiata.
Tornando, dunque, ai fattori che determinano la possibilità di assistere a uno scovo autentico, dobbiamo passare al secondo soggetto protagonista della trilogia che compone la caccia alla lepre, l’orecchiona appunto.
Risulta pacifico infatti che nella caccia alla lepre, anche in presenza di un ottimo scovatore, non potremo mai godere di un’azione di scovo a pelo qualora la lepre decida di lasciare il covo anzitempo rispetto all’arrivo del suo antagonista. In buona sostanza, per godere di un ottimo scovo abbiamo bisogno anche di lepri che sappiano reggere al covo.
Gli anziani lepraioli, quelli dei tempi della già citata Diana per intenderci, sostengono ormai da parecchi anni che il comportamento della lepre è cambiato e che oggi sono sempre meno quelle lepri che sanno esaltare l’azione degli scovatori. Sui cambiamenti della caccia alla lepre ci s’interroga ormai da alcuni decenni cercando di individuare la causa di questa mutazione nelle strategie difensive ordite dall’orecciona.
Caccia alla lepre: come è cambiata
Sicuramente sono molteplici i fattori che hanno contribuito alla diffusione di questa tendenza in molte realtà venatorie italiane. Tra gli elementi da prendere in considerazione in questo senso vi è senza dubbio la costante immissione di lepri d’importazione e il ripopolamento con animali di allevamento, pratiche diffuse in Italia ormai da decenni e che ci hanno consegnato esemplari tendenzialmente meno inclini ad attendere nel covo l’arrivo dei cani.
Un certo nervosismo che porta la lepre a essere più leggera sul covo potrebbe essere causato anche dall’aumento dei fattori di disturbo che sono andati via via sempre più lievitando nelle nostre campagne. Su tutti potremmo citare il costante aumento della meccanizzazione dell’agricoltura, che incide sommariamente in modo assai più massiccio nelle zone di pianura, e l’aumento notevole degli ungulati, quali per esempio il cinghiale e il capriolo, che ha impatto principalmente, ma non solo, nelle zone di collina e montagna.
La lepre è un animale timido e schivo, e proprio in virtù di queste sue caratteristiche si muove la notte preferendo rimanere generalmente al covo di giorno. Se però la zona prescelta per la sua rimessa è disturbata dalla presenza di altri animali o mezzi agricoli capaci di minare la sua tranquillità, non c’è da sorprendersi di un suo eventuale maggior nervosismo manifestato da una partenza anticipata rispetto all’arrivo dei segugi.
Le scelte del canettiere incidono
In un’epoca in cui la lepre lascia spesso il covo anzitempo al canettiere non resta che dotarsi di segugi che, giunti sul covo o una volta intercettata la traccia della fuggiasca, evidenzino a chiare note il passaggio dall’accostamento alla seguita, magari segnalando anche il covo con una sorta di “urlo allo scovo mancato”.
Tuttavia è possibile osservare come anche le abitudini di chi si dedica alla caccia alla lepre possono incidere, almeno in parte, sul comportamento di quest’ultima. Una comitiva numerosa e magari oltremodo chiassosa ha più probabilità di perdersi il gusto di uno scovo a pelo rispetto a un gruppo ristretto e affiatato di amici, capaci di intendersi anche a distanza con poche, ma efficaci parole.
Inutile precisare che anche la scelta di sciogliere i cani molto presto al mattino, ancor prima che la lepre sia andata a covo, esclude di fatto già a priori la possibilità di godere della fase di scovo.
Due note sul comportamento dei segugi
Ritengo, inoltre, doveroso presentare anche due note sul comportamento dei segugi rispetto alla tendenza della lepre di lasciare il covo anticipatamente. Pur non avendo possibilità di dare valore scientifico alle considerazioni che andrò a esprimere, posso affermare che è abbastanza evidente l’esistenza di un legame tra la quantità e la potenza delle emissioni vocali prodotte da una compagine di segugi e la tendenza della lepre più o meno marcata di lasciare il covo anzitempo, vanificando così la possibilità di assistere a uno scovo a pelo.
Mi basterà citare in tal senso l’esempio di alcuni amici che cacciano e allenano sul medesimo territorio, alternando una muta di segugi italiani e una di ariégeois. Al termine di ogni stagione il verdetto pare in questo senso inequivocabile e sembra assolutamente confermare che le voci decisamente meno potenti dei segugi italiani convincono assai meno di frequente la lepre a lasciare il covo anzitempo rispetto alle voci urlate e cavernose dei bianchi francesi.
La quantità di voce
Vi è, infine, da porre l’attenzione sulla quantità di voce, anche a parità di timbro vocale e razza di inseguitore prediletto. La lepre può essere vinta, ai fini della doppietta, anche con cani chiacchieroni, dalle voci poco espressive e prive di pause, ma l’esteta non potrà che apprezzare lo scovo a pelo che spesso è privilegio di quei cani che sanno anche dosare la voce.
Le necessarie pause e la pausa cruciale, quella che precede lo scovo, non servono solo a tenere la lepre incollata al covo, ma donano gioia al canettiere, perché in questo modo egli avrà la riprova che i cani hanno pienamente compreso il momento che stanno vivendo.
Nella caccia alla lepre quello dello scovo è un momento di concentrazione, quasi come se si trattasse di un’operazione chirurgica. E se magari quando si deve intraprendere un viaggio, così come quando si inizia ad accostare, un soggetto loquace ed espressivo può aiutare a mantenere allegra e motivata la comitiva, non è detto che al momento di “andare sotto i ferri” non si preferisca uno scrupoloso e taciturno professionista.