Certo, la popolazione di beccaccia nel Paleartico occidentale è una, ma diversi invece sono i tempi e i modi di caccia che variano di Stato in Stato. Il perché e le differenze da Paese a Paese in “zona UE”. E non dimentichiamo che il Paleartico occidentale i confini dell’Unione non li rispetta…
La beccaccia euroasiatica, la nostra Scolopax rusticola, forma un’unica grande popolazione che vive nel Paleartico occidentale. La sua “area vitale” perciò non solo comprende decine di Stati, ma addirittura tre diversi continenti (Asia occidentale, Europa, Nord Africa), avendo come confini naturali la catena degli Urali a est (anche se sappiamo che alcuni individui si spingono persino oltre), il deserto del Sahara a sud, le isole Azzorre a ovest e il circolo polare artico a nord, Groenlandia esclusa.
L’unica suddivisione che possiamo azzardare sulla Scolopax rusticola riguarda l’individuazione di due sub-popolazioni principali, che mantengono, generalmente, due rotte migratorie distinte, ma non separate nettamente. L’una, che ha come areale di nidificazione la fascia più settentrionale del nord della Russia, la Scandinavia e i Paesi Baltici, mantiene una rotta migratoria continentale, al di sopra delle Alpi e le sue zone di svernamento vanno dalla Gran Bretagna al nord della Spagna (Cantabria); l’altra, nidificante a latitudini più meridionali (sud della Russia, Carpazi, Balcani, Alpi e alcune zone della Francia), migra verso il bacino del Mediterraneo fino a interessare il nord Africa. Le distinzioni morfologiche tra le due sembrano concernere la colorazione e la dimensione corporea, apparendo leggermente più grandi e chiare quelle nordiche. Il perché della colorazione può essere ricercato nell’habitat delle aree di nidificazione, a prevalenza di Betulle (più a nord) piuttosto che di conifere (più a sud). La grandezza della massa corporea, invece, sarebbe riconducibile alla legge di Bergmann (C. Bergmann, 1847. La regola di Bergmann mette in relazione la latitudine cui ci si trova con la massa raggiungibile da determinati animali, in particolare asserisce che nell’ambito di una stessa specie, la massa corporea è direttamente proporzionale alla latitudine e inversamente proporzionale alla temperatura). Questa distinzione è menzionata nei tradizionali libri di testo ed è tuttora rammentata negli ambienti venatori, attraverso gli appellativi reale e scopetta (o scopina).
Un’altra peculiarità dell’una e dell’altra sub-popolazione riguarda la stagionalità. Le aree più settentrionali sono investite da cali termici più precoci, con le prime gelate già dai mesi di settembre-ottobre; al contempo, il disgelo è più tardivo e la stagione riproduttiva, per le specie che vivono in tali luoghi, è più ristretta in termini temporali. Si può quindi dire che la sub-popolazione nordica verosimilmente parta prima in migrazione post-nuziale, ma arrivi più tardi ai siti di riproduzione in primavera. Quella che si muove più a sud, invece, partirebbe in autunno inoltrato, raggiungendo i luoghi di svernamento molto tardivamente e solo se costretta da forti ondate di gelo, ma compirebbe la migrazione pre-nuziale prima, potendo contare su un periodo riproduttivo e di dipendenza più esteso nel tempo (da qui la teoria della seconda deposizione o della deposizione di recupero).
Il grande frullatore della migrazione
Se queste sono regole generali, non si può comunque asserire che vengano sempre rispettate, poiché sappiamo che la beccaccia, nella scelta delle rotte migratorie e dei siti di svernamento e riproduzione, può essere condizionata dal clima. Ogni anno, così, gli individui delle due sub-popolazioni si incrociano e si mescolano in quello che è il grande “frullatore” della migrazione.
La direttiva UE 09/147, tuttavia, si regge proprio su regole generali, mentre spetta ai singoli Stati, attraverso le leggi nazionali di recepimento, rispettare le esigenze di quella che, come già detto, è un’unica grande popolazione. I limiti temporali indicati nei Key Concepts sono quelli massimi consentiti, ma ciascun Paese può stabilire calendari venatori più restrittivi in funzione dell’Art. 7, che obbliga gli Stati membri a provvedere affinché il prelievo venatorio non venga esercitato durante il periodo della nidificazione, riproduzione e dipendenza e durante il ritorno al luogo di nidificazione.
I Key Concepts, però, sono stati fissati interrogando i singoli Stati e in quella che è l’Unione europea, che ne comprende attualmente 27 (dopo l’uscita del Regno Unito), manca così un’uniformità sulla normativa che regola il prelievo venatorio della Beccaccia, a sua volta figlia delle diversità culturali ed economiche. Manca, inoltre, un metodo di studio condiviso e omogeneo soprattutto nei Paesi che riguardano l’areale di riproduzione, così da essere ancora non dettagliate alcune informazioni fondamentali. Il numero esatto di individui che compongono la popolazione euroasiatica, stimato intorno ai 10/15 milioni, il successo riproduttivo con conseguente incremento annuo, la mortalità naturale e il numero esatto di individui che vengono prelevati dall’attività venatoria, presunto intorno ai 4 milioni nell’UE.
Tempi e carnieri
Non in tutti gli Stati la beccaccia, fortuna sua, è un uccello di spiccato interesse venatorio, potendone riassumere la stragrande maggioranza del prelievo in Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Grecia e Croazia, tutti appartenenti all’UE esclusa l’Irlanda. Già tra questi tuttavia, le eterogeneità sul calendario venatorio sono enormi.
Non solo, anche il prelievo massimo stagionale consentito si discosta molto dall’essere univoco, essendone un esempio la Spagna dove non esiste, l’Italia dove in alcune regioni è fissato a 20 e la Francia dove sale a 30. Vero è anche che il sistema di marcatura e controllo è agli antipodi; i nostri cugini d’oltralpe hanno fascette numerate da apporre alla zampa dopo il prelievo e un tesserino specifico, mentre noi quello regionale generico.
Il prelievo massimo giornaliero, invece, oscilla nei tre Paesi da 2 a 4 in relazione alle diverse regioni, ma in Spagna ce ne sono due, la Valenciana e la Comunidad, dove invece questo non è fissato.
È vero inoltre, che negli ultimi anni è cresciuto il turismo venatorio in Paesi come l’Irlanda e la Scozia, nei Balcani, ma anche e soprattutto nell’ex Jugoslavia e in generale nell’est Europa, dove l’economia è ancora debole (basti pensare che in Serbia e in Bulgaria uno stipendio mensile medio è di circa 350 euro) e i soldi portati dai cacciatori rappresentano un grande profitto, talvolta, purtroppo, anche illegale. Diventa molto difficile, così, poter convincere i ministeri ad adeguarsi ai calendari e ai carnieri dettati dalla direttiva UE.
Fuori da “Europa 27”
Per non parlare, poi, di ciò che avviene al di fuori dell’“Europa 27”, dove le regole sono pressoché inesistenti e la tradizione venatoria della beccaccia è la caccia primaverile all’aspetto; mentre il turismo venatorio, in Paesi come la Bielorussia e la Carelia russa, permette di poter cacciare la beccaccia col cane senza limiti già da fine agosto, quando ancora si trovano pullus di appena di 20 giorni con l’astuccio alle penne.
Nel nord-est Europa e nella Russia asiatica l’interesse è incentrato sugli ungulati, importante fonte alimentare per le popolazioni locali e il cane da ferma è quasi completamento sconosciuto. D’altro canto, in luoghi come quelli la carne di prede piccole come la beccaccia non ripagherebbe quella consumata dal cane utilizzato per cacciarla, così che diventa sconveniente possederne uno.
Fortunatamente questi sono luoghi minimamente antropizzati e l’impatto di tale pratica venatoria può essere considerato trascurabile, al cospetto dell’enormità dell’estensione di territorio dove la beccaccia nidifica.
La priorità: uguali in Europa
L’obiettivo principale, quindi, rimane l’omogeneità della normativa della caccia alla beccaccia nei Paesi dell’UE, dove lo scolopacide ha la stragrande maggioranza dei siti di svernamento e dove si esercita la maggiore pressione venatoria. L’augurio più lungimirante è quello fissato dalla Fanbpo (Federazione delle associazioni nazionali dei beccacciai del Paleartico occidentale), la quale auspica che ogni Stato membro e cacciatore europeo abbiano un unico prelievo massimo giornaliero e stagionale, sia che si cacci nel proprio Paese, sia all’estero, poiché la beccaccia è la stessa e non conosce confini. Intanto, la raccomandazione rivolta alle agenzie venatorie di attenersi al limite di 3 beccacce al giorno passa attraverso il rilascio, da parte della Fanbpo, di un riconoscimento denominato Becco Verde, il quale può essere esposto come garanzia di una corretta etica venatoria. Per quanto riguarda i limiti temporali, può essere tenuto conto della diversa posizione geografica dei singoli Paesi in relazione ai tempi di migrazione, ma per un approccio cautelativo e sostenibile non si dovrebbe superare ovunque il periodo interposto tra la prima decade di ottobre e la seconda decade di febbraio.
L’auspicio è che quanti più Stati possibile entrino a far parte dell’Unione europea in modo da recepire le direttive, i cui Key Concepts dovrebbero essere aggiornati tenendo conto prima della tutela della beccaccia, poi delle esigenze economiche dei singoli Paesi. Anche perché gli “incassi” che derivano dall’attività venatoria dipendono senza meno da una buona presenza della specie… Il compromesso, tuttavia, è sempre meglio dell’inesistenza di regole. Ungheria e Austria, che conservavano la caccia primaverile, ne sono un chiaro esempio, poiché una volta entrate nell’UE sono state deferite dalla Commissione per tale pratica.
Di fronte alle diversità tra i singoli popoli, culture, tradizioni, la beccaccia è senza dubbio un esempio di come sia necessario fare degli sforzi per unirci e mettere da parte le divergenze, in nome di un interesse comune a tutti, la sua conservazione.