La caccia alla beccaccia è tra le più belle e impegnative, ed è proprio per questo che porta a specializzarsi chi si accinge a praticarla con una certa costanza. È solo con la specializzazione, del cacciatore e del suo ausiliare, che si riescono a ottenere buoni risultati, coronati dall’esaltante emozione provata nel momento in cui stringiamo tra le mani la nostra amata regina.
La beccaccia è una creatura affascinante. Il suo mistero, l’ambiente in cui vive e non per ultimo la sua morfologia hanno da sempre attirato numerosi appassionati. La sua caccia è tra le più suggestive e impegnative ed è proprio per questo che porta chi si accinge a praticarla con una certa costanza a specializzarsi. È infatti solo con la specializzazione che si riescono a ottenere buoni risultati, coronati dall’esaltante emozione provata nel momento in cui stringeremo tra le mani la nostra amata regina.
Nel nostro Paese la beccaccia si insidia con l’ausilio del cane da ferma. Questa forma di caccia è la sublimazione dell’arte cinegetica e si caratterizza proprio per uno spirito accentuato di ricerca e di conquista che, oltre alla conoscenza delle abitudini della beccaccia e dell’ambiente in cui si caccia, vede al primo posto proprio il lavoro del cane. È lui che, grazie alla sua bravura ed esperienza, ci conduce sempre più spesso verso quell’incontro che per alcuni resta solo un sogno.
Senza cane è quasi impossibile
La sua intelligenza nel sottrarsi, il suo mimetismo, il bosco fitto e intricato che la accoglie rendono la beccaccia invisibile anche a un occhio attento; è vulnerabile solo per la sua emanazione, che il più bravo dei nostri cani riuscirà a percepire. Sono molte le razze che fermano la selvaggina (elencate nel gruppo 7 – ENCI) e tutte hanno delle caratteristiche specifiche. Si può distinguere soprattutto tra cani a cerca ristretta e cani di mentalità a cerca più ampia.
I primi, quelli a cerca ristretta, si adattano molto a una caccia che prevede la perfetta conoscenza da parte del cacciatore-conduttore del luogo ove effettuare la battuta, oltre che la conoscenza di tutte le rimesse e di tutti gli angoli dove indirizzare il proprio ausiliare e che permettono così di perlustrare metro per metro, all’interno di circuiti fissi e ben delineati.
Anche se la scelta del cane, e di conseguenza del suo metodo di lavoro, è strettamente legata al tipo di ambiente, sono sicuramente migliori i cani a grande cerca, perché danno la sensazione di grandi spazi, di libertà e, perché no, di rischio.
Sia ben chiaro, la grande cerca nel bosco non ha nulla a che vedere con quella che si svolge più competitivamente nelle grandi distese pianeggianti su altri tipi di selvatici. Nel bosco cambia il metodo; il terreno deve essere affrontato dal cane con cura e attenzione, mantenendo sempre il collegamento con il conduttore e con la consapevolezza da parte di entrambi, cane e cacciatore, di dover formare un perfetto binomio che, se così non fosse, renderebbe vana la cacciata. Tutti e due devono mantenere un filo invisibile che, anche a distanza, li lega tra loro: non servono ripetuti e chiassosi richiami, il cacciatore ha solo il compito di seguire i movimenti del suo ausiliare coadiuvato di campano o beeper, dandogli fiducia e stando attento a ogni minimo cambiamento di suono di quest’ultimi. Questo contatto reciproco non significa avere il cane sotto i piedi bensì, come si dice in gergo, “averlo in mano”. È l’arma in più del vero beccacciaio e stabilisce un equilibrio indissolubile tra i rispettivi ruoli di cane e cacciatore.
Ferma solida e consenso spontaneo
Oltre al collegamento, altre doti fondamentali per un cane a grande cerca sono una ferma solida e un consenso spontaneo.
Un cane con queste caratteristiche è più libero di esprimersi e quindi di valorizzare le proprie qualità di cacciatore: non deve agire sotto il continuo incitamento del conduttore e stare sempre concentrato su quest’ultimo, ma al contrario è lui a decidere, a volte anche sbagliando. È proprio così che farà esperienza e diventerà un ottimo ausiliare.
È vero, i cuccioloni esuberanti ci faranno penare non poco; ma, una volta maturati, saranno loro a darci le più grandi soddisfazioni. Le prime beccacce magari non le fermeranno come veterani, ma con il tempo miglioreranno. L’importante è ricordare che non insegneremo loro a fermare beccacce reprimendo il loro spirito d’indipendenza.
La pratica e gli incontri ci daranno una mano. Dopo i primi errori e sfrulli, il soggetto intelligente si correggerà da solo e l’istinto a forzare il volo dell’uccello, che per il nostro cucciolone vuol dire avidità e voglia di catturare, lascerà il posto alla tanto sperata ferma che, come sempre, riempirà i nostri occhi e il nostro speranzoso cuore di immensa felicità e di conseguenza ci darà la possibilità dell’abbattimento.
Questo insieme di azioni – cerca indipendenteferma- abbattimento-, ripetute più volte durante le nostre uscite, rafforza e consolida la ferma, dando al cane sicurezza nella cerca e al cacciatore quella fiducia nel proprio ausiliare che, unite, servono a reperire il maggior numero di selvatici possibile, aumentando di volta in volta il bagaglio d’esperienza di entrambi.
Col tempo poi il beccacciaio impara a fidarsi sempre più del proprio ausiliare e grazie anche all’utilizzo del campano o del beeper, riesce a capire ogni piccola sfumatura del lavoro del cane, comprendendo per filo e per segno quale e quanto terreno sia stato esplorato. Infine, se saremo fortunati, il rallentare del ritmo del campano, seguito dal silenzio e dal successivo beep beep, ci farà sobbalzare il cuore e ci condurrà verso la nostra dama dagli occhi di velluto.
Utilizzare questo tipo di cane, ad ampio raggio d’azione, dà al cacciatore la possibilità di esplorare molto terreno senza fossilizzarsi troppo sulle note rimesse, che comunque non saranno trascurate, così come si presume non dovranno esser trascurati tutti gli angoli possibilmente propizi a ospitare la regina del bosco.
Il cane è il protagonista
Comunque sia, a cerca ristretta o a grande cerca secondo le proprie preferenze personali e le proprie esigenze, è sempre lui, il cane, a determinare il successo in questo tipo di caccia. Non basta fermare occasionalmente la beccaccia per essere proclamato beccacciaio: il beccacciaio ha il tarlo della beccaccia, è il cane che vive per la beccaccia. È una rarità e non esiste formula per averlo se non tentare di affidarsi a selezioni che si basano su ottime genealogie di cani cacciatori, e comunque incrociando sempre le dita e consumando scarponi in montagna e nei boschi nella speranza che il nostro giovane pupillo sbocci in un grande beccacciaio.