La caccia all’allodola è caccia da specialisti o perlomeno da non improvvisati. L’impiego di una serie di attrezzature ancora consentite ci permette di confidare in battute dagli esiti soddisfacenti.
La caccia alle allodole è stata forse, da sempre, una delle cacce col fucile più praticate dal migratorista medio italiano. Per l’abbondanza e l’ampia distribuzione della specie un po’ in tutte le regioni, per la relativa facilità con la quale era possibile ottenere pingui carnieri (di un selvatico eccellente in cucina, tra l’altro) o ancora perché costituiva una sorta di scuola, un apprendistato proficuo per poi cimentarsi in cacce più impegnative, anche se poi non pochi cacciatori proseguivano a praticarla nel corso della loro intera carriera venatoria.
Fu una delle più esercitate anche quando, fino perlomeno al periodo intercorrente tra le due guerre mondiali, il costo delle cartucce era un gravoso e insuperabile ostacolo – vista la quantità che se ne poteva sparare nelle giornate di buon passo – per la gran maggioranza dei cacciatori. Solo i più facoltosi potevano permettersi di bruciarle a centinaia nelle piane della Maremma toscana e laziale, così come nelle ampie distese lombardo-venete e pugliesi. Quegli stessi facoltosi che si avvalevano, magari, del supporto decisivo dei civettai e delle loro assistenti alate. Persone, i civettai, che fecero dell’ammaestramento e dell’impiego delle civette vive a scopo di richiamo un vero e proprio mestiere aggiuntivo, con felici esiti anche dal punto di vista dell’integrazione del loro magro reddito di mezzadri o braccianti.
Tanti espedienti al posto del fucile
Certo, se il fucile fu l’ultimo arrivato tra gli strumenti in uso tra le masse, visti i costi decisamente non sostenibili che imponeva in epoche di miseria diffusa, ciò non evitò alle allodole di essere lasciate in pace, perché furono per secoli una delle specie maggiormente insidiate nell’arte dell’uccellagione al prato con reti orizzontali. Che gli impianti di aucupio a reti orizzontali venissero definiti, secondo i territori di diffusione, copertoni, prodine o paretai, essi vennero ampiamente architettati e organizzati anche per la cattura dell’allodola, come dello storno, della pispola, della cutrettola, del piviere dorato, della pavoncella e di molte altre specie migratrici terricole.
Questa lunga epoca storica trovò profonda motivazione nelle necessità della vita quotidiana (le quali, come accade, aguzzarono gli ingegni) e che oggi guardiamo con interesse cinegetico storico e documentario, perché la conoscenza delle radici è indispensabile per capire da dove veniamo e, magari, dove andremo.
Insomma, tutto ciò a significare che, come correttamente scritto e detto da molti autori, la caccia all’allodola è caccia da specialisti o, perlomeno, da non improvvisati. Lo fu uccellando con reti, lo fu col fucile avvalendosi di ausili oggi illeciti quali la civetta viva, lo è col fucile al nostro tempo, allorché l’impiego di una serie di attrezzature ancora consentite ci permette di confidare in battute dagli esiti soddisfacenti.
Attrezzatura di base e da esperti per la caccia all’allodola
Certamente ci sono un’attrezzatura di base e un’attrezzatura da esperti. Nella seconda categoria vanno collocati i richiami vivi, ausiliari fondamentali del cacciatore da capanno al pari del cane, che sia da ferma, da seguita o da cerca e riporto. Disporre di richiami vivi, che siano allodole, colombacci o piccioni, tordi, cesene o anatre germanate, mantenerli e governarli con cura implica un approccio esclusivo e un impegno economico che mal si integrano con altre cacce e che nulla lasciano all’improvvisazione.
Al contrario, nella prima categoria (attrezzatura di base) possiamo bene annoverare una serie di oggetti che qualunque appassionato, anche della caccia da appostamento temporaneo, dovrebbe possedere ove desiderasse dedicare qualche giornata autunnale alle allodole in migrazione. Sono tutti ausili facilmente reperibili in commercio, anche on-line in tante varianti e per tutti i gusti.
Tralasciando la struttura capanno, che può essere sempre la medesima che si caccino allodole o colombacci al campo, passiamo alla descrizione di due oggetti di base: la giostra e la civetta meccanica.
La giostra da allodole
La giostra si fonda sul consueto principio di base, ossia una piantana centrale metallica da infiggere saldamente nel terreno, dotata di un corpo rotante attorno al proprio asse, al quale vanno fissate le bacchette o aste che recano all’estremità gli stampi di allodola ad ali aperte. Il movimento rotatorio, impresso da una batteria, fa sì che gli stampi simulino un gioco di volatili che volteggia insistentemente, esercitando una forte attrazione sui selvatici.
Gli stampi più a buon mercato, peraltro realizzati con cura e grande verosimiglianza nei colori e nelle dimensioni, sono in plastica, mentre per chi cerca qualcosa in più sono facilmente reperibili stampi imbalsamati che, nelle versioni più funzionali, hanno le ali rotanti grazie a un meccanismo, per aumentare gli effetti visivi a distanza.
Nel suo insieme, la giostra da allodole è generalmente di dimensioni più contenute rispetto, ad esempio, a una giostra da palombe o da cornacchie, che richiedono maggior robustezza anche per la voluminosità degli stampi che devono sorreggere e far roteare.
La civetta meccanica
Nei pressi della giostra è molto utile posizionare lo stampo di civetta, che ci sta particolarmente simpatico per i grandi occhi spalancati che sembrano scrutare ogni cosa. Questa civetta, anch’essa in plastica (ci si raccomanda di non fare uso di civette impagliate, perché vietato dalle norme vigenti), ha due perni sottili che ruotano velocemente, alimentati da una normale pila, sui quali vanno montate le due ali, leggere e sottili. Il principio è sempre quello dell’attrattività del movimento.
La civetta così equipaggiata può essere, a scelta, montata su di un palo di supporto oppure appesa al medesimo, se il modello di civetta scelto – fra i molti disponibili – possiede un piccolo gancio sul capo. Deve essere comunque situata almeno a due, tre metri di altezza, per aumentarne la visibilità a distanza; pertanto è consigliabile che il palo che la sorregge sia un’asta telescopica, la migliore opzione per ridurne l’ingombro e il peso.
È noto come diverse specie di piccoli passeriformi delle campagne aperte, fra i quali appunto l’allodola, siano quasi irresistibilmente attirati dalla civetta, anche se il motivo non è chiaro; fatto sta che questa particolarità non sfuggì sin da tempi remoti e il suo sfruttamento a fini venatori divenne caratteristico.
Specchietti e macachi
Il gioco così allestito potrebbe essere proficuamente completato con gli specchietti, che però non mi sento di consigliare perché un’altalenante interpretazione giurisprudenziale sembra collocarli nell’ambito degli ausili vietati in quanto riflettenti la luce e, quindi, potenzialmente accecanti i selvatici (anche se, personalmente, tale indirizzo mi appare quantomeno discutibile).
Lo specchietto può però essere utilmente rimpiazzato dal cosiddetto macaco, un oggetto anch’esso girevole, di superficie opaca, da posizionarsi a terra, che simula in qualche maniera un’ala in rapido movimento e che funziona con una pila.
Ecco in sintesi un allestimento potenzialmente ottimale per una caccia d’attesa dedicata alla nostra allodola. Il virtuoso potrà aggiungervi con grande soddisfazione un fischietto, cioè un richiamo a bocca, a condizione appunto di essere in grado di produrre gorgheggi armoniosi e veritieri all’orecchio degli uccelli. Un gioco che, infine, lo specialista arricchirebbe sicuramente con le gabbiette dei richiami vivi, anzi, tutto quello che descritto per lo specialista di questa caccia sarebbe corredo aggiuntivo della batteria di allodole da richiamo, vero fulcro dell’impianto, della quale parleremo in una prossima occasione.
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