Cic ha avviato una campagna dedicata a spiegare gli effetti reali della caccia al trofeo.
Smontare le notizie false contrapponendo i fatti alle emozioni: è il senso della campagna del Cic che da qualche settimana sta tentando di raccontare che cosa sia in realtà la caccia al trofeo. È fondamentale spogliarla della fama negativa che troppo spesso la circonda: i dati raccolti e spiegati con l’aiuto delle infografiche consentono di ridimensionare i miti e mostrarne il volto vero.
Prima storiella: la caccia al trofeo porta all’estinzione delle specie. Cic le contrappone la verità, la caccia sostenibile favorisce la ripresa delle specie a rischio, e presenta una serie di esempi. Nel 1986 il distretto di Torghar, in Pakistan, ospitava meno di 100 markhor; nel 2012 erano diventati 3.500 (+3.400%). In Namibia nel 1980 si contavano 458 rinoceronti neri, aumentati fino a 2.188 nel 2017 (+378%). Discorso analogo per i leoni nella Bubye Valley Conservancy (Zimbabwe), 13 nel 1999 e più di 500 nel 2012 (+3.746%). Non il prelievo regolato, le reali minacce sono altre: perdita degli habitat, conflitti con le attività umane, bracconaggio, siccità, riduzione delle prede all’interno della catena alimentare, commercio e catture illegali, turismo incontrollato.
Seconda storiella: la caccia ai trofei indebolisce le specie, perché toglie dall’ambiente gli esemplari più sani e geneticamente migliori. In realtà la caccia controllata permette (e ha bisogno) di gestire al meglio la fauna e assicurarle salute e biodiversità genetica, eliminando dalla lotta per la riproduzione gli esemplari più maturi che hanno già trasmesso i propri geni. Quanto accaduto al cervo in Ungheria tra il 1885 e il 2008 ne è prova chiara: la lunghezza media del suo palco è aumentata di tre centimetri, da 109 a 112.
Scopri le ultime news sul mondo venatorio e i test di armi e munizioni su Caccia Magazine.