Editoriale
I nuovi eroi
Desidero chiarire subito un punto. Per i nostri cani i collari satellitari non sono un problema. Secondo quanto asserisce il Cremba, il Centro di referenza nazionale per il benessere animale, a oggi non vi è alcuna evidenza che possano causare reazioni avverse per la salute e il benessere degli animali; emettono, infatti, segnali radio simili a quelli prodotti da telefoni cellulari, smartphone, router e wifi, con emissioni elettromagnetiche al di sotto dei limiti consigliati per l’uomo.
E per quanto riguarda i beeper vi sono indicazioni precise circa il livello di decibel consentiti per non creare problemi al cane e le case di produzione si sono fatte garanti del rispetto di tali indicazioni (non devono essere superati i 100 decibel, che per intenderci sono pari al rumore prodotto dalla musica diffusa in discoteca o a un concerto rock). Così come il campano, che non supera certamente i decibel massimi previsti per i collari acustici, non arreca danni all’udito del cane.
Questo è quanto affermato da tecnici, veterinari e da chi si occupa a vari livelli di benessere animale. Tutte le altre parole dette sull’argomento allo stato attuale delle cose sono soltanto opinioni personali. I sistemi che ci consentono di localizzare i nostri cani sul terreno di caccia, moderni o tradizionali che siano, se correttamente utilizzati sono quindi innocui per i nostri ausiliari. Per loro cacciare con un satellitare, un beeper o un campano al collo è la stessa cosa. Non lo è però per noi.
Parlando senza filtri, ritengo sia onesto affermare che la tecnologia è sicuramente di grande aiuto per il cacciatore e per il carniere. Non capisco, però, perché in generale si tenda a tacere questo fatto (ed è senza dubbio un fatto), come se fosse un peccato ammettere che la tecnologia serve a portare a casa più beccacce che diversamente, cacciando in altri modi, sarebbe più complicato reperire.
Piace affermare di cacciare da soli, magari anche con il cane muto (senza strumenti al collo, campano compreso); ma sappiamo bene che questo, anche per affermazione di chi lo fa, vuol dire spesso tornare a casa con il carniere vuoto.
Percepisco talvolta una sorta di pudore in chi usa la tecnologia a caccia, come se facilitarsi la vita o semplicemente ammettere che piace e diverte di più utilizzare quello che i tempi moderni ci mettono a disposizione sia un po’ un peccato veniale che sminuisca le nostre abilità, le nostre “eroiche” gesta.
Mi sbaglio? Forse sì, ma se così non è, penso che il solo peccato che oggi un cacciatore possa commettere sia quello di essere un cacciatore scorretto e maleducato, di non essere consapevole che il futuro della caccia è legato in modo indissolubile alla sostenibilità del prelievo, di non agire nel rispetto della legge, di non essere rispettoso della fauna e dell’ambiente.
Il resto sono scelte, personali e da rispettare. Si possono non condividere, ma fortunatamente ciascuno può e deve cacciare nel modo che lo soddisfa di più semplicemente attenendosi a quanto stabiliscono le norme e a ciò che definisce un comportamento eticamente corretto. Per alcuni di noi sarà meglio e più gratificante entrare in un bosco in un modo, per altri in un altro, ma questo non dovrebbe mai determinare un giudizio di merito.
Cambiano i tempi, i cacciatori, probabilmente anche i cani. Ma quello che non dovrebbe cambiare è il nostro rispetto per quello che facciamo. Non dovremmo mai sminuire la gravità, la solennità del nostro gesto, pur fatto per puro piacere e non più per una qualche necessità di sostentamento. E il rispetto è definito da molte cose e, secondo la mia modesta opinione, non dipende dall’utilizzo o meno delle tecnologie che la modernità ci mette a disposizione. Dipende da noi e dal fatto di voler essere cacciatori attuali e consapevoli di quello che i tempi ci indicano essere la strada giusta per poter entrare in un bosco a testa alta, sicuri di poter perpetrare un gesto antico con dignità e consapevolezza di sé, dei nostri mezzi e delle nostre responsabilità.
Questo, per me, qualifica un cacciatore con le palle e non quello che mette al collo del proprio cane. Questi per me sono i nuovi eroi della caccia, quelli che le garantiranno un futuro, coloro che, con il loro agire, sapranno attrarre nuovi appassionati e nuovi consensi. Perché a chi vive la caccia con vera passione è conferito un grande privilegio, quello di poter vivere nella natura, imparando a conoscerla e ad amarla nel profondo e tendendo a lei quotidianamente. Perché quando ci piace un fiore – dice Buddha – semplicemente lo cogliamo, mentre quando lo amiamo, lo annaffiamo tutti i giorni.
© Viviana Bertocchi
Il numero 4-2021 di Beccacce che Passione è in edicola dal 3 luglio. Seguici anche su Facebook e metti “mi piace” alla pagina di Beccacce che Passione.