Editoriale
Incongruenze
Non nascondo che una strana sensazione l’ho provata. Quella di essere fuori contesto.
Perché, mentre in occasione di un incontro sulla beccaccia dove si parlava di status della specie, cambiamenti climatici, modifica degli habitat che ospitano la Scolopax rusticola, dove venivano presentati e analizzati alcuni dati raccolti dai cacciatori stessi durante le attività di monitoraggio e dove si discuteva di cinofilia venatoria, insomma, dove relatori e cacciatori alzavano l’asticella – come si suol dire – sulle tematiche che interessano la specie e l’attività cinotecnica, a pochi metri, all’interno della stessa struttura che ospitava un evento fieristico di settore, facevano bella mostra di sé diverse foto che pubblicizzavano destinazioni di caccia immortalando carnieri di beccacce non certo esigui e presentati in maniera poco consona (sui cofani delle macchine, ad esempio) e accompagnati da sorrisi di gaudenti cacciatori vestiti con surreali completi agghindati con ogni tipo di accessorio.
Nessun moralismo. Non punto certo il dito su chi propone viaggi di caccia all’estero o su chi ha la fortuna di potersi fare questo bel regalo. Sono esperienze indimenticabili, come lo è ogni viaggio. So bene che questo è un argomento che divide gli animi, ma sono fermamente convinta che il comportamento di un cacciatore fuori casa ricalchi esattamente quello che ha dentro le sue “mura”, come un’equazione matematica. E quindi il tema caldo dei comportamenti scorretti di chi caccia all’estero è un tema che va affrontato prima di tutto qui, a casa nostra, correggendo questo atteggiamento nei nostri boschi. Perciò, guardando quelle gigantografie esposte sulle pareti non ho avuto dubbi che tutto fosse stato fatto nella piena legalità e da persone perbene. Ma ho semplicemente pensato che quelle immagini erano brutte, che non erano adeguate, che non erano “giuste”.
Immagino che la maggior parte di voi condivida la linea editoriale di Beccacce che Passione, dal momento che la sceglie ogni due mesi tra le tante disponibili in edicola. Voi lettori, infatti, siete molto partecipi alla vita di questa rivista e oramai con molti beccacciai, davvero tanti, si è aperto un canale diretto fatto di scambi di email e messaggi, che sono una preziosa ispirazione per nuove idee, indagini, proposte di articoli e argomenti, e che rappresentano per noi un interessante teatro di confronto. E non mancano certo le critiche, che servono sempre e comunque, anche solo come opportunità di scambio di opinioni. Già, perché parlando di caccia, cinofilia e gestione faunistica ci si muove molto spesso in un terreno emozionale piuttosto che tecnico; e, comunque, anche le conoscenze scientifiche sono necessariamente sempre in evoluzione. Tutto questo è un grande stimolo per il nostro lavoro che, fortuna mia, tocca anche una personale passione.
Ho sempre pensato, di conseguenza, che questa quotidianità con tutti voi offra un quadro vicino al vero di quella che oggi è la caccia alla beccaccia e di quello che rappresenta per la caccia tutta. Ma lì, davanti a quelle foto, mi sono sentita un po’ persa. Perché era evidente che, ancora oggi, per “attirare” occorre proporre immagini di carnieri abbondanti, perché il buon cacciatore è ancora quello che porta a casa più “ciccia” e non quello che caccia meglio, perché per essere attuali bisogna essere in grado di utilizzare con dimestichezza tutte, ma proprio tutte, le moderne tecnologie a supporto della nostra passione; e tutte insieme, nessuna deve mancare all’appello all’interno di un’immagine. E se il messaggio che passa da quelle foto è questo, è perché proprio questo è ancora quello che “buca”.
Io mi ero un po’ illusa, invece, che oggi il messaggio più giusto, che più fa presa sui cacciatori, fosse una foto di un bel bosco, silenzioso e ovattato, che incornicia il nostro cane e magari una beccaccia che simbolicamente rappresenta tutte le sconvolgenti emozioni che ci prendono ogni volta che il nostro cane ne tiene una sotto ferma e che abbiamo, poi, per un fugace attimo davanti alla canna del fucile. Una beccaccia adagiata delicatamente su un tappeto di foglie dalle mille sfumature o appoggiata nella nostra mano, mentre con l’altra accarezziamo la testa del nostro cane, imprigionati in un momento sempre simile ma mai uguale, che ci riempie la vita di cose belle. Forse sono stata abituata troppo bene, dalle persone con cui vivo tutto questo e anche da voi lettori con cui condivido quotidianamente la storia di questa pubblicazione.
Si dice che la contraddizione e l’incongruenza non siano per forza indice di falsità, così come la coerenza non è per forza segno di verità. Sarà anche così, ma io preferisco restare il più possibile con voi nella coerenza di quanto raccontiamo su queste pagine, scegliendo anche delle immagini diverse per rappresentare un mondo venatorio in sintonia con il nostro tempo.
Viviana Bertocchi