Omaggio a Giovanni Bana
Il “maestro” Giovanni Bana è scomparso. Polmonite e Covid-19 se lo sono portato via, nel marzo scorso, pochi giorni prima del suo 83esimo compleanno. Naturalmente ha battagliato con fierezza come era nella sua indole, ma alla fine ha dovuto arrendersi. Come altri, troppi, nostri concittadini.
Chi era l’avvocato bergamasco Giovanni Bana? Un uomo che ha dedicato l’intera sua esistenza alla professione forense, ma anche – e tanto, tantissimo tempo – alla caccia, alla ricerca ornitologica, alla difesa della ruralità e di tutte le sue tradizioni. Impegnandosi senza sosta, ci ha lasciato in eredità un’inestimabile lezione di professionalità e di vita.
Dichiarava spesso la necessità di difendere e promuovere le tradizioni “senza essere necessariamente tradizionalisti”. Aveva ragione. Per difendere la caccia come un’attività tradizionale della ruralità, occorre rilanciarla fondandosi sui dati scientifici, sugli strumenti della comunicazione, sulla gastronomia, sugli aspetti storici e culturali, dimostrando che essa è un’attività vitale per la conservazione della fauna selvatica e degli habitat.
Lo sosteneva già quarant’anni or sono e lo dimostrò dando vita nel 1988, con geniale intuizione, alla fondazione europea Il Nibbio, insediata presso l’Osservatorio ornitologico di Arosio, sulle alture della Brianza comasca, dedita principalmente all’inanellamento, alle indagini sull’avifauna migratrice, ma anche alla gestione degli habitat in chiave faunistica e alla difesa e promozione del paesaggio come componente essenziale per il benessere interiore dell’essere umano.
Un ingegno premonitore, quello di Giovanni Bana, già palesato nel 1977, allorché fu co-fondatore a Bruxelles della Face, la Federazione delle associazioni di caccia e conservazione dell’Unione europea, della quale divenne presidente nel 1988/1991 e poi, per molti anni, vice presidente e infine presidente onorario. Un’altra intuizione sua e di un gruppo di amici francesi e spagnoli, nel 1995, diede alla luce l’Aect, l’Associazione degli amici delle cacce tradizionali, raggruppante tutti i Paesi mediterranei dalla Penisola Iberica intera, passando per Francia e Italia, sino a Grecia, Malta e Cipro.
Nel 1993 mi privilegiò scegliendomi come suo “allievo venatorio”. Ci conoscemmo nel mese di marzo a margine di un’assemblea nazionale dell’Anuu Migratoristi. Fu in tale occasione, facendomi coraggio, che mi presentai a Giovanni, all’epoca presidente dell’associazione, offrendo la mia candidatura per lavorare per la caccia. E voilà, soddisfatto! Dopo qualche mese di conoscenza, cominciò a portarmi con sé dappertutto.
In Italia era attivissimo; all’estero di più. Ovunque, dai consessi venatori (Face, Cic, Aect), a quelli politici (Parlamento europeo e Consiglio d’Europa) e tecnico-scientifici (Ompo, Impcf, Oncfs oggi Ofb), maître Bana era il benvenuto col suo inesauribile bagaglio di fervore propositivo e organizzativo, sempre all’insegna dell’amicizia.
Della rete di rapporti istituzionali in Europa, sia politici che venatori, Giovanni Bana fece sempre uno dei suoi punti di forza, occupando autorevolmente le sedie riservate agli italiani nei consessi più importanti, altrimenti lasciate desolatamente vuote: e solo per la caccia che, da appassionato genuino, viveva nel suo cuore.
Principali destinatari alati dei suoi desideri erano i tordi, gli acquatici e la beccaccia. Non a caso, intrattenne per lunghi anni solidissimi legami col Cnb francese e una grande amicizia, fra gli altri, con Jean-Paul Boidot, Noël Lefeuvre e Jean-Pierre Campana.
A Istanbul, nel 2002, durante l’assemblea generale del Cic, il Consiglio internazionale della caccia e della salvaguardia della fauna, organizzammo il Symposium Bécasse. Occasione che, oltre ad avviare ampie condivisioni di dati e studi internazionali sulla bella arcera, diede i natali alla Fanbpo, coordinamento internazionale che oggi si distingue per preparazione scientifica e matura consapevolezza nell’approccio alla gestione venatoria della specie.
È per tutto ciò che i cacciatori italiani ed europei hanno perduto un maestro e una guida. Io, purtroppo, ho perduto anche un padre e un amico. Ora, nostro preciso dovere sarà preservare e coltivare il tesoro che questo uomo-monumento ci lascia.
Lui, adesso, potrà finalmente discutere di caccia in leggerezza con tutti i suoi grandi amici, sia conterranei che stranieri, che erano già andati avanti. Da lassù, fra una cacciata da capanno e una cattura di tordi con le reti, sono convinto che continuerà a regalarci tutto il suo sostegno. Arrivederci Gianni, che la terra ti sia lieve.
La direzione e la redazione di Beccacce che Passione si uniscono alle parole di Massimo Marracci nel ricordare l’avvocato Giovanni Bana. Con gratitudine e riconoscenza.