Editoriale
Nuovi cacciatori
Niente referendum sull’abolizione della caccia. Proprio nel momento in cui questo numero di Beccacce che Passione sta per andare in stampa è giunta la notizia che la Cassazione non ha ritenuto sufficienti le firme per andare al voto. E così è archiviata anche questa pagina. Ma non è archiviata la necessità di rivedere la caccia italiana che necessita di un aggiornamento ai tempi, alle mutate condizioni ambientali e faunistiche, e soprattutto culturali.
Si leva ora forte la voce del mondo venatorio che esorta le associazioni di categoria a farsi capofila di questo cambiamento, ma è proprio su questo tema che vorrei condurre con voi, che siete il mio riferimento, una riflessione. Prima che cambiare i principi che regolano la caccia, che oggi più che mai deve essere un’attività sostenibile per le specie oggetto di prelievo, non occorrerebbe in parallelo un cambiamento all’interno della nostra categoria?
Troppo spesso viene data grande risonanza alla voce di quella parte del nostro mondo che certo non fa un buon servizio alla caccia. E, di contro, viene dato troppo poco spazio ai pensieri e alle parole di chi è invece rappresentativo di quell’attività venatoria che è cultura e che come tale cambia, cresce e si modifica seguendo le esigenze e gli insegnamenti del nostro tempo. Come spesso accade, chi urla di più sembra più forte. Ma sembra soltanto.
Perché il mondo venatorio italiano è molto meno vetusto di quanto sembri ai più. I cacciatori italiani, infatti, sono tra i più virtuosi in Europa perlomeno per quanto riguarda le scelte in materia di caccia alla beccaccia. È quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato a firma di Philippe Vignac, Silvio Spanò e Frank Ricaud sulla beccaccia (di cui daremo conto con un approfondimento sul prossimo numero di Beccacce che Passione).
Lo studio analizza le informazioni oggi disponibili sul periodo riproduttivo della specie, determinanti per stabilire le date di chiusura della caccia allo scolopacide nei vari Paesi in cui la Scolopax rusticola è cacciabile. In particolare, gli autori intendono spiegare perché in Francia la chiusura a febbraio non sia più sostenibile. È infatti ben documentato il fatto che una percentuale non trascurabile di beccacce cominci il ciclo riproduttivo a fine gennaio e ciò è un argomento determinante per stabilire che la caccia debba essere chiusa in quel momento, proprio come avviene in Italia, e non oltre.
Mi domando, allora, di chi sia il merito di questa scelta gestionale, che è anche una scelta etica. Non è forse anche di noi cacciatori? Io ritengo di sì.
È vero che la voce di chi, in Italia, sbandiera l’esempio dei francesi per chiedere un prolungamento della stagione venatoria non manca. Così come non mancano coloro che usano in modo strumentale alcuni dati sull’inizio della migrazione prenuziale per invocare qualche giornata di caccia in più.
Ma sappiamo bene che, anche se la maggior parte delle beccacce lascia il nostro Paese per raggiungere i siti di riproduzione dopo la metà di febbraio, molti soggetti cominciano a muoversi prima. E soprattutto sappiamo bene che le beccacce hanno bisogno di tempo per prepararsi per il loro lungo viaggio, hanno bisogno di non essere disturbate per arrivare nella miglior forma fisica possibile al momento della partenza verso nord.
Per questo non lasciare spazio a chi invoca inutili e anacronistici prolungamenti della stagione venatoria a beccacce sarebbe una testimonianza importante di un’avvenuta attualizzazione del nostro mondo, della presenza nelle nostre fila di un numero rilevante di nuovi cacciatori, di cacciatori responsabili e coscienti del loro ruolo nel processo di rinnovamento di cui necessita la moderna cultura ambientale. E, ugualmente, alcuni nostri rappresentanti farebbero bene a non inseguire richieste non sostenibili per rincorrere facili consensi.
Certo, dobbiamo al contempo difendere la caccia nella sua integrità di attività sostenibile per ambiente e fauna, e ribattere alle assurdità di cui spesso è vittima sacrificale. Ma lo dobbiamo fare con gli argomenti giusti e con credibilità. Se lasciamo spazio a chi questi argomenti non li ha o non sa sostenerli con competenza, informazioni corrette e aggiornate, e soprattutto con un linguaggio adeguato, educato e comprensibile a tutti non servirà a nulla riformare la caccia. Non servirà a nulla una nuova legge imposta dall’alto.
Scrivo su questa rivista da più di un decennio e con molti di voi lettori ci sono state più occasioni di conoscenza e confronto. E so che condividiamo il modo di intendere e di interpretare la caccia. Vi esorto perciò a essere voi i primi protagonisti della prossima rivoluzione venatoria, voi che siete consapevoli, attenti e informati, voi che amate davvero le emozioni che il bosco ci regala.
Siate voi con le vostre sensibilità a orientare le scelte della politica in materia di caccia. Siate voi il volto del cambiamento. Siate voi a cancellare le brutte immagini che sovente rappresentano la caccia davanti all’opinione pubblica. Siate voi a scrivere la nostra nuova storia, perché le voci di sparuti e incauti integralisti della natura non minino di nuovo la nostra passione, che è soprattutto testimonianza di un rapporto sincero e rispettoso con la natura.
Le pagine di Beccacce che Passione saranno sempre aperte per darvi voce e spazio, per sostenere e ridefinire quella che è molto di più di una semplice passione. «Perché l‘alienazione generale e sempre più diffusa dalla natura vivente è in larga misura responsabile dell’abbrutimento estetico e morale dell’uomo civilizzato». Lo ha affermato Konrad Lorenz mezzo secolo fa. E cinquant’anni sono più che sufficienti per passare dalle parole ai fatti.
© Viviana Bertocchi
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