Il decreto approvato nell’ultimo consiglio dei ministri consente a tutte le associazioni nazionali di far partecipare le guardie alle operazioni di vigilanza venatoria.
In attesa che compaia sulla Gazzetta ufficiale, sta cominciando a circolare informalmente il testo del decreto con cui il governo Meloni è intervenuto sulla legge 157/92 estendendo i poteri di vigilanza venatoria a tutte le associazioni riconosciute a livello nazionale, e non solo a quelle presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio.
Ricostruire la genesi della vicenda non è complicato. Approvata nel 1992, la versione originaria della legge preveda che nel comitato fossero presenti tutte le associazioni venatorie riconosciute a livello nazionale; ma, ricostituendolo dopo l’abolizione decisa dal governo Monti, la legge di bilancio 2023 e il successivo decreto ministeriale che ne ha dato attuazione hanno ridotto a tre il numero dei rappresentanti (al momento sono i presidenti nazionali di Federcaccia, Libera Caccia ed Enalcaccia, le tre sigle numericamente più consistenti; e il Tar del Lazio ha detto che nel nuovo assetto non si ravvisano problematiche).
Non intervenendo sull’articolo 27 della 157/92, la maggioranza e il governo avevano però tagliato fuori Arcicaccia, Italcaccia, Anuu migratoristi ed Eps anche dalle operazioni di vigilanza venatoria: la vecchia formulazione, al momento ancora valida in attesa che il decreto entri in vigore, prevedeva infatti di affidarle «alle guardie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale».
Si capisce perché: in origine tutte le associazioni venatorie nazionali erano rappresentate. Ma la nuova situazione ha reso necessario un intervento: sparisce (sparirà) il riferimento al comitato, sostituito da quello all’articolo 34 della legge 157/92, che le elenca per esteso.
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