L’Arcicaccia sollecita le altre sigle ad aderire a una forma di coordinamento potenziato, via di mezzo tra la cabina di regia considerata troppo debole e l’associazione unica dei cacciatori.
Anche se nella prima fase non s’arriverà all’associazione unica dei cacciatori per la quale evidentemente è ancora presto, è urgente che le diverse sigle mettano da parte la cabina di regia e diano vita a un organismo meglio strutturato (cambia poco se sarà coordinamento, comitato o federazione) che rappresenti tutto il mondo venatorio; per difendere al meglio gli interessi dei cacciatori, non solo nella campagna elettorale in corso, c’è infatti bisogno «di una sola voce condivisa, frutto dell’elaborazione di organismi dirigenti eletti e legittimati». Christian Maffei, presidente nazionale dell’Arcicaccia, torna a sollecitare i colleghi rivelando di aver già provato a coinvolgerli nel mese di giugno; ora bisogna accelerare e mettersi seriamente a discutere dello statuto, per il quale attende di ricevere per iscritto osservazioni e considerazioni.
Nelle intenzioni dell’Arciaccia l’articolazione dovrà riproporsi a livello locale e sia Cncn sia le associazioni agricole saranno invitate permanentemente ai lavori; resta aperta la discussione su criteri di rappresentatività, meccanismi decisionali interni e finanziamento delle iniziative. In questa fase non è previsto lo scioglimento delle associazioni né la delega della rappresentanza nei rapporti con le istituzioni; prima di presentarsi all’esterno sarà peraltro prioritario definire con accuratezza intenti e finalità.
Per Maffei si tratta di una scelta non più rinviabile; perché funzioni bisogna però che la Federcaccia, soprattutto in Toscana e in Emilia Romagna, «rinneghi la cultura del monopolio» che ha isolato i cacciatori.
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