Cani da seguita e il mestiere dell’addestratore. Intervista ad Alessandro Contri, cinofilo massese che s’impegna da anni nell’addestramento e nell’allevamento dei segugi.
L’addestramento dei cani cani da seguita è una pratica tanto affascinante quanto impegnativa. Ritengo infatti che chi intenda approcciarsi a questa esperienza, con serietà e dedizione, debba mettere in conto di trovarsi a trascorrere molto tempo in campagna in compagnia del proprio ausiliare. Spesso inoltre potranno sorgere dubbi circa le modalità con cui portare avanti il processo di addestramento del nostro giovane allievo. Questa condizione non è necessariamente da leggere come una manifestazione d’insicurezza da parte dell’addestratore, ma talvolta è sinonimo del suo massimo scrupolo, motivato dall’intenzione di voler svolgere al meglio il suo delicato compito.
Compito particolarmente delicato quando si lavorano certi soggetti, magari meno indicati per l’addestratore alle prime armi, ma che sono i più stimolanti per chi addestra segugi da anni e sa individuare grandi doti nascoste dietro a certi comportamenti, spesso ai più incomprensibili.
La letteratura circa l’addestramento del cane è abbastanza ampia, ma chi si è cimentato in questa pratica sa bene che occorrerebbe un volume per l’addestramento di ogni singolo cane. Inoltre, anche una volta comprese le sfaccettature caratteriali di un determinato soggetto e stabilito di conseguenza, almeno per sommi capi, il processo educativo a lui più indicato, capita spesso di dover adeguare in itinere il percorso tracciato in precedenza.
Cani da seguita e addestramento: serve tempo
Avere parecchio tempo libero da dedicare al proprio ausiliare e disporre di un buon numero di strutture idonee all’addestramento di un segugio sono fattori fondamentali per riuscire con un giovane allievo, ma da soli non bastano. Noi tutti impariamo fin da bambini ad andare in bicicletta, ma ogni anno solo uno sparuto numero di fuoriclasse domina le classifiche delle principali corse ciclistiche internazionali. Allo stesso modo credo che per emergere nell’addestramento del cane occorrano qualità morali e soprattutto una naturale predisposizione che, a certi livelli, non sono per nulla comuni.
Negli anni ho conosciuto grandi addestratori capaci di saper far rendere al meglio parecchi soggetti, principalmente in virtù della loro capacità di instaurare con questi ultimi un rapporto simbiotico. Mi viene facile affermare che in molti parlano ai cani, ma solo in pochi riescono realmente a capirli e a farsi capire da loro. Chi non ha tempo o riscontra problemi con l’addestramento può rivolgersi eventualmente a un addestratore professionista. Per approfondire questo tema ho raccolto le considerazioni di chi, proprio in virtù dell’attività svolta, ha raccolto giocoforza molta esperienza in quest’ambito. Mi sono dunque rivolto ad Alessandro Contri, cinofilo toscano e appassionato di cani da caccia a tutto tondo, che, oltre ad allevare segugi e ad avere recentemente ottenuto il riconoscimento del suo affisso allevatoriale Contrinensis, addestra professionalmente cani da seguita per la caccia al cinghiale e alla lepre. Ecco di seguito quanto emerso dalla nostra piacevole chiacchierata.
Quanto conta la genetica
Per la buona riuscita di un segugio influisce maggiormente la sua genetica oppure l’addestramento cui viene sottoposto?
Senza dubbio entrambi i fattori hanno grande importanza per la buona riuscita di un soggetto. L’addestratore svolge un ruolo cruciale; a lui spetta il delicato compito di capire al meglio le doti di un soggetto, interpretando i segnali che quest’ultimo lancia in occasione di ogni uscita. Solo in questo modo chi addestra un cucciolo potrà comprendere ciò di cui il suo allievo necessita e stabilire quindi come procedere con il percorso di addestramento, per esaltarne le potenzialità.
Ma non dimentichiamoci mai dell’importanza della genetica. Il cane, come sono solito ripetere, anzitutto lo fanno il babbo e la mamma. Il fatto che possano nascere talvolta alcuni soggetti molto portati per l’attività venatoria, pur non avendo essi alle spalle genetiche consolidate, rappresenta un’eccezione che non deve indurci a sminuire l’importanza rivestita dall’utilizzo in riproduzione unicamente di quelle linee di sangue considerate le più importanti sotto il profilo venatorio. Per rispondere alla domanda, in sintesi direi che l’addestramento è fondamentale, ma per ottenere risultati importanti occorre lavorare su di un cucciolo che abbia ricevuto in eredità dai genitori un importante patrimonio genetico e manifesti quindi attitudini venatorie di alto livello.
Le doti di un bravo addestratore
Addestrare è senza dubbio un compito non facile. Quali sono le doti che deve avere un bravo addestratore?
Dici bene, è un lavoro complesso e chi ci si vuole cimentare deve disporre di molte qualità. L’addestratore deve essere paziente e calmo, conoscere bene sia il segugio sia l’animale su cui intende specializzare il suo allievo. Ma se mi chiedessi di rispondere in modo secco alla tua domanda, ti direi che l’addestratore deve avere anzitutto la giusta sensibilità. Questa è una dote fondamentale che gli permette di comprendere a fondo la psiche del cane su cui intende lavorare. Solo in questo modo l’addestratore riuscirà sempre a mettere il suo ausiliare in condizione di esprimersi al meglio, sia da cucciolo, sia da adulto, a caccia e volendo anche in occasione delle prove di lavoro.
Nell’addestramento esistono infatti poche regole di base universalmente valide, mentre per ogni altro aspetto maggiormente specifico non disponiamo di verità assolute. Ogni cane fa storia a sé e per stabilire cosa occorra a un soggetto per esprimersi al meglio, è importante anzitutto comprendere il suo carattere, diversamente addestrare diventa qualcosa di molto difficile. Ecco dunque un’altra qualità fondamentale dell’addestratore, quella di non sentirsi mai arrivato. Il bravo addestratore lavora sempre con umiltà ed è sempre pronto a imparare qualcosa di nuovo.
Quale cucciolo
Immaginiamo che un giovane appassionato accetti la sfida di addestrare il suo primo cucciolo di segugio. Esiste qualche segreto per individuare un cucciolo che possa risultare più interessante di altri all’interno di una cucciolata?
La domanda è affascinante e la risposta può variare in base alla razza cui facciamo riferimento. Cerco di essere più chiaro. Esistono razze di cani da caccia, come ad esempio il setter inglese, che sono decisamente fissate sotto il profilo genetico. La stessa condizione vale anche per alcune razze di cani da seguita. Mentre per altre, come ad esempio il segugio maremmano, solo alcune correnti di sangue risultano abbastanza fissate.
In un setter potrei prediligere all’interno di una cucciolata un soggetto che abbia una toppa nel mantello con una collocazione e una forma che ricordi in modo inequivocabile quella di un suo antenato dalle importanti doti venatorie. Molto spesso infatti, a queste somiglianze anatomiche fanno seguito anche preziosi riscontri in ambito venatorio. In razze meno fissate non attribuirei invece grande importanza a questi dettagli.
Al contrario credo sia fondamentale assicurarsi che entrambi i genitori della cucciolata vengano costantemente impiegati a caccia con risultati apprezzabili. In base alle considerazioni espresse in precedenza ritengo infatti che, solo partendo da un cucciolo di sicura genealogia venatoria, l’addestratore potrà ottenere i risultati sperati, e magari anche senza troppa fatica.
Prima di affrontare la campagna
Una volta individuato il cucciolo, ritieni che sia utile impartigli una sorta di pre-addestramento prima di portarlo in campagna?
Senza dubbio, non avrebbe senso portare in un recinto o su un prato un soggetto che prima di quel momento non sia mai stato abituato ad affrontare un viaggio in auto oppure che non sappia stare al guinzaglio. Prima di iniziare la fase di addestramento sul selvatico occorre che il nostro giovane allievo sia ben socializzato.
Tuttavia vorrei fare un passo indietro e tornare alla gestione della cucciolata da cui proviene il nostro futuro ausiliare. Preciso subito che per quanto mi riguarda la prima qualità di cui deve disporre un cane per invogliarmi ad addestrarlo è la solidità del carattere.
Se il patrimonio genetico di un cucciolo è il frutto della combinazione, in parti sostanzialmente eguali, delle qualità genetiche del padre e della madre, penso invece che sia quest’ultima a contribuire in modo determinante a formare il carattere dei cuccioli. Nella cucciolata mi piace pensare che avvenga un po’ quello che capita anche nelle nostre famiglie, in cui solitamente il babbo va a lavorare e la mamma contribuisce in modo determinante a formare il carattere dei figli.
Personalmente da anni propendo per la scelta di far partorire le fattrici lontane dagli altri cani, in un ambiente isolato. Ciò in quanto in questo modo la fattrice è tranquilla, serena e il suo atteggiamento non è quello di cercare di proteggere i cuccioli. Indubbiamente questa sua condizione di serenità viene trasmessa anche ai cuccioli, che in questo modo difficilmente manifestano un carattere ombroso o sospettoso. All’allevatore e all’addestratore spetterà dunque in questo senso solo il compito di completare il lavoro già avviato dalla fattrice.
L’età giusta per cominciare
A che età consigli di iniziare l’addestramento venatorio? Preferisci il terreno libero o il recinto?
Per quanto riguarda i segugi da cinghiale ritengo che l’addestramento possa partire attorno ai cinque o sei mesi di età del cucciolo. La scelta di partire a questa età non è influenzata dalla razza di appartenenza del cucciolo. Esistono razze e correnti di sangue più precoci, altre invece richiedono maggior tempo per esprimersi, ma in ogni caso è bene partire presto. Così come un alunno non inizia a frequentare le scuole partendo dalle superiori, allo stesso modo ovviamente anche al cane bisogna far frequentare prima “le elementari”, poi “le medie” e così via.
Anche per l’addestramento su lepre si può partire alla stessa età, ma in questo caso il ricorso al recinto è ridotto all’osso. Dopo due o tre uscite, tese a far conoscere al cucciolo la lepre, è necessario che il giovane si affranchi sulla pastura e inizi a lavorare la passata della lepre in terreno libero. Per i cani da cinghiale invece il recinto può continuare a rivelarsi una buona soluzione, in certi casi anche fino all’anno di età.
Il recinto tuttavia, come ogni altro strumento di addestramento, va saputo usare, prestando sempre la massima attenzione agli atteggiamenti evidenziati dal nostro ausiliare. Con alcuni allievi il recinto può essere anche dannoso; non dimentichiamoci che in recinto c’è il pericolo che il cane impari a utilizzare troppo la vista e poco l’olfatto. Inoltre questo non è mai il contesto ideale per insegnare, anche al cane da cinghiale, come trattare adeguatamente la passata. Il recinto insomma è un po’ come la Novalgina, fa bene ma va usata a gocce!
Il segugio specialista
Oggi un buon segugio deve essere anzitutto uno specialista. Dacci qualche dritta per avere cani che rispettino, ad esempio, il capriolo.
Premetto che, secondo me, un soggetto che da giovane manifesti interesse anche per il capriolo non deve preoccupare più di tanto; anzi, in base alla mia esperienza, posso affermare che i segugi che da giovani rifiutano il capriolo difficilmente si rivelano poi da adulti soggetti importanti sul loro selvatico di elezione. E queste considerazioni valgono in modo particolare se parliamo di specialisti da lepre.
Dopo che il cane avrà sviluppato il suo carattere e avrà ben conosciuto il selvatico su cui s’intende specializzarlo, si potrà intervenire per correggerlo sul capriolo. Il tutto senza mai dimenticare che ogni intervento correttivo rischia di condizionare e quindi di togliere qualcosa al nostro soggetto a livello d’istinto venatorio. Ecco perché io tendenzialmente non interverrei sul capriolo prima che il nostro allievo abbia compiuto l’anno e mezzo di età.
Una volta accertato che il cane rispetta il capriolo, occorre poi che il suo utilizzatore non vanifichi tutto il lavoro di addestramento fatto in precedenza. Se il canettiere non ha un manico adeguato al soggetto oppure se quest’ultimo viene sciolto costantemente con cani non corretti, non è da escludere che esso riprenda le cattive abitudini. Insomma all’addestramento al rifiuto di questo folletto del bosco deve poi seguire un corretto utilizzo del segugio, teso alla conservazione e al rafforzamento dei concetti insegnati in fase di addestramento.
Dai cani da ferma ai cani da seguita
Tornando alle tue esperienze, il fatto di essere attivo anche nel mondo dei cani da ferma credi che ti abbia aiutato per lavorare al meglio con i segugi?
Senza dubbio. Ritengo che la base dell’addestramento e anche della conduzione che sono richiesti nel mondo dei cani da ferma possano offrire spunti utilissimi quando si lavora con i segugi.
Segnalo tuttavia una grande distinzione tra la realtà dei fermatori e quella degli inseguitori. Nel mondo dei cani da ferma, infatti, il compito dell’addestratore non si esaurisce con la preparazione di un soggetto; egli ricopre un ruolo cruciale anche in termini di conduzione, specialmente nelle prove. Nel mondo delle prove riservate ai cani da seguita, almeno per come lo intendo io, il canettiere dovrebbe limitarsi invece a qualche piccolo intervento, come ad esempio quando si tratta di far partire un cinghiale che il nostro cane sta abbaiando a fermo.
Non condivido l’atteggiamento interventista di molti canettieri. Nelle prove su lepre mi capita troppo spesso di osservare conduttori che spostano con facilità la loro muta da una pastura a un’altra. Io invece resto dell’idea che, se un segugio è completo nelle quattro fasi e l’addestratore ha lavorato bene nel periodo di addestramento e preparazione alle prove, la sua presenza nel turno sarà sostanzialmente impercettibile.
Addestramento mirato?
Proprio con riferimento alle verifiche zootecniche, occorre un addestramento mirato oppure la base per avere un buon cane da caccia e da prove è sostanzialmente la stessa?
Occorre partire da un presupposto: il segugio che emerge nelle verifiche zootecniche può essere impiegato con successo anche a caccia, mentre il cane da caccia non è detto che sia un cane valido anche per le prove. L’addestramento specifico per le prove, su cinghiale e anche su lepre, non serve. Potrebbe rendersi necessario qualora l’addestratore ambisca a possedere dei cani molto maneggevoli. Questi segugi li considero degli ausiliari condizionati più che maneggevoli, mentre ritengo che in prova debbano essere presentati cani completi e quindi anche autonomi. Questo a mio avviso è lo spirito delle prove, valutare le capacità concrete di un soggetto rispetto allo svolgimento autonomo di ogni singola fase.
Se un segugio ha carattere ed è completo, una volta addestrato non ha di certo bisogno dell’intervento del suo canettiere per svolgere la fase di cerca o per portare avanti un accostamento. Mentre sono assolutamente convinto del fatto che l’addestramento sia influenzato in modo sensibile dalle esigenze pratiche dei territori in cui un cane caccia abitualmente. Ciò vale soprattutto per la caccia al cinghiale, realtà in cui il segugio lo forgia anzitutto il territorio in cui esso si esprime abitualmente. Per esempio possiamo osservare come le condizioni ambientali e faunistiche di alcune zone di caccia al cinghiale impongano oggigiorno segugi più tracciatori, mentre altrove questa stessa esigenza non è così stringente.
L’addestramento più difficile
Con riferimento alle differenti fasi che caratterizzano il lavoro classico del segugio, su quali si può lavorare in addestramento e quali invece sono innate nel nostro ausiliario? E, più in generale è più difficile addestrare un segugio su lepre o su cinghiale?
Per rispondere a questa domanda non posso fare altro che riprendere i concetti espressi in precedenza, che usciranno se possibile ancora più rafforzati da queste ulteriori considerazioni. Il segugio è un cane che deve sapersi esprimere in autonomia. La base su cui l’addestratore lavora per arrivare a questo risultato non può che essere il patrimonio genetico del cucciolo che si accinge a plasmare. Alcune fasi sono molto più istintive, su altre si può invece lavorare, almeno in parte, in termini di addestramento. Per farlo l’addestratore ancora una volta dovrà fare leva sulle sue capacità di entrare in simbiosi col suo allievo. Gli orari, i luoghi e le condizioni di sciolta possono indurre per esempio un soggetto abituato a lavorare poco la traccia a concentrarsi maggiormente.
Per quanto riguarda invece il cane da lepre ritengo che in fase di addestramento possa essere saggio intervenire se il nostro soggetto indugia troppo sulla pastura e fatica a prendere la passata per avvicinarsi al covo. Sempre parlando di seguita su lepre, lo scovo è una fase decisamente istintiva per cui è difficile riuscire a colmare con l’addestramento alcune lacune genetiche.
Più in generale ritengo che l’addestramento su lepre sia più difficile da portare avanti rispetto a quello su cinghiale. Ciò perché i cani realmente completi per la caccia alla lepre sono pochi e anche perché la lepre è più scaltra del cinghiale e l’addestramento sull’orecchiona richiede quindi maggiore continuità rispetto a quello per specializzare un segugio nella caccia al re del bosco.
Quando uscire
Con un giovane cane in fase di addestramento è meglio uscire il più possibile oppure è opportuno evitare di farlo quando le condizioni del sentore sono estremamente avverse?
Partiamo dal presupposto che nelle giornate negative, quelle più difficili da affrontare, paradossalmente è molto più semplice comprendere la differenza di capacità dei vari soggetti. Le giornate ostili sono quelle che più esaltano i cani migliori, quelli che sanno portare a termine la loro azione in ogni condizione. Questi ovviamente sono da preferirsi a quelli più arrendevoli, che vanno al dunque solo quando le condizioni sono ideali. Ciò anche in considerazione del fatto che, specialmente con riferimento alla caccia alla lepre, le giornate totalmente favorevoli sono assai rare nel corso di una stagione venatoria.
Con riferimento ai cani giovani ci si potrebbe interrogare, invece, circa l’opportunità di sciogliere in condizioni avverse. Tuttavia per me non ci sono dubbi. Se la volpe mangia tutti i giorni, anche il segugio deve saper scovare sempre. Io sono del partito di quelli che il cane lo porterebbero fuori tutti i giorni. Ogni giornata, con le sue differenti condizioni, favorevoli o avverse, permette sempre al cane di fare un’esperienza in più e offre al suo addestratore la possibilità di comprendere meglio ogni singola sfaccettatura del carattere del suo ausiliario. I segugi imparano nel bosco, non certo stando a poltrire nel box.
Qualche consiglio ai giovani addestratori
Te la sentiresti di dare qualche consiglio a un giovane addestratore, magari anche indicando qualche errore da non commettere assolutamente?
Il primo consiglio che mi sento di dare a un ragazzo che si accinga ad addestrare il suo primo segugio, indipendentemente dal fatto che l’obiettivo sia quello di farne un buon cane da lepre o da cinghiale, credo sia quello di metterci tanta passione. Se non ci si applica con continuità e passione nell’addestramento i risultati difficilmente saranno lusinghieri.
Un altro aspetto importante è quello di muoversi con cautela, specialmente quando s’intende correggere il cane per eliminare comportamenti non graditi. Occorre essere certi che il cane recepisca il messaggio, che associ la correzione al comportamento errato e che sia già sufficientemente solido di carattere. L’errore da non commettere in questo senso è proprio quello di avere fretta. L’addestramento deve procedere con cautela e per gradi, senza essere impazienti.
Personalmente non disdegno la precocità nei miei giovani allievi, ma al tempo stesso non mi abbatto se un cane non parte subito. Oggi qualcuno vorrebbe cani che inizino a dar voce già nel grembo materno. Ma in cinofilia non bisogna correre. Prima di arrendersi all’idea di aver fallito nell’addestramento di un segugio occorre essere certi di averlo messo più volte nelle migliori condizioni per esprimere le sue potenzialità.
Spesso poi succede che con il cambio di padrone il cane migliori decisamente nelle sue prestazioni. Anche questo fenomeno credo sia ancora una volta legato a un aspetto caratteriale. Ritengo infatti che, per forgiare un carattere solido, potrebbe essere interessante cambiare più volte la collocazione di un giovane segugio. Ciascuno di noi a casa propria si sente maggiormente protetto e al sicuro, ma è in trasferta che emerge il carattere.
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