Il Tar ha accolto il ricorso delle associazioni animaliste e ambientaliste sul calendario venatorio della Sicilia.
Come quelli emiliani e romagnoli, i cacciatori siciliani devono rinviare al 1° ottobre buona parte delle proprie aspettative: fino a quel momento infatti sarà cacciabile soltanto il colombaccio, unica specie non toccata dall’ordinanza 512/2023 sul ricorso di Wwf, Legambiente, Lipu, Enpa, Lndc e Lac che dal Tar sono riusciti a ottenere la modifica del calendario venatorio della Sicilia.
Si resta comunque in attesa del decreto dell’assessorato per capire con esattezza a quali specie s’estenderà la sospensione, e se nella coda di settembre ne resterà cacciabile qualche altra (coniglio selvatico, quaglia, tortora); di sicuro si slitta a ottobre per merlo, gazza e ghiandaia, per i quali l’ordinanza del Tar rende impossibile qualsiasi interpretazione differente.
Cambiano anche le date di chiusura della caccia a cesena, tordo sassello e tordo bottaccio, anticipata al 10 gennaio (è il giorno in cui il Tar ha fissato la camera di consiglio), e agli uccelli acquatici, al 20 gennaio.
La ragione è il contrasto tra il parere Ispra e il calendario, che dev’essere adeguatamente motivato «per far emergere le peculiarità dello specifico territorio di riferimento»; per farlo la giunta deve affidarsi «a un affidabile monitoraggio delle singole specie o, comunque, a dati mutuati da organismi scientifici accreditati e obiettivamente verificabili».
Il peso del parere dell’Ispra sui calendari è uno dei nodi che gli emendamenti della maggioranza al decreto Asset cercano di sciogliere; solo col tempo si capirà se, ammesso che entri davvero in vigore, la nuova formulazione della legge sia risolutiva.
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