Le sanzioni previste dalla legge sulla caccia non possono essere applicate a chi si rende colpevole di atti di bracconaggio.
La legge sulla caccia non può essere applicata a chi, “del tutto privo di licenza”, si rende colpevole di atti di bracconaggio. La 157/92 è infatti una legge specifica che regola i rapporti tra lo Stato e i cacciatori, ossia coloro che dispongono di licenza di caccia. Pertanto le sanzioni che stabilisce riguardano solo il cosiddetto cacciatore di frodo, colui che viola quella sorta di contratto pubblico sottoscritto con la licenza. Non evidentemente il bracconiere, privo di licenza, punibile per il più grave delitto di furto venatorio anche quando commette un atto, come l’uccellagione, comunque vietato dalla legge sulla caccia. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione.
“Sarebbe illogico immaginare” si legge nella sentenza “che, proprio là dove il legislatore ha inteso approntare la tutela più forte al suo patrimonio venatorio e indisponibile sancendo l’assoluto divieto di tale attività anche per coloro che abbiano la licenza di caccia, tale tutela ne venga paradossalmente diminuita, prevedendo che sia [chi abbia] la licenza e cacci in frodo sia [chi agisca senza licenza] non debbano vedersi puniti per furto venatorio”. Sul fronte penale non si può estendere ai bracconieri “lo speciale regime di favore sostanzialmente previsto per i cacciatori, sia pure che agiscano di frodo”.
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