Beccacce che Passione n. 5 settembre-ottobre 2019

Editoriale

Falso allarme?

Scrivo queste righe in piena estate. Un’estate in cui il benessere animale è al centro dell’attenzione collettiva, compresa quella dei cacciatori. Su questi temi gli animi si scaldano facilmente e non certo per le temperature africane che ci stanno rendendo la vita difficile. E mentre in commissione Giustizia del Senato si è cominciato a discutere il ddl Perilli-Maiorino sul maltrattamento animale che, tra le altre cose, oltre a proporre il divieto “di importare sul territorio nazionale, vendere, detenere, utilizzare o cedere a qualunque titolo collari elettronici [e] collari elettrici”, si propone di modificare anche l’articolo del 842 del codice civile che consente di esercitare la caccia nei fondi privati, ecco comparire un’altra spada di Damocle sui cacciatori.

Il ministero della Salute è entrato a bomba nella questione ponendo dei limiti all’utilizzo dei collari acustici per cani. Nella nota inviata alle Regioni e alle Province autonome si legge che “l’utilizzo di collari acustici che possono raggiungere le intensità e le frequenze sopra riportate (100-130 dB SPL e 2.000-3.000 Hz ndr) non è consentito in quanto potrebbe configurare il reato di maltrattamento ai sensi dell’art. 544-ter del CP”. Ed è stato subito allarme.

Giustificato? Non sembra.

La nota del ministero della Salute è accompagnatoria al parere tecnico del Crenba (Centro di referenza nazionale per il benessere animale) circa gli effetti sulla salute e sul benessere dei cani su cui si utilizzano i collari (di vario genere) per finalità diverse (educazione, addestramento, profilassi anti-parassitaria, localizzazione dell’animale eccetera) con particolare attenzione ai collari che emettono suoni.

La lettura della relazione tecnica della dottoressa Francesca Fusi, controfirmata dal responsabile del Crenba dottor Luigi Bertocchi (consultabile on line sul sito dell’Izsler), è chiarificatrice. Si legge nelle conclusioni: “In merito ai collari che producono emissioni acustiche intermittenti, visti i riferimenti bibliografici riportati, è difficile esprimere un parere certo, sebbene il loro utilizzo possa essere di notevole utilità per evitare lo smarrimento o facilitare il recupero di cani infortunati o dispersi. Gli studi presenti per la specie canina, infatti, sono chiarificatori per le emissioni sonore di tipo continuo che possono essere causa di danno acustico permanente (es. indagini nei canili). Gli studi effettuati su emissioni intermittenti o basati su brevi esposizioni non sono stati effettuati nella specie canina, ma in specie di roditori tipicamente utilizzati nel campo della sperimentazione scientifica; inoltre, la molteplicità dei prodotti disponibili in commercio, così come la carenza e/o la disomogeneità delle informazioni riportate nei loro manuali d’uso, inficiano una valutazione degli stessi. Tuttavia, i dati bibliografici raccolti permettono di esprimere una ragionevole ipotesi di potenziale danno per l’udito del cane a seguito di emissioni acustiche superiori ai 100 dB SPL, soprattutto se ripetute in tempi ristretti e non limitate a singole esposizioni una tantum. Considerato che il periodo di caccia presenta una durata limitata ad alcuni mesi l’anno e che la singola battuta può avere durata ascrivibile a qualche ora, durante la quale è improbabile che il beeper sia in funzione in modo continuo, è plausibile che l’utilizzo dei collari acustici al massimo di intensità e frequenza (100-130 dB SPL, 2.000-3.000 Hz) possa quantomeno causare un danno temporaneo all’udito del cane esposto che, se protratto, potrebbe sfociare in una compromissione della restitutio ad integrum. Per questo, è opportuno concludere che l’utilizzo dei collari acustici non dovrebbe mai avvenire a valori di intensità superiori o uguali a 100 dB SPL. Se ciò fosse strettamente necessario, il loro uso dovrebbe essere ridotto al minor tempo possibile (meno di un’ora), lontano dalle orecchie (per esempio legandolo alla zona più caudale dell’addome così come descritto in alcune esperienze messe in atto da addestratori), solo su animali sani e in buona condizione psico-fisica confermata da preventiva visita veterinaria specialistica. L’utilizzo di questi collari andrebbe evitato in soggetti di giovane età (< 6 mesi), anziani o affetti da pregresse patologie dell’orecchio, salvo il parere favorevole di un medico veterinario specialista”.

La soglia indicata è davvero molto alta (per intenderci, 100 dB sono pari al rumore prodotto dalla musica diffusa in discoteca o a un concerto rock) e, tra l’altro, molti dei collari acustici disponibili già rispettano i limiti indicati nel parere tecnico proprio al fine di tutelare il benessere dei cani. Pertanto, chi utilizza il beeper deve soltanto avere cura di verificare che le caratteristiche dei propri apparati rispettino i limiti stabiliti. E non ho dubbi che, se così non fosse, nessun cacciatore cinofilo si farebbe scrupolo a eliminare uno strumento non idoneo per sostituirlo con un collare acustico che non sia dannoso per il proprio ausiliare. Per il resto, perlomeno nel momento in cui scrivo, nulla cambia. Certo è che è auspicabile che si provveda in maniera definitiva e chiara a fissare i parametri a cui i produttori devono attenersi per evitare interpretazioni soggettive che possono generare fuorvianti interpretazioni della materia e applicazioni non corrette delle norme di legge. Ad maiora.

Viviana Bertocchi