Cacciare gli acquatici da capanno temporaneo significa partire da casa nella consapevolezza che la nostra azione potrà risultare efficace su poche specie. L’appostamento temporaneo è infatti “povero”: nella quantità di ausili come gli stampi, nel numero di ausiliari come i richiami vivi e non consente tutti quegli interventi di miglioramento dell’habitat per incrementarne l’idoneità per tante specie. Questa forma di caccia ci risparmia sì gli impegni gestionali, spesso gravosi, tipici del capanno fisso, ma, per contro, ci obbliga a costante pazienza nel “fare e disfare” per ogni giornata di caccia
E’ sempre importante una corretta lettura del territorio, ai fini della scelta di un buon posizionamento del nostro capanno temporaneo. Lettura che deve concentrarsi sulle caratteristiche ambientali, agricole e paesaggistiche in relazione ai costumi e alle preferenze delle specie oggetto della nostra attenzione venatoria, nonché alle stagioni. Per la caccia agli anatidi dovremo badare pure alle caratteristiche dell’habitat acquatico. E’ quello che ben sanno i migliori pescatori, che la chiamano la “lettura dell’acqua”, ossia l’intuizione di quanto ci stia sotto osservandone la superficie. Certamente per la pesca è un aspetto importantissimo, perché l’aspetto della superficie ci fa capire come sia il fondale, se vi siano massi o altri grandi ostacoli sommersi rivelati da mulinelli, se la corrente scorra diritta per la sua strada oppure se compia “giri” ritornando sui suoi passi. Dall’esame di questi fattori, discenderà la convinzione che vi siano determinate specie ittiche e quindi si potrà scegliere la tecnica di pesca più appropriata.
Per cacciare gli uccelli non serve la conoscenza di ciò che si nasconde sotto la massa liquida, ma bisogna comunque imparare a correlare i multiformi aspetti dell’ambiente umido, dal corpo idrico alle sue sponde, con la potenziale presenza delle anatre. Intanto, la prima distinzione da farsi è tra corpi idrici immobili, come laghi o paludi o acquitrini, e masse in movimento, cioè i fiumi.
L’appostamento temporaneo è “povero”
Prima, però, una premessa: cacciare gli acquatici da capanno temporaneo significa partire da casa nella consapevolezza che la nostra azione potrà risultare efficace su poche o pochissime specie, ridotte quasi soltanto all’onnipresente germano reale e all’alzavola, e con molta fortuna magari qualche fischione o mestolone.
L’appostamento temporaneo è infatti “povero”: nella quantità di ausili come gli stampi, nel numero di ausiliari come i richiami vivi, non consente modifica di sito e quindi, tutti quegli interventi di miglioramento e manutenzione dell’habitat per modellarlo e incrementarne l’idoneità per tante specie.
Questa forma di caccia, quindi, ci risparmia gli impegni gestionali spesso gravosi, anche economicamente, tipici del capanno fisso, ma, per contro, ci obbliga a costante pazienza nel “fare e disfare” per ogni giornata di caccia.
Fattori ambientali da considerare
Ciò precisato, torniamo a bomba ai fattori ambientali che ci interessano.
La presenza o assenza di vegetazione spondale sarà sempre un elemento importante, che sui bacini d’acqua ferma diventa determinante. Ad esempio, le cave di recente creazione con rive nude e ghiaiose, senza tife (Typha latifolia), né cannucce di palude e nemmeno cespugliate, daranno ospitalità solo temporanea agli uccelli, come per brevissime pause ristoratrici nel corso del volo migratorio, poiché essi vi si sentiranno troppo esposti.
Tali luoghi sono perciò da scartare. La dimensione dello specchio aperto è altra caratteristica di rilievo: in una palude con acque libere ridotte, ritagliate tra fitti e ampi canneti che sembrano letteralmente assediare l’acqua (alla quale in effetti sottraggono spazio crescente, avanzando anno dopo anno se nessuno li tiene sotto controllo), non potremo attenderci granché più di qualche germano e alzavola. Per contro, un lago offre accoglienza potenziale a tutte le specie cacciabili, inclusi i rallidi come la folaga. Infatti, mentre quest’ultima e le anatre di superficie ameranno, a tratti, navigare sia al largo che presso il canneto o addirittura spingersi al suo interno in cerca di cibo, soprattutto con livelli dell’acqua alti, le specie tuffatrici stazioneranno nettamente all’esterno della fascia spondale, ma verranno comunque a tiro se sapremo allettarle col gioco.
Il luogo migliore
L’ideale sarebbe trovare una penisola, una barena, una lingua di terra con vegetazione, che si spinga in mezzo al bacino interrompendo la continuità delle sponde e consentendoci il maggior distanziamento possibile dalle rive, coniugando così le zone più confacenti un po’ a tutte le specie e offrendoci di conseguenza opportunità d’incontro più variegate. Contro di essa, o dentro le canne o tife o cannucce, si dovrà inoltre dissimulare il capanno, affinché non spicchi come elemento distonico rispetto al circostante paesaggio.
All’opposto, un’ansa ampia che anch’essa spezzi la regolarità del profilo del lago, potrà pure dare buoni risultati, poiché gli uccelli sovente la ricercano per le ore di riposo diurno, più che per le fasi di alimentazione.
Insomma, in parole povere rifuggiamo i tratti troppo rettilinei e regolari, perché privi di elementi di discontinuità, attrattivi per gli uccelli.
La posizione migliore in assoluto rimane però quella in mezzo alle acque aperte, magari anche solo per poche decine di metri: tuttavia essa è, inevitabilmente, tipica prerogativa degli appostamenti fissi come i capanni galleggianti o le botti, poiché è impensabile e irragionevole che nell’acqua si possa per ogni uscita di caccia allestire il capanno e, alla fine della battuta, rimuoverlo come la legge impone per l’appostamento temporaneo. Che ci si trovi sul grande lago o nella palude, per forza a riva o comunque sulla terraferma come abbiamo detto, bisogna comunque privilegiare un sito che sia il più possibile privo di vegetazione arborea nell’intorno del capanno, in quanto diverse specie, quando sono in curata, hanno bisogno di spazio aereo per percorrere i classici cerchi concentrici di progressivo avvicinamento che, se tutto filerà per il verso giusto, le porteranno a calare alla nostra portata. È pur vero che i soliti germani, a volte imitati dalle alzavole, calano senza problemi anche in verticale, come ad esempio succede sui corsi d’acqua minori come canali e fossi con filari e alberi sulle sponde, ma tale constatazione non dovrebbe comunque distoglierci dalla scelta di una postazione senza essenze d’alto fusto, se non altro per non privarci della possibilità di incontro con un più ricco ventaglio di specie.
Su un grande fiume
E se invece ci troviamo a cacciare su un grande fiume come il Po o altri corsi di pianura?
In questa particolare situazione ambientale, camuffare bene il capanno temporaneo può essere molto difficile, soprattutto quando le rive sono piatte e sabbiose o anche ghiaiose, ma con poca o nulla vegetazione. Tra l’altro, i tratti di sponda sgombri di vegetazione, spesso sono amati dalle “anatre di fiume”, perché garantiscono grande visibilità a grande distanza, ossia maggior tutela dai pericoli quotidiani. Bisogna allora cercare un sito dove il capanno possa essere addossato a un solo cespuglio, a un solo salice, anche a un semplice ceppo d’albero o mucchio di legna abbandonati dalle piene. Qualcuno, addirittura, scava una buca nella sabbia della riva, poi mimetizzata coprendola parzialmente con un telo a mo’ di tetto, di colore opaco in sintonia con i dintorni: espediente interessante perché permette di sistemarsi ovunque, che però, evidentemente, implica non poca fatica aggiuntiva.
Nel caso del fiume, subentra inoltre la necessità di disporre di un ulteriore strumento, cioè una barca o barchino a motore, indispensabili per il recupero dei selvatici abbattuti caduti in acqua corrente. Essi possono in alcuni casi sostituirsi con un eccellente cane da recupero e riporto, ben addestrato e che non tema l’acqua in qualunque stagione dell’anno, anche la più fredda e inclemente: tuttavia, la massa d’acqua che scorre in un corso ampio, sprigiona forze sovente pericolose anche per il cane migliore. Bene andando, la corrente costringe lo spinge a riprender terra molto più a valle di dove è entrato in acqua, con la conseguenza di un dispendio energetico elevato e prolungato, che non tutti gli ausiliari sopportano.
Vi sono poi le piene, che complicano i preparativi e le azioni da condurre, nonché riducono la disponibilità di siti dove impiantare il capanno e amplificano i rischi dovuti all’impeto delle correnti: tuttavia, il fatto che gli anatidi compiano spostamenti più frequenti, anche durante la giornata, proprio in coincidenza con i periodi di innalzamento dei livelli e delle esondazioni, non può che spingere il cacciatore appassionato a osare adeguandosi.
La caccia al campo
Nel panorama della caccia da appostamento temporaneo agli anatidi, concludiamo con la caccia al campo, metodo in voga nelle sterminate distese del Nordamerica, in anni recenti approdato anche nel Belpaese. È sistema di caccia itinerante, quindi ottimale per l’appostamento temporaneo, poiché strettamente legato ai siti di pastura degli uccelli, quasi esclusivamente germani, che puntano agli appezzamenti di stocchi di mais con pannocchie e granella sparsa, rimaste a terra dopo la raccolta meccanizzata.
In estrema sintesi possiamo così riassumere le peculiarità di questa caccia: non esige presenza d’acqua; il gioco tradizionale, anche senza vivi, prevede l’aggiunta di una o più sagome di anatre con ali girevoli intorno al proprio asse, posizionate in cima a un paletto metallico che funge da supporto, che simulano un selvatico nell’atto di posarsi a terra; è decisivo saper sollecitare l’istinto gregario degli anatidi con qualche cantata ben fatta, con richiamo manuale o a bocca che sia. È però fondamentale, vista la possibilità di spostarsi da un sito all’altro, effettuare sopralluoghi preliminari per verificare dove avvenga il passaggio delle anatre a giorno fatto, perché altrimenti rischieremmo battute infruttuose nonostante l’allestimento molto impegnativo. Quest’ultima è peraltro una delle principali regole da rispettare per praticare il capanno temporaneo, quali che siano le specie che desideriamo cacciare, molto appassionante e “sfidante” più di quanto non appaia.