Associazione per la cultura rurale, Confavi, Associazione cacciatori veneti, Italcaccia regionale e Fondazione per la cultura rurale contestano la bozza di calendario venatorio del Veneto 2025/2026.
Della bozza del calendario venatorio del Veneto il punto più critico è la preapertura al colombaccio: consentirla il 1° e il 3 settembre, si legge, costringerebbe ad anticipare la chiusura d’un periodo complessivamente equivalente; dunque sarebbe meglio iniziare la terza domenica di settembre (21) per arrivare fino in fondo a gennaio, o addirittura scantonare nella prima decade di febbraio.
Inizia così la lettera che Sergio Berlato, Giulia Sottoriva, Umberto Venturini, Gianni Garbujo e Gianfranco Vezzaro, in rappresentanza rispettivamente di Associazione per la cultura rurale, Confavi, Associazione cacciatori veneti, Italcaccia e Fondazione per la cultura rurale hanno inviato alla giunta Zaia in vista della stagione 2025/2026.
Sulla preapertura le cinque sigle esprimono un’altra critica, legata alla data di chiusura della caccia ai corvidi (cornacchia grigia e nera, gazza e ghiandaia): il rispetto dell’arco temporale massimo consentirebbe comunque d’andare oltre il 10 gennaio, al momento previsto dalla bozza.
Alla giunta si chiede anche perché non approfitta delle ultime modifiche apportate al documento Key concepts per tordo sassello e cesena (si potrebbe posticipare la chiusura al 31 gennaio); e perché, in analogia con quanto stabilito dal Tar per canapiglia, codone, marzaiola e mestolone, finisce fissato a dieci anziché a venticinque il numero massimo di prelievi stagionali anche per chi caccia alzavola, beccaccino, fischione, folaga, frullino, gallinella d’acqua e porciglione.
No al codice etico per il cacciatore
Alle critiche specifiche sull’articolazione del calendario s’aggiungono altre domande: perché nella sola provincia di Vicenza il piano di calpestio degli appostamenti fissi dev’essere rialzato d’almeno un metro rispetto al piano terra? E come la giunta Zaia intende procedere dopo le sentenze del Tar sui valichi montani e sulla starna?
Berlato, Sottoriva, Venturini, Garbujo e Vezzaro contestano inoltre la prospettiva dell’introduzione d’un codice etico per il cacciatore («i cacciatori del Veneto, dalla fedina penale perfettamente pulita, non hanno bisogno di sottostare ad alcun codice etico, la cui inosservanza peraltro prevede una serie di sanzioni aggiuntive rispetto a quelle già previste dalla legge statale 157/92 e dalla legge regionale 50/93»), e più che con i politici si rammaricano con i dirigenti venatori che l’hanno proposto.
In generale, il bersaglio è la cosiddetta «politica del carciofo», con la quale «ogni anno si sottrae qualcuno dei diritti dei cacciatori in Veneto»: alla fine «rimarrebbe solo il gambo, del quale qualcuno dei nostri detrattori vorrebbe fare un utilizzo improprio».
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