Intervista a David Warren, appassionato falconiere e pointerista che ha scelto di praticare, con i suoi ausiliari, la caccia alla grouse. Raccontandoci i perché della sua scelta, ci porta in un mondo molto lontano dal nostro.
Appassionato falconiere e pointerista, David Warren ha scelto di praticare, con i suoi ausiliari, la caccia alla grouse, il selvatico da piuma presente nel Regno Unito più veloce nell’involarsi. In volo sul vento, una grouse può far sembrare lento un falco. Lascia la brughiera scomparendo all’orizzonte in pochi secondi e può riuscire anche a rifugiarsi nello sporco prima che il rapace la raggiunga. Nel volo ad altitudine costante, la grouse può mantenere velocità elevate per periodi più lunghi rispetto a un falco pellegrino, riesce a volare nel vento sui moor a velocità impressionanti, sparendo in un istante.
Questi splendidi animali sanno anche rallentare il falco in picchiata e riuscire, così, a fuggire. A differenza del beccaccino e del piviere dorato, non volano a zig-zag, non si alzano in alto nel cielo quanto farebbe un’allodola o un’anatra, ma sono agilissime. Tra i trucchi che questo selvatico sa mettere in atto molto bene per eludere le zampe dei pellegrini c’è il tuffarsi in ruscelli, negli acquitrini e nell’erica. Lì sta immobile, mimetizzandosi con l’ambente per restare invisibile agli occhi del falco che, pur volandoci sopra, non riesce a scorgerlo. Nel caso il pellegrino riuscisse a catturarla con le zampe, non è affatto escluso che la grouse riesca a sfuggirgli giocando di forza, specie se la presa non è sicura o se il falco incautamente rilassa le zampe.
Le caratteristiche fisiche della grouse, unite al suo repertorio di comportamenti istintivi e alle sue capacità di sfruttare l’ambiente, hanno reso questa specie la preda più difficile per il falco pellegrino. Di conseguenza è anche la preda più ambita e più difficile per i falconieri.
Un selvatico, tanti trucchi
La grouse è una specialista nel sfuggire ai predatori, siano essi alati o terricoli. Per vincere su di lei occorre capire e superare i meccanismi di difesa che sa mettere in atto contro la volpe (o il cane) e contro i rapaci (nel nostro caso il falco pellegrino). Il comportamento e le astuzie messi in atto da questo selvatico lo collocano su un altro piano rispetto alla “selvaggina allevata”.
La grouse è il risultato di migliaia di anni di evoluzione durante i quali ha affinato meccanismi di sopravvivenza che non sono stati in alcun modo intaccati dalla selezione a opera dell’uomo. Per catturarla occorre essere abili, soprattutto se la cattura deve avvenire attraverso la pratica dell’arte della falconeria. Solo un cacciatore di alto livello, capace di provare rimorso per gli errori, ammirazione per una preda che sa vincere il predatore e gioia per la sua cattura, può davvero apprezzarne la caccia, considerandola ciò che di meglio la natura possa offrire a chi caccia con il cane da ferma e con il falco.
Quella alla grouse è anche una caccia faticosa. Quando l’altitudine si alza infatti, per i guardiacaccia diventa impossibile controllare la crescita dell’erica (in quota non si riesce ad arrivare con i mezzi meccanici) che quindi diviene altissima. Di conseguenza c’è da sudare per camminarci in mezzo. Occorre salire fino a raggiungere un punto vantaggioso come può essere un pendio in cui la grouse può trovare il suo habitat ideale. Di solito queste zone favorevoli sono rivolte a sud e hanno erica di buona lunghezza, che può servire da rifugio garantendo la presenza di insetti edibili e di acqua.
Comportamenti diversi
Per ottenere un’azione di alto volo proficua cacciando la grouse con il falco e un cane da ferma, è necessario testare i limiti dei meccanismi di difesa innati tipici di questa specie. Il nostro falco pellegrino, inoltre, deve essere ben concentrato e pronto a lavorare in sincronia. Dopo aver lasciato il braccio, il rapace deve salire fino a oltre mille piedi (circa 300 metri) e attendere docilmente in quota fino all’involo della grouse. La grouse, il cane e il pellegrino devono agire in perfetto sincronismo ed è facilissimo che il meccanismo si rompa. Per questo cacciare la grouse con il falco e il cane da ferma è l’esercizio più difficile. Lo è di più che cacciare il fagiano con il pellegrino o mandare la poiana di Harris all’inseguimento di corvi e conigli.
La grouse modifica il suo comportamento a seconda del periodo dell’anno. In estate questo galliforme si preoccupa di crearsi un territorio, di riprodursi, di accudire la covata e di proteggerla. In inverno torna schivo e pensa solo alla sopravvivenza, fino alle successive, poche, settimane di vita in gruppo.
Cacciare la grouse a inizio stagione, dal 12 agosto, ci mette al cospetto di un animale che sta per abbandonare il comportamento estivo, ma che non lo ha ancora fatto completamente. I genitori, quindi, faranno di tutto per impedire al vostro pellegrino di catturare i piccoli. Il maschio si impegnerà a proteggere la compagna e la prole cercando di distrarre il falco. La femmina, nel frattempo, utilizzerà dei suoni bassi per spiegare ai piccoli di rimanere cauti e di stare bassi fino a che il maschio adulto s’involerà dall’erica, quando il falco sarà abbastanza lontano per garantirgli un’azione poco rischiosa. Il falco lo inseguirà lo stesso, nonostante la scarsa probabilità di cattura.
Punti chiave
Occorre ricordare due cose importanti. In primis vanno considerati i notevoli vantaggi che porta con sé un cane addestrato per poter competere nelle prove di lavoro. Ecco un esempio. Il cane addestrato al fermo al frullo resta immobile all’involo del selvatico e ciò permetterà che, in caso di azione improduttiva, l’animale possa essere ribattuto o che possa essere lanciato un altro falco. Un cane esuberante si lancerà, invece, all’inseguimento del galliforme, frantumando la possibilità di avere una seconda occasione.
Inoltre, è importante fidarsi del cane che mantiene la ferma. In questo caso occorre inviare in missione un secondo falco o invitare un compagno di caccia a farlo. Se il falconiere esita e non crede che ci siano altri animali nascosti nell’erica, oltre a quello che è si già levato in volo, si priva della possibilità di chiudere positivamente l’azione. Chi non se la sente, può cedere l’azione al compagno di caccia.
Cani ben dressati
È improbabile che in agosto ci si imbatta in un animale isolato perché le grouse stanno in gruppo. Ci sarà verosimilmente la femmina e una covata di sei-otto giovani. Poter lavorare su una covata è una grande esperienza per il falco e non può che aumentare il suo desiderio di cacciare. Quindi il mio consiglio è quello di lavorare solo con cani ben dressati per non sciupare l’azione di caccia.
Le grouse sono abilissime e più furbe della volpe e del cane. Sono delle piccole Houdini, scaltre nel pedinare via per lunghissime distanze. Fanno dei giri aggrovigliati, sanno andare dietro al cane e portarsi sottovento. Sono abili ad allontanare la volpe dalla covata e utilizzano gli stessi stratagemmi anche per allontanare il cane. Avere un cane obbediente, che possiamo rilanciare riportandolo al punto di sgancio precedente, può rendere la nostra giornata… una bella giornata!
Un ausiliare perfetto
Il pointer è un ausiliare pressoché perfetto. Oltre mille anni di selezione hanno prodotto una razza che è ancora al top e che è superiore, a mio avviso, alle altre razze da ferma. Le basi della razza sono state poste nel Medioevo, probabilmente in Spagna. In quell’epoca l’attività agricola progredì in maniera significativa e ciò significò anche grandi opportunità per le popolazioni di pernici.
Pur esistendo già una distinzione tra cani da sangue e da cinghiale, e cani da piuma, è nel XIII secolo che autori italiani e tedeschi hanno redatto le prime descrizioni ufficiali di cani utilizzati specificatamente per la caccia alla piccola selvaggina, ausiliari dall’olfatto sopraffino e dalle orecchie cadenti, addestrati sulla piuma. Stando ad alcuni documenti, successivamente, nel 1387, un cane da ferma a pelo lungo (forse derivato dello spaniel) arrivò in Francia. Questo chien d’oysel potrebbe essere stato il primo antenato del pointer.
Dalla Spagna alla Francia e poi nel Regno Unito
Si presume quindi che dalla Spagna questi cani siano passati in Francia e poi nel Regno Unito. È altresì probabile che siano arrivati Oltremanica in buon numero in una sola volta, nel 1600, quando il re francese Luigi XIII fece un grosso dono al più famoso falconiere britannico della storia, Giacomo I (già Giacomo VI di Scozia). Si racconta che re Luigi inviò 16 coppie di falchi, cani da ferma, cavalli e falconieri esperti pronti a istruire Giacomo.
Si tratta di una delle versioni della storia. Secondo un altro resoconto invece, i cani per la caccia con il falco sarebbero arrivati nel Regno Unito al seguito di alti ufficiali di ritorno dal continente dopo la pace di Utrecht nel 1713. In ogni caso, intorno al 1750 in Gran Bretagna la pratica della falconeria cane era consolidata. Il punto di svolta nella selezione del pointer è stato però l’avvento delle armi da fuoco, che fece crescere la popolarità della caccia con il cane da ferma e così, in un centinaio di anni, il pointer si è trasformato nel meraviglioso ausiliare che oggi conosciamo.
A caccia di grouse nelle Highlands scozzesi
Caccio in circa 3.000 acri (1.200 ettari) nelle Scottish Highlands, a 700-800 metri di altitudine. Per raggiungere la zona c’è una sola strada sterrata che si percorre in almeno 40 minuti e che mette a dura prova gli pneumatici. Il nostro gruppo ne sacrifica mediamente uno all’anno. Le grouse non sono particolarmente abbondanti: è indispensabile avere cani buoni e ben addestrati.
Prepariamo in anticipo gli ausiliari per queste due settimane di caccia, perché il terreno è molto duro e sassoso e servono alcune settimane di allenamento su strada per far sì che i polpastrelli si induriscano. Un pointer con i polpastrelli morbidi sarebbe inutile; questi ultimi, infatti, si lesionerebbero subito e il dolore impedirebbe ai cani di correre e di partecipare all’azione e ciò sarebbe un’ulteriore tortura per il cane.
Come avrete avuto modo di comprendere, la caccia alla grouse con il falco e il cane da ferma è molto impegnativa, costosa e non necessariamente produttiva. Per questo motivo è una buona cosa praticarla con un gruppo di amici, per avere un supporto in questa caccia difficile ma incredibilmente avvincente ed emozionante, condotta su selvatici veri e in un territorio ancora autentico, degna cornice di una pratica venatoria che a buon diritto si può chiamare arte.
Onwards, il libro di David Warren
David Warren è l’autore di “Onwards”. In questo libro autobiografico e a tratti commovente, Warren racconta la sua storia di cacciatore con il falco e i cani da ferma, vissuta con i suoi amici nelle meravigliose distese di erica delle Highlands scozzesi, ripercorrendo le maglie della sottile ma fortissima rete che tiene saldamente uniti uomini, cani, falchi, prede in un unico e avvolgente destino. Si legge di lui e dei suoi compagni, si parla del valore dell’amicizia, della magia del vento che soffia sulla brughiera, della caccia; più semplicemente, si racconta della vita stessa.
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