Inviando il cosiddetto parere motivato la Commissione europea fa sapere di non considerare soddisfacente il modo in cui il governo italiano ha tentato di rispondere alle contestazioni sollevate con la procedura d’infrazione sulla caccia.
Se si resta sul piano tecnico quello inviato ieri dalla Commissione europea al governo italiano è un parere motivato; la sostanza è che le risposte ai rilievi non sono soddisfacenti, e dunque resta aperta la procedura d’infrazione sulla caccia.
Sono due gli argomenti critici: la possibilità d’autorizzare l’esecuzione dei piani di controllo che dispongono «l’uccisione o la cattura di fauna selvatica anche nelle zone, come le aree protette, e nei periodi in cui la caccia è vietata»; e la normativa sull’impiego delle munizioni in piombo nelle zone umide, «non conforme al regolamento Reach»: non è sufficiente l’ultima modifica alla legge 157/92, sulla quale il parlamento nazionale è intervenuto negli scorsi giorni.
Il governo Meloni ora ha a disposizione due mesi per rispondere «e adottare le misure necessarie»; se la situazione resterà ancora irrisolta, da metà gennaio la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
In caso di condanna l’Italia dovrà pagare una sanzione, che si compone di una penalità di mora giornaliera (per l’Italia minimo 8.505,11 euro) e di una somma forfettaria (per l’Italia minimo 7.038.000 euro); in ogni caso né la Commissione, né la Corte di giustizia e neppure il parlamento europeo possono modificare la normativa nazionale.
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