Alla scoperta del setter inglese oltre i nostri confini, tra Europa e Stati Uniti. Perché ognuno ha il suo setter.
Circa vent’anni fa, quando la caccia alla stanziale con il cane da ferma era la più praticata, una produzione televisiva realizzò un documentario sul setter inglese. Il regista, lo staff e gli autori dei testi, dopo averli inseguiti per monti e valli, e dopo aver chiacchierato con cacciatori, giudici e allevatori, si erano accorti di una cosa molto particolare. Il setter esisteva, oltre che in carne e ossa, anche come entità astratta. A conclusione del documentario veniva definito un mito. Traete le vostre conclusioni o forse già le avete tratte.
A livello mondiale il setter inglese è, tra tutti e quattro i setter, quello più utilizzato e conosciuto. L’irlandese è iconico grazie al mantello rosso che l’ha traslato di forza nei salotti, ma l’inglese, se pensiamo a diffusione, riconoscibilità a prima vista e, soprattutto, impiego pratico, svetta al primo posto, incontrastato.
Il nostro setter inglese
La situazione in Italia la conosciamo tutti. Il setter inglese è il cane da ferma più diffuso, ma la situazione è rosea solo a metà. Rispetto a una ventina di anni fa il numero dei cacciatori è sceso, così come si sono ridotti i territori di caccia per cui la razza è stata selezionata.
Per cacciare la stanziale con il setter inglese ci si deve spesso adattare a “terreni un po’ così” e a “selvatici un po’ così”. Per cacciare selvaggina buona, ci si deve dedicare alla beccaccia. I numeri tengono anche in virtù delle prove di lavoro che hanno al seguito un indotto rilevante. Da cani da prove nascono altri cani da prove e a volte si salta un passaggio, dimenticando di testare i riproduttori (e i loro prodotti) a caccia, attività cui il setter inglese dovrebbe essere destinato.
Craig Koshyk, nel suo libro Pointing dogs. Volume 2: the british and the irish breeds, ribadisce i concetti esposti e descrive i setter italiani come “piuttosto piccoli, dal pelo modesto e dall’inconfondibile movimento près de terre”. Lo stile del setter inglese di selezione italiana è unico e riconoscibile in qualsiasi luogo. I setter italiani, e i loro discendenti, corrono in tutto il mondo. E Craig, per scrivere il libro, è partito dal Canada. Poi ha trovato setter italiani in pedigree europei e americani ed è ottimista sull’evoluzione di questo “tipo” di setter.
In casa dei francesi
Ma andiamo con ordine, iniziando con il bussare alla porta dei cugini francesi. I loro setter sono molto simili ai nostri, anche se le premesse di partenza sono un po’ diverse. La Francia registra mediamente 5.000 cuccioli all’anno e non vi è una netta separazione tra i setter da lavoro e i setter da expo.
Il setter inglese è essenzialmente da lavoro con una morfologia che viene mantenuta attraverso verifiche morfologiche obbligatorie. Anche i setter francesi partecipano alle prove di lavoro, ma forse lì la razza ha un legame un po’ più saldo con i cacciatori. Tuttavia, se negli anni Novanta la percentuale stimata di sangue italiano era del 40%, nel 2012 era già salita al 70% e oggi possiamo stimarla pari all’80%.
Grande successo anche in Scandinavia
Oltre a essere molto amato in tutta l’Europa mediterranea, il setter inglese risquote grandissimo successo anche in Scandinavia. È la razza da ferma più popolare in Svezia e in Norvegia, ed è amata anche da danesi, finlandesi e islandesi.
La nazione tra queste che ne immatricola di più, 800-1.000 all’anno, è la Norvegia. Si tratta essenzialmente di cani da caccia allevati con un occhio particolare alla morfologia. Gli ambienti di caccia sono piuttosto aspri ed è indispensabile che i cani siano ben costruiti. Altre qualità ricercate sono il collegamento e la duttilità. Si cacciano, bianche, forcelli, cedroni e beccacce. Si lavora nel bosco e in montagna.
Vi è un lavoro di selezione accurato anche per quanto riguarda il carattere e l’equilibrio psichico, perché i cani vivono all’interno della casa, con la famiglia. Il club di razza, in Norvegia, è molto attivo e conta circa 3.000 soci.
Oltre che delle prime importazioni da Inghilterra e Irlanda, i cani scandinavi sono frutto di immissioni di sangue americano (dagli anni Cinquanta fino ad almeno gli anni Ottanta). Negli ultimi tempi, anche in Scandinavia, sono arrivate le linee di sangue italiane.
Sangue italiano anche Oltremanica
I setter italiani hanno invaso persino la madre patria della razza, l’Inghilterra, ma hanno avuto vita facile poiché erano rimasti pochi setter autoctoni.
Oltremanica il setter inglese è allevato principalmente per le esposizioni e in numeri talmente ridotti da essere considerato dal Kennel club come a rischio di estinzione. Gli esemplari da lavoro sono in numero ancor più ridotto e appartengono essenzialmente a tre ceppi: ceppo inglese (a volte con qualche goccia di sangue irlandese), ceppo continentale (con sangue prevalentemente italiano, misto francese), ceppo inglese incrociato con il ceppo continentale e ceppo irlandese (sangue irlandese e scandinavo; questi cani sono generalmente condotti da proprietari irlandesi).
Sangue continentale
L’importazione di sangue continentale è stata essenziale a causa della ridotta variabilità genetica del ceppo inglese. Oggi si vedono così in campo tre tipi di setter che si differenziano per taglia (i cani inglesi sono più strutturati e alti sugli arti), movimento e stile di lavoro. I cani inglesi e irlandesi sono più fluidi nella guidata, più esitanti i cani di ceppo continentale ma, se si leggono testi di cinofilia venatoria britannici, il problema della ritrosia a guidare (ricordo che pretendono che il cane guidi a comando, immediatamente e senza aiuti) è da sempre presente nella razza e indotto dall’indole più cauta e felina di questi cani. Sempre il temperamento e la loro sensibilità non li fanno ritenere, dagli inglesi, la razza più facile da addestrare.
Ai trial si vedono sia ferme erette sia ferme schiacciate, a seconda delle genealogie che stanno dietro al cane; lo stesso dicasi per i galoppi. Buona la velocità e l’ampiezza dell’azione, per quanto riguarda lo stile, dipende da che cosa si cerca. I cani con sangue continentale possono essere molto simili ai nostri per prestazione, i cani irlandesi invece possono essere diversi, ma dare vita ad azioni altrettanto spettacolari. Il setter inglese e il pointer, per lo meno nella mia esperienza personale, sono le razze che meglio interpretano le prove a pernici grigie (starne).
Setter made in Usa
Il setter inglese è stato il primo cane da ferma utilizzato negli Stati Uniti, ma la sua storia non è stata semplice e lineare. Si pensa che le prime importazioni di antenati del setter attuale risalgano addirittura al 1600, ma le importazioni regolari di setter relativamente moderni risalgono al 1800. In quei tempi i registri genealogici non erano rigorosi e non era raro che vi fossero accoppiamenti tra razze diverse.
Il setter inglese iniziò a svilupparsi in nuclei locali diventando presto richiesto dai cacciatori a cui importava soltanto di avere per le mani un buon ausiliare. Solo successivamente, verso la fine del XIX secolo, si cominciarono a organizzare le prime esposizioni e le prime prove di lavoro, e venne formalizzata la redazione dei libri genealogici.
Setter Laverack e setter Llewellin
Quello fu anche il momento in cui si cominciava a parlare di “setter Laverack”, associando i setter a uno dei padri della razza. Però, questa prassi, prese un po’ la deriva perché non tutti i setter definiti Laverack appartenevano effettivamente a quella linea di sangue e, fatto forse più grave, iniziarono a discostarsi nel tipo e nelle attitudini dal modello originale proposto da Laverack stesso. Oggi la definizione “setter Laverack” è associata ai cani allevati per le esposizioni, con tutto ciò che ne consegue in termini di morfologia e attitudini.
Un secondo ceppo veniva invece chiamato Llewellin, da Purcell Llewellin, altro padre della razza. Da sempre questo tipo di setter è associato al mondo delle prove di lavoro. Da quello che sappiamo questi cani erano più piccoli e compatti rispetto ai Laverack e con teste più piccole e corte. Il pelo era più duro e le code avevano la tendenza a essere portate alte sul dorso, come quelle di un foxhound. Tra le note fisiche e caratteriali si segnalavano intensa energia nervosa, grande velocità e propensione a cacciare per sé. Si tratta di un mix esplosivo, utile se si pensa ai field trial americani dove il cane viene seguito a cavallo, ma difficile da gestire se la caccia la si fa a piedi, magari nel bosco.
Per accontentare i cacciatori
Quanto detto resta tuttavia una generalizzazione. Gli Stati Uniti sono immensi ed è pertanto normale che si siano generati dei sottotipi anche all’interno del tipo da lavoro. Se è vero che esistono cani che allungano fino a un chilometro dal cacciatore, è anche vero che ne esistono altri assolutamente compatibili con la caccia tradizionale, con un raggio di azione di un centinaio di metri al massimo. Il cacciatore americano, al pari nostro, deve pertanto fare i compiti prima di acquistare il cane e scegliere l’allevatore con la linea di sangue più congeniale alle sue esigenze.
È proprio a partire dall’esigenza di accontentare il cacciatore tradizionale che George Ryman inizia, nei primi anni del Novecento, a sviluppare una sua linea finalizzata a questo scopo. Ryman non ha mai selezionato con le prove di lavoro o con le esposizioni in mente. La finalità della sua selezione era quella di produrre cani utili e in tipo, che ha incluso anche l’utilizzo di esemplari da esposizione.
Ryman sceglieva i riproduttori sulla base delle loro caratteristiche più che sulla base delle genealogie ed era abbondante il ricorso all’outcrossing. Qualcuno sostiene persino che abbia inserito sangue di altre razze. Sia come sia, i cani Ryman avevano una morfologia intermedia tra quella degli esemplari da show e quella degli esemplari da lavoro e venivano testati nella caccia cacciata. Piccoli nuclei di cani derivanti da questo ceppo esistono ancora e si trovano generalmente nel nord-est degli Stati Uniti, in mano a cacciatori appassionati.
Numeri in calo
Dopo questa breve carrellata sulla storia dei tipi di setter inglese presenti negli Stati Uniti, va fatto il punto sulla situazione attuale della razza nel nuovo mondo, escludendo dal bilancio il mondo delle esposizioni.
Per prima cosa va detto che, se parliamo di field trial tradizionali, corsi in terreno aperto e seguiti a cavallo, il setter inglese partecipa con ottimi risultati, ma è numericamente surclassato dal pointer. Esistono poi i cover trial che sono prove più vicine alla caccia, che vedono protagoniste la beccaccia e la ruffed grouse. Quest’ultimo tipo di prove riscuote un buon successo tra i cacciatori che, tuttavia, sono in declino numerico.
Per certi aspetti gli americani non stanno né meglio, né peggio di noi. I numeri dei cacciatori sono in calo, i numeri della razza sono in calo e il sistema di allevamento è cambiato. I grandi allevamenti di impronta zootecnica con decine, se non centinaia, di cani presenti stanno scomparendo, lasciando il posto a piccoli allevamenti amatoriali, con i loro pro e i loro contro.
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