Da qualche giorno la raccolta delle firme online per i referendum sulla caccia e sull’articolo 842 del codice civile s’è spostata sulla nuova piattaforma del ministero della Giustizia.
Ci avevano provato anche un anno fa, e si sa come andò; stavolta però la mossa è più insidiosa, perché dal portale dei comitati promotori la raccolta online delle firme per i referendum sulla caccia e sull’articolo 842 del codice civile, quello che consente l’accesso dei cacciatori ai fondi privati, si sposta sulla nuova piattaforma del ministero della Giustizia, attivata nei giorni scorsi dal decreto della presidenza del consiglio (l’ha firmato il sottosegretario Alfredo Mantovano; ci si autentica con Spid, carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi – la tessera sanitaria).
Col primo quesito le associazioni Rispetto per tutti gli animali e Associazione irriducibili liberazione animale intendono «rendere illegale la pratica della caccia, crudele e inquinante, ormai obsoleta, non più significativa per l’esistenza dell’essere umano» intervenendo non sulla legge 157/92, ma sull’articolo 19-ter, in vigore da vent’anni, delle Disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale (nell’impianto originario risalgono al 1931: in calce si leggono le firme di Vittorio Emanuele III, di Benito Mussolini e di Alfredo Rocco, all’epoca ministro Guardasigilli): l’obiettivo è eliminare la caccia dall’elenco delle materie in cui non si applicano le sanzioni per i delitti contro il sentimento degli animali (titolo IX-bis del II libro del codice penale).
Con l’altro quesito si vuole abrogare l’articolo 842 del codice civile sull’accesso dei cacciatori ai fondi privati, il fondamento della caccia sociale in Italia.
Al momento le firme certificate online sono pochine, rispettivamente poco più di quattromila e meno di duemila; dovranno essere sommate a quelle raccolte sui moduli cartacei nei banchetti e nei gazebo (di mezzo c’è l’estate, tre i mesi a disposizione: auguri).
La piattaforma comunque sta funzionando: sostenuto dalle principali forze d’opposizione, in metà settimana il referendum sull’autonomia differenziata delle Regioni ha già raccolto più di 150.000 firme.
Il referendum abrogativo in Italia
Perché il presidente della Repubblica indica la consultazione c’è bisogno di cinquecentomila firme valide e di un doppio controllo (Ufficio centrale della Cassazione, Consulta); a differenza di quello costituzionale, perché un referendum abrogativo sia valido è necessario raggiungere il quorum dei votanti, che l’articolo 75 della Costituzione individua nella maggioranza degli elettori.
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