A nome del governo il sottosegretario Luigi D’Eramo ha espresso parere favorevole all’ordine del giorno Bruzzone sulla riforma della legge sulla caccia.
Non c’è stato bisogno di votare: nel corso dell’ultima seduta alla Camera il governo Meloni s’è detto favorevole all’ordine del giorno con cui il leghista Francesco Bruzzone (non aveva preso bene la richiesta di ritirare gli emendamenti al decreto agricoltura; con lui hanno firmato Mirco Carloni, Attilio Pierro e Davide Bergamini) ha inteso impegnarlo a procedere alla riforma della legge sulla caccia, che dopo trentadue anni dall’approvazione «necessita di un aggiornamento».
Sono cinque i punti sui quali il governo s’è impegnato a intervenire: dare certezza alla caccia programmata, mettendo i calendari venatori regionali al riparo dai ricorsi; eliminare l’esclusività delle forme di caccia (vagante in zona Alpi; da appostamento fisso; tutte le altre); rendere valide su tutto il territorio nazionale le abilitazioni per la caccia di selezione; aggiornare i vincoli di protezione nei pressi dei valichi montani; recepire gli orientamenti della Corte di Cassazione (sulla questione s’era già espresso il ministro Lollobrigida, ma la risposta all’interrogazione non ha poi avuto effetti pratici) sullo status giuridico dei richiami vivi d’allevamento.
È un ordine del giorno, quindi un atto d’indirizzo che impegna il governo solo politicamente, non legalmente; occorrerà dunque seguire con attenzione gli sviluppi della vicenda. Le prossime mosse (davvero il governo si farà carico della riforma? Con un disegno di legge, come gli chiede l’Enalcaccia? O con un decreto?) potrebbero esser sufficienti a delineare l’intero scenario.
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