Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu, Lega per la difesa del cane e Wwf hanno scritto alle Regioni invitandole a non consentire la caccia alla tortora nella stagione 2024/2025.
È molto probabile che sarà l’argomento su cui verteranno gran parte delle prossime controversie: in una manciata di giorni sono già due le situazioni in cui la caccia alla tortora s’è presa la scena. Alla discussione politica in Emilia Romagna segue infatti un secondo round: sulla scia delle indicazioni della Commissione europea, che ne ha rilevato il declino, e della lettera del ministero dell’Ambiente, Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu, Lega per la difesa del cane e Wwf hanno inviato una diffida formale alle Regioni, invitandole a non inserire la specie tra quelle cacciabili nella stagione 2024/2025.
«È preciso dovere delle Regioni» si legge nella nota d’accompagnamento «anteporre la conservazione della natura, [tema] d’interesse generale, alle richieste di una risicata categoria autoreferenziale di privati». Per ambientalisti e animalisti quello delle associazioni venatorie, che chiedono di tenere aperta la caccia anche a specie a rischio conservazione, è «un atteggiamento autolesionista»; ma in Italia quando si tratta di caccia «gli interessi e i giochi di potere sono più importanti della conservazione della biodiversità».
Più di tutto però gli ambientalisti e gli animalisti temono gli emendamenti della Lega al ddl che converte il decreto agricoltura: se il parlamento lo userà per velocizzare l’approvazione della proposta a prima firma Bruzzone che intende spostare i calendari da un atto della giunta a una legge regionale, verrà meno («un bavaglio giudiziario») la possibilità di impugnare i calendari venatori; i cittadini perderanno dunque «uno strumento essenziale per garantire il rispetto della normativa ed evitare che si compiano attività dannose dagli effetti irreversibili».
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