Prove Sant’Uberto: una risorsa per la caccia e per la cinofilia

Prove Sant’Uberto una risorsa per la caccia e per la cinofilia

Caccia e cinofilia spesso si sviluppano in parallelo. Fanno eccezione poche iniziative in cui queste due passioni si fondono, in primis le prove Sant’Uberto.

Le prove Sant’Uberto (le prove cane e cacciatore per intenderci) sono organizzate dalle associazioni venatorie di tutto il mondo. Sono trasversali e, con un po’ di dedizione, sono quasi alla portata di tutti. Chiunque può iniziare con la garetta dietro casa e poi stare a vedere che cosa succede. Ci sono finali provinciali, regionali, nazionali, così si inizia e si cresce.

Per partecipare con successo alle prove Sant’Uberto non occorre possedere un trialer, basta un buon cane da caccia e una discreta dose di buonsenso. Occorre un lavoro di squadra: nessun cane eccellente può compensare il comportamento di un cacciatore scarso.

Si vince e si perde insieme

Cane e cacciatore: la e che lega queste due parole riassume il senso della prova. Non è una disciplina pensata per valutare solo il cane. Il senso di questa manifestazione è dare un giudizio sull’azione venatoria nel suo insieme. Se andiamo a caccia con il cane da ferma o da cerca, l’azione di caccia è svolta dal cane, dal cacciatore e, se siamo fortunati, dal selvatico che compare sulla scena.

Le prove Sant’Uberto compattano l’azione venatoria in 15 minuti. Abbiamo la cerca, la ferma (l’individuazione del selvatico per gli spaniel), lo sparo e, se tutto va bene, il recupero e il riporto. Il cane cerca, trova, recupera e riporta, il cacciatore conduce e abbatte l’animale sotto gli occhi attenti dei giudici che valutano anche il collegamento e l’intesa tra cane e conduttore.

Il cane può ottenere un punteggio che va da 0 a 30 punti: 15 punti sono riservati al dressaggio e 15 alle qualità naturali. Ne consegue che, sebbene l’azione del cane debba essere finalizzata all’efficacia, la qualità estetica dell’azione non può che alzare il punteggio.

Serve qualità estetica

Con qualità estetica si intende lo stile di lavoro del cane (movimento, approccio al selvatico e ferma in tipicità di razza), ma anche la pulizia dell’azione e, importantissima, l’intesa con il conduttore. Un’azione pulita è quella in cui il cane trova il selvatico senza pasticciare, ne permette l’abbattimento e chiude poi il cerchio senza avere esitazioni nelle fasi di recupero e di riporto.

I conduttori più raffinati insegnano al cane anche il fermo al frullo, allo sparo e alla caduta del selvatico, ai quali segue un riporto a comando. Orpelli? No, casomai arricchimenti utili anche a caccia: il cane che resta immobile durante la caduta del selvatico ha maggiori possibilità di marcarlo correttamente, ritrovandolo poi senza fatica.

Va in proposito ricordato che il mancato recupero di un animale abbattuto viene penalizzato con la detrazione di 10 punti e questo per insegnare al cacciatore che si deve prelevare il selvatico solo se si è certi di poterlo recuperare.

Nelle prove  Sant’Uberto ci si aspetta che il cacciatore si presenti al giudice in maniera educata ed completa, accompagnandosi al giusto fucile, alle cartucce appropriate e indossando un abbigliamento idoneo. L’abbigliamento adatto è quello giusto per andare a caccia, comodo, pratico ed efficiente. Si può optare per tessuti tradizionali come il velluto o il fustagno, oppure privilegiare i materiali tecnici, basta rimanere sui colori del bosco, con punte di arancione per garantire la visibilità. Arrivati davanti al giudice, i cacciatori si devono presentare raccontandosi in poche parole, descrivendo anche il tipo di caccia praticato e il loro cane (nome, razza, sesso, età).

Alle prove Sant’Uberto si va col fucile

Per quanto riguarda il fucile, la scelta è personale. Qualsiasi fucile utilizzabile legalmente a caccia di piccola selvaggina va bene, ma come calibro è meglio portare quello che si porta a caccia; è controproducente presentarsi con il calibro 36, a meno che non si sia eccellenti tiratori.

In queste prove è è inoltre teoricamente più saggio prediligere l’utilizzo di doppiette e sovrapposti rispetto ai semiautomatici. Il motivo è molto semplice. Le caratteristiche tecniche dell’automatico rendono difficoltosa la raccolta dei bossoli che è, invece, importante in queste manifestazioni. Occorre infatti ricordare che le motivazioni di fondo delle prove Sant’Uberto sono la valutazione dell’abilità del binomio e dell’educazione venatoria del cacciatore.

Il concorrente deve comportarsi come un cacciatore esemplare. Deve essere educato, corretto, rispettoso delle regole e pulito, quindi non lascia in giro i bossoli. Quali cartucce portare in prova? Che il buonsenso faccia da guida facendo evitare eccessi e carenze.

Il momento dello sgancio

Terminata la presentazione, occorre espletare ancora una piccola formalità, ossia far finta di segnare la giornata sul tesserino. A questo punto prende il via l’azione. Si sgancia il cane e si spera che trovi il selvatico in modo che lo si possa abbattere.

Il cacciatore deve mostrarsi abile e sicuro nel maneggio dell’arma. Un abbattimento sarà sempre da preferirsi a un ferimento, così come sarà preferibile che il cacciatore decida di non sparare nel caso la sua fucilata rappresenti un pericolo.

L’attenzione alla sicurezza, pretesa durante queste gare, è senz’altro un punto positivo. I concorrenti imparano ad approcciare il selvatico con razionalità e sangue freddo. Se questa cosa la sapessero fare tutti durante tutte le uscite venatorie, è molto probabile che il numero degli incidenti di caccia calerebbe drasticamente.

I punti attribuibili al cacciatore sono in totale 50 e sono così distribuiti:

  • correttezza ed educazione venatoria massimo 15 punti;
  • sicurezza e abilità massimo 20 punti;
  • sportività massimo 15 punti.

L’azione sul selvatico viene valutata al massimo con 20 punti:

  • 10 punti per ogni animale abbattuto, ridotti a cinque se prelevato con la seconda canna;
  • se un animale viene mancato, vengono tolti cinque punti;
  • se un animale non viene recuperato e riportato dal cane, vengono sottratti 10 punti.

Gli animali a disposizione sono due per concorrente. I punti attribuibili al cane, come detto, vanno da 0 a 30.

Alla ricerca dell’azione ideale

Alle prove Sant’Uberto si fa quello che si dovrebbe fare a caccia, con un occhio di riguardo alle regole della buona condotta venatoria. Le manifestazioni strutturate in questa maniera possono pertanto contribuire ad accrescere la cultura venatoria di coloro che cacciano con il cane da ferma. Mettersi in gioco fa bene ai giovani freschi di licenza, ma anche ai cacciatori navigati cui un ripasso delle norme della buona condotta non fa certo male.

Abbiamo sottolineato che qualsiasi cane e qualsiasi conduttore possono partecipare alle prove Sant’Uberto poiché non si richiedono qualità particolari. Ma attenzione, se si vuole arrivare ai vertici delle graduatorie sono i dettagli a fare la differenza. Le note positive, infatti, sono quelle che conducono in cima alla classifica:

  • abbattere il selvatico di prima canna porta a un punteggio,
  • raggiungerlo con la seconda a un altro;
  • educazione, ordine e sportività premiano;
  • arroganza e impeto sono controproducenti.

Il comportamento, l’abilità al tiro e il temperamento del concorrente influenzano buona parte della valutazione.Alla stessa stregua, anche le capacità e le esperienze maturate dall’ausiliare alzano e abbassano i punteggi.

I cani migliori

Verrebbe da chiedersi se esiste un cane ideale per le Sant’Uberto o se, addirittura, sia meglio orientarsi sull’una o sull’altra razza. Ho assistito a manifestazioni di vario livello (da quelle organizzate dalle associazioni locali fino a una finale del campionato italiano) e in queste occasioni ho visto gareggiare esemplari delle più comuni razze da ferma e da cerca. Hanno corso setter, pointer, breton, drahthaar, spinoni, springer e cocker. Forse ho notato una lieve prevalenza numerica dei continentali e una recente ascesa degli spaniel, ma si tratta di un dato che può variare da zona a zona e da gara a gara.

Non è mai stata la razza, tuttavia, a fare alzare o abbassare il punteggio. Ogni razza ha punti di forza e punti di debolezza, e i migliori risultati li ottengono quei conduttori che, conoscendo bene il proprio cane, sanno sfruttare le qualità dell’ausiliare minimizzandone i difetti. I migliori punteggi, insomma, li strappano i binomi più affiatati.

È fondamentale, in primo luogo, che il cane maturi esperienze di caccia vera. Se si intende partecipare a questo tipo di manifestazioni bisogna essere pronti ad accettare terreni e selvatici tra i più vari. Un cane e un conduttore abituati a lavorare insieme e a risolvere i problemi che si riscontrano durante le uscite a caccia hanno più possibilità. Quando si scioglie il cane, per esempio, in base al terreno e alla vegetazione, cane e conduttore esperti sapranno meglio come impostare il turno.

L’esecuzione del riporto è importante

Altri punti si guadagnano con l’addestramento. Un cane pronto a obbedire agli ordini del conduttore e felice di farlo non lascia i giudici indifferenti. Al cane è essenzialmente chiesto di trovare il selvatico, di fermarlo e poi di riportarlo correttamente. Sulle fasi di cerca e ferma l’addestramento ha un potere limitato. Il cane può imparare a stare sul vento e il conduttore può impostare un percorso, ma movimento, presa di punto, ferma sono essenzialmente legati alle qualità naturali.

Il conduttore-addestratore (solitamente chi conduce il cane in queste prove ne è anche il proprietario, nonché l’addestratore) può però migliorare il comportamento del cane nella fase che segue lo sparo. Nelle prove cane e cacciatore non è richiesto il fermo al frullo (ma ciò non toglie che questo non possa essere apprezzato), mentre è molto importante l’esecuzione del riporto.

Un cane abituato a cacciare sul serio sarà avvantaggiato nella fase del recupero, avendo affinato l’abilità di reperire il selvatico abbattuto (o, peggio, ferito) dovunque sia caduto. La capacità di recuperare è importantissima. Del resto senza recupero non può esserci riporto. Ovviamente c’è modo e modo di eseguire un riporto e un selvatico riportato alla mano piacerà di più ai giudici rispetto a un selvatico lasciato in qualche modo nei pressi degli scarponi.

Va qui aperta una piccola parentesi sui cani da cerca. Questi non fermano, ma cerca, recupero, riporto e obbedienza alle indicazioni del conduttore vengono valutati con lo stesso metro di giudizio riservato ai fermatori.

Sempre più cinofili

I cambiamenti imposti alla caccia dalle condizioni attuali impongono anche al cacciatore di cambiare. La caccia con il cane non può più essere intesa come finalizzata al carniere. Se si caccia in un Atc e si rispettano le regole, è piuttosto improbabile tornarsene a casa con la cacciatora gonfia.

Chi caccia con il cane si trova a un bivio. Se svolta può andare verso un’altra forma di caccia, se tira dritto continua a cacciare così come ha sempre fatto, dimenticandosi però del carniere. La caccia con il cane oggi è fatta per il piacere di confrontarsi con il territorio e con la preda, e per il piacere di lavorare con il proprio cane.

Le prove cane e cacciatore, in questo senso, sono sia un banco di prova, sia una spinta a diventare sempre più cinofili, nell’accezione originaria del termine. Il cacciatore può migliorarsi attraverso queste manifestazioni poiché gli viene imposto il confronto con altri colleghi e proprio il confronto, unito al giudizio dei giudici, non può che spingere a migliorarsi.

Educazione venatoria: il focus delle prove Sant’Uberto

Se le Sant’Uberto sono un’opportunità attraverso cui divulgare la cultura cinofila, lo sono anche per divulgare la cultura venatoria. L’opinione pubblica ha una visione distorta della caccia e dei cacciatori, e ci troviamo in questa situazione per tre motivi:

  • gli animalisti sono stati molto più bravi di noi a promuovere il loro punto di vista;
  • noi cacciatori ci siamo impegnati troppo poco in questo senso;
  • esistono ancora tra le nostre fila individui che per un motivo o per l’altro (cattiva gestione del cane, mancato rispetto delle regole e delle norme di sicurezza) ci fanno una pessima pubblicità.

Il cacciatore oggi, se vuole continuare praticare la sua passione, deve comportarsi in maniera impeccabile al fine di trasmettere un messaggio positivo. Il saper maneggiare le armi in sicurezza, il dimostrare la capacità di rispettare le regole e l’aggirarsi per le campagne accompagnato da un cane ben educato, felice e che lo guarda con occhi adoranti sono il nostro migliore biglietto da visita.

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