Il Tar delle Marche ha deciso che in alcune circostanze è lecito costituire un solo Atc per provincia.
Anche se l’articolo 14 della legge quadro sulla caccia impone dimensioni subprovinciali, per le province di minor estensione e popolazione «non appare in contrasto con la normativa nazionale la previsione di costituire un solo Atc per provincia»; la discriminante è «la valorizzazione delle caratteristiche di omogeneità naturalistica dei territori in cui s’esercita la caccia».
Il Tar delle Marche motiva così la decisione (sentenza 171/2024, seconda sezione: è la stessa che ha definito la braccata una tecnica non adeguata alle operazioni di controllo faunistico) con cui ha respinto il ricorso di Wwf, Lac, Lupus in fabula, Lipu, Enpa e Lav sul piano faunistico-venatorio regionale. Le province sotto indagine erano due, Fermo e Ascoli Piceno: peraltro nascono da una scissione relativamente recente.
Non era l’unico rilievo; ma il Tar (al ricorso s’erano opposti Atc Ancona 2, Federcaccia, Libera Caccia, Arcicaccia ed Enalcaccia) ha respinto anche tutti gli altri.
Sono infatti inammissibili le contestazioni sul mancato divieto di caccia sui valichi montani e nelle zone boscate percorse da incendi, sulla caccia al moriglione e alla pavoncella in assenza di pianificazione adeguata e sulla concessione di deroghe quinquennali per la caccia a storno, piccione e tortora dal collare; a stabilire in concreto come ogni anno s’attuino le disposizioni del piano faunistico-venatorio sono infatti i calendari venatori, che dunque avrebbero dovuto essere impugnati in contemporanea.
Peraltro dal Tar s’apprende che pende ancora un ricorso datato 2023 su quanto il calendario venatorio delle Marche prevede sul divieto di caccia in prossimità dei valichi montani e nei boschi percorsi da incendi.
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