«Pur consapevole della presenza d’un diverso avviso giurisprudenziale», il Tar della Sicilia ha deciso che, per orientare la predisposizione dei prossimi, sia opportuno esprimersi sugli effetti d’un calendario venatorio non più efficace.
Se si sta a quanto dice il Tar (sentenza 388/2024) nel prossimo calendario venatorio della Sicilia saranno una manciata le specie cacciabili a settembre, oltre al cinghiale ed eventualmente al coniglio selvatico (ma sarà necessario un adeguato piano di monitoraggio accompagnato dai relativi censimenti), soltanto il merlo e la tortora, dalla terza domenica, e il colombaccio, la gazza e la ghiandaia, anche eventualmente in preapertura ma soltanto in giornate prestabilite, e tutte soltanto da appostamento.
Non è infatti convincente l’argomentazione con cui la giunta regionale s’è discostata dal parere Ispra relativo al calendario 2022/2023, quello oggetto del ricorso di Wwf, Legambiente, Lipu, Enpa, Lndc e Lac: aprire la caccia nella prima metà di settembre «determina infatti un’estensione della stagione venatoria in una regione in cui il controllo del bracconaggio è ancora insufficiente»; in questo modo si mettono a rischio «specie protette o particolarmente protette, che migrano in quel periodo concentrandosi lungo le direttrici che passano attraverso l’isola».
Per il Tar inoltre non sarà possibile far durare fino al 31 gennaio la stagione di caccia a turdidi (cesena, tordo bottaccio, tordo sassello) e uccelli acquatici (anatidi, limicoli, rallidi): la chiusura dev’essere anticipata rispettivamente al 10 e al 20 gennaio; al contrario, si può far arrivare a fine mese la stagione di caccia alla beccaccia. Allo stesso modo, esclusa la preapertura, non si registrano problemi sulla caccia alla tortora con carniere ridotto, né sull’impiego delle starne per i ripopolamenti nelle aziende agrituristico-venatorie né infine per l’addestramento cani già per una settimana nell’ultima decade d’agosto.
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