Dove è stata riscontrata l’assenza (o quasi) della volpe, la lepre ha fatto registrare densità elevate e incrementi sostanziali, perfino là dove anche l’intensificazione dell’agricoltura ha svolto un ruolo negativo nei confronti delle lepri.
La storia ha inizio verso la metà degli anni Settanta nell’isola di Ven, tra la Svezia e la Danimarca. Un’isola di 7,6 km2, come dire 7.600 ettari, che si caratterizzano per la presenza di aree agricole, coltivate all’epoca in prevalenza a frumento, colza e segale, con piccole superfici di pascoli, prati e boschi cedui. Ma dal punto di vista faunistico, la cosa più interessante era che quel lembo di terra, fatta eccezione per qualche gatto domestico e una piccola popolazione di cornacchie, era completamente sprovvisto di animali predatori. In particolare non c’erano volpi.
In compenso vi era una consistente popolazioni di lepre europea, con densità che oscillavano all’incirca tra le 73,3 lepri per 100 ettari in primavera e le 162,6 lepri per 100 ettari in autunno. Quindi con un incremento medio annuo di circa il 110%. Inoltre, in autunno, questa popolazione si caratterizzava per una netta predominanza di giovani, di età inferiore a un anno, inequivocabile segno di un’elevata sopravvivenza dei leprotti.
Il confronto
Il ricercatore svedese che condusse questo studio (Frylestam, 1979) ebbe modo di confrontare la popolazione di lepri dell’isola di Ven con due popolazioni di lepri della Svezia continentale. Una presente in un’area agricola simile a quella dell’isola e l’altra in un’area occupata in prevalenza da pascoli.
Ambedue le popolazioni mostrarono una presenza di lepri assai più contenuta rispetto a quella di Ven. La prima, quella agricola, con densità medie primaverili di circa 45,0 lepri per 100 ettari e di 59,0 lepri per 100 ettari in autunno, con un incremento medio annuo di circa il 31%. La seconda, quella pascolativa, con densità medie primaverili di 14,3 lepri per 100 ettari e autunnali di 18,7 lepri per 100 ettari, con un incremento medio annuo di circa il 30%.
Entrambe le popolazioni continentali, diversamente da quella isolana, avevano a che fare con un consistente numero di predatori, tra i quali ovviamente le volpi. La mortalità dei leprotti che oscillava nelle due aree della terra ferma intorno al 70-80%, nella popolazione dell’isola era viceversa molto più bassa, inferiore mediamente al 50%.
In conclusione, per Frylestam, nonostante il drastico calo delle aree di alimentazione che si verificava in estate nell’isola di Ven, questa popolazione godeva di tre enormi vantaggi: la totale assenza della predazione esercitata dalle volpi nei confronti dei leprotti, la ridotta mortalità provocata dal traffico automobilistico e l’impossibilità per i giovani di irradiarsi al di fuori dell’isola.
Lepre e volpe: sempre in Svezia
La storia prosegue rimanendo per il momento in Svezia. Qui, negli anni Settanta, si manifestò nelle volpi un’epizoozia di rogna sarcoptica, una malattia provocata da un acaro che induce alla morte. Nel giro di un decennio questa malattia si diffuse a macchia d’olio in tutta la Svezia, comportando una riduzione di circa il 70% dei carnieri di volpi. Tuttavia, agli inizi degli anni Novanta, una volta cessata la malattia, la presenza delle volpi tornò ai livelli precedenti alla diffusione della rogna (Lindström et al.,1994).
In concomitanza con la diffusione della rogna, nel periodo compreso tra il 1982 e il 1992, mentre il numero delle volpi abbattute precipitò a livelli infimi, i carnieri delle lepri di montagna si impennarono raggiungendo livelli stratosferici. Non solo. Nel corso di un periodo di ben 19 anni, oltre a quelli della lepre di montagna, anche gli indici della lepre europea, del fagiano di monte, del francolino e del gallo cedrone mostrarono lo stesso andazzo. Bassi quando le volpi erano sane, elevati quando le volpi furono attaccate dalla malattia.
Sulla scorta di questi dati, i ricercatori svedesi conclusero che il naturale esperimento causato dall’epizoozia della rogna aveva rivelato come la predazione della volpe fosse un fattore cruciale per i livelli di presenza della piccola selvaggina stanziale.
Da Ven a Bornholm
Ironia della sorte, la storia si dipana sull’isola danese di Bornholm, assurta recentemente agli onori della cronaca perché prossima ai gasdotti sottomarini fatti saltare in aria. In uno studio (Schmidt et al., 2004) condotto in 11 distretti della Danimarca, lungo un arco di ben 45 anni, tra il 1955 e il 2000, i carnieri di lepre risultarono ovunque in netta diminuzione salvo che nell’isola di Bornholm. Qui la popolazione di lepre europea, sebbene fosse diminuita fino alla fine degli anni Ottanta, da allora in poi era aumentata notevolmente fino a raggiungere un livello addirittura superiore a quello del 1955.
Analizzando i dati che coprivano quasi mezzo secolo, gli autori danesi giunsero alla conclusione che il drammatico declino della lepre in Danimarca fosse da attribuirsi principalmente all’effetto negativo prodotto dalla predazione della volpe e in secondo luogo dai cambiamenti avvenuti nelle colture agricole praticate in Danimarca. In questo Paese, infatti, l’area di produzione dei cereali a semina autunnale era drasticamente aumentata nel corso del XX secolo e queste colture erano diventate dominanti all’inizio degli anni Novanta.
Problemi di alimtazione
Le lepri, come noto, si nutrono di cereali come il frumento durante l’inverno, quando sono ancora in erba, ma non in primavera e in estate, quando mano che crescono e maturano diventano immangiabili per le lepri. Di conseguenza, la grande diffusione dei cereali autunno-vernini comportò per le lepri una drammatica scarsità di cibo durante il periodo primaverile ed estivo, dal momento che al termine della mietitura veniva praticata anche una rapida aratura di queste vaste superfici.
Nonostante ciò, il fattore più importante per le lepri risultò essere il numero di volpi. Questa relazione fu resa particolarmente evidente dal contrasto tra il declino delle lepri in dieci distretti e il netto incremento registratosi al contrario, a partire dalla fine degli anni Ottanta, nella popolazione di lepri presente sull’isola di Bornholm. Che cosa aveva provocato questo drastica inversione di tendenza? All’interno dell’isola, dove si era comunque registrata al pari degli altri distretti una fase di declino delle lepri, alla fine degli anni Ottanta era esplosa una devastante epizoozia di rogna sarcoptica che aveva azzerato la popolazione di volpi presente. Ed anche in questo studio risultò come le lepri giovani avessero sofferto della predazione più delle lepri adulte.
Più volpi meno lepri
A questo punto la storia si trasferisce in Germania. In uno studio condotto in questo paese (Knauer et al., 2010), volto a valutare l’impatto della predazione della volpe sulla lepre utilizzando i dati dei carnieri annuali di caccia di otto Stati federati tedeschi per un periodo di ben 41 anni, tra il 1958 e il 1998, le popolazioni di volpi mostrarono ovunque un significativo rapporto negativo con le popolazioni di lepri.
In questo caso, i ricercatori tedeschi misero in risalto come, a partire dal 1985, fosse stata intrapresa una vasta campagna di vaccinazione delle volpi contro il virus della rabbia e come questo intervento sanitario avesse portato a una drastica riduzione dell’elevata mortalità delle volpi provocata fino ad allora da questa malattia. Questo fenomeno si era riflesso in un vertiginoso incremento in tutti gli otto Stati del numero delle volpi abbattute.
Proseguendo, la storia si conclude ai nostri giorni in Serbia, nella regione della Vojvodina. Qui è stato portato avanti uno studio (Ponjiger et al., 2019) per determinare l’impatto delle volpi sulla locale popolazione di lepri e per confrontare il rapporto tra queste due specie prima e dopo la realizzazione, anche in questo caso, di una campagna di vaccinazione delle volpi nei confronti della rabbia avvenuta nel 2010. Il periodo preso in considerazione in questo studio è andato dal 1978 al 2015 e la vaccinazione delle volpi, secondo i ricercatori serbi, ha avuto un’influenza negativa sulle lepri.
Lepre e volpe in Vojvodina
Tra il 1978 e il 2010, erano state censite in media ogni anno, in primavera prima dell’inizio della riproduzione, circa 250.000 lepri, ma dal 2010 in poi è iniziato un evidente declino della popolazione di lepri che ha toccato il suo minimo storico nel 2014, con il censimento primaverile di solo circa 155.000 lepri. Sebbene non siano disponibili dati ufficiali, i rapporti provenienti dalla maggior parte dei territori di caccia della Vojvodina segnalano ovunque un drastico aumento delle volpi dopo il 2010, mentre il prelievo delle volpi è rimasto costante a causa dello scarso interesse per la caccia ai predatori dimostrato dai locali cacciatori, in progressiva diminuzione negli ultimi dieci anni anche in Serbia.
Concludendo, la storia può dunque per il momento fermarsi a queste semplici constatazioni. È indubbio che la vaccinazione antirabbica sia stata riconosciuta come un fattore importante nell’aumento delle volpi e come questo incremento abbia avuto un effetto negativo sulle lepri.
Allo stesso tempo, è altrettanto fuori discussione che dove sia stata riscontrata un’assenza di volpi, o una loro forte riduzione a causa della rogna sarcoptica, le popolazioni di lepre hanno fatto registrare densità elevate e incrementi sostanziali. Perfino là dove anche l’intensificazione dell’agricoltura ha comunque svolto un ruolo negativo nei confronti delle lepri. Senza contare che queste eccellenti situazioni hanno coinciso con una accentuata riduzione della mortalità dei leprotti.
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