Uno scenario esclusivo: il test della carabina semiautomatica Browning Bar 4X Elite calibro .30-06 si svolge a caccia di cinghiali e cervi nell’esclusiva tenuta di Beaumont le Roger, nel sud della Normandia.
Ho avuto la possibilità di mettere alla prova la nuova carabina semiautomatica Browning Bar 4X in tre contesti differenti: prima al poligono, poi allo shooting cinema e infine in occasione della battuta di caccia organizzata da Browning nella splendida foresta di Beaumont le Roger, in Normandia, a caccia di cinghiali e cervi. Nei diversi test ho messo alla prova numerosi allestimenti dell’arma, tutti camerati in calibro .30-06 Springfield, per il quale Browning ha scelto la lunghezza di canna di 530 millimetri.
Browning Bar 4X: il test in poligono
Ho innanzitutto provato l’arma nel poligono militare della Fabrique nationale de Herstal a Zutendaal, nelle Fiandre; in quell’occasione ho testato la sua precisione sulla distanza di 100 metri, constatando un significativo miglioramento rispetto alle versioni precedenti. È proprio questo uno dei punti su cui Browning si è concentrata maggiormente, lavorando proprio su quello che è mediamente considerato un punto debole delle carabine semiautomatiche, ritenute meno precise rispetto ad altre piattaforme. Per ottenere questo risultato Browning ha lavorato principalmente sulla carcassa, che è sempre realizzata in lega leggera ma più robusta e rigida.
Sono stati aumentati gli spessori anche in corrispondenza dell’accoppiamento con la calciatura, che è considerato uno dei punti di maggior fragilità; allo stesso tempo le forme sono state arrotondate, in modo che l’insieme non risultasse troppo mastodontico. Sparando cartucce Winchester Extreme point con palla di 150 grani ho ottenuto con facilità rosate inferiori al minuto d’angolo a 100 metri, un risultato più che sufficiente per un’arma destinata al tiro in battuta.
Browning Bar 4X: il test nello shooting cinema
Ho poi provato la Browning Bar 4X in una condizione di tiro un po’ differente, approfittando dello shooting cinema annesso all’armeria Riffaut di Orbec, una cittadina a sud di Caen, in Normandia. La manipolazione dell’arma in un contesto di simulazione venatoria è molto utile, soprattutto quando si pianifica di affrontare una battuta di caccia con una carabina nuova. Tra i numerosi esemplari di Bar in configurazioni differenti ne ho scelta una costruita a partire dalla base Elite, caratterizzata da una carcassa anodizzata nera con leggera incisione a volute e con il logo Browning inciso a laser, di colore bianco. Il kit calciatura in dotazione era quello di tipo bavarese, in noce di grado 3, con calcio a dorso di cinghiale caratterizzato da lenght of pull di 360 millimetri e deviazione destrorsa.
La carabina era priva di mire metalliche, ma corredata d’un cannocchiale da battuta Kite B6 1-6×24 (avete letto invece il test dell’allestimento 2-12x50i?) montato sopra la carcassa. Mi sono cimentato in numerosi scenari dello shooting cinema, acquisendo sempre maggiore confidenza con l’arma e perfezionando sempre di più il tiro. Il feeling è il medesimo che si ottiene con la Mk3, così come la posizione e la tipologia dei comandi; perciò per chi fosse abituato all’impiego di una versione precedente della Bar le differenze sono ben poche.
Meccanica confermata
Riconfermato ovviamente il vincente impianto meccanico; la presa di gas è dotata di un grano regolabile che consente l’utilizzo dell’arma anche in combinazione con un moderatore di suono, operazione, però, che è bene lasciare eseguire a un armiere qualificato. Il calibro era sempre il .30-06 e le cartucce impiegate sempre le Winchester Extreme point con palla di 150 grani; tuttavia, a causa della legislazione francese, la carabina era dotata di caricatore con capacità di due sole cartucce e incernierato alla parte anteriore della carcassa, non completamente staccabile. Non è stato quindi possibile effettuare la sostituzione del caricatore; premendo il tasto di sgancio, collocato davanti al ponticello, il caricatore basculava, rimanendo vincolato alla carcassa nella sua estremità anteriore.
Sicurezza assoluta
Per un maneggio a caccia in totale sicurezza, tutte le versioni della Bar 4X sono dotate di sistema hand cocking costituito da un cursore sul dorso della carcassa che consente di distendere la molla del percussore, rendendo impossibile lo sparo anche in caso di caduta accidentale.
Già presente su alcune versioni della Mk3, la leva dell’hand cocking, è stata però allargata per fornire una superficie di appoggio più ampia per il pollice; la corsa è invece stata ridotta da 20 a 15 millimetri, per consentire un azionamento più istintivo e più semplice anche per chi ha mani piccole.
Nel corso della giornata sono riuscito a sparare oltre un centinaio di cartucce, ottenendo risultati più che soddisfacenti. Il maneggio dell’arma s’è rivelato eccellente e l’acquisizione del bersaglio attraverso il cannocchiale molto istintiva, anche su bersagli in movimento. Il rinculo poi è ben gestibile, soprattutto sparando all’imbracciata: si può efficacemente doppiare il colpo.
Il merito va anche al calciolo Inflex 2 (disponibile con spessore di 12, 20, 25 e 32 millimetri), realizzato in gel poliuretanico ammortizzante e caratterizzato da una struttura interna che non soltanto riduce il rinculo percepito alla spalla, ma devia le forze verso il basso, di fatto allontanando la calciatura dalla guancia del tiratore e mitigando l’impennamento.
Browning Bar 4x: la gallery fotografica
Location d’eccellenza
Ma il vero test della Browning Bar 4X si svolge a caccia, nel prestigioso domaine de chasse di Beaumont le Roger, una foresta che s’estende per oltre 3.600 ettari, priva di qualsiasi tipo di recinzione: è una delle tenute di caccia private più grandi di Francia.
Fino a una decina d’anni fa, a Beaumont le Roger si praticava ancora la chasse à courre, la caccia a cavallo con i segugi agli ungulati; ma oggi, benché in Francia sia ancora consentita, i proprietari hanno scelto di limitarsi alla caccia con la carabina, più che altro per motivazioni di natura politica.
La gestione del patrimonio faunistico è molto attenta; e, trattandosi di un club esclusivo, la pressione venatoria è contenuta. Ne consegue che nel territorio della tenuta è possibile trovare una popolazione di ungulati particolarmente numerosa, soprattutto di cervi e cinghiali, con incontri molto frequenti con verri di mole, ma soprattutto dotati di difese importanti. Alcuni colleghi francesi mi hanno spiegato che è uno dei territori più ambiti per la caccia al cinghiale, una sorta di sogno proibito per la maggior parte dei cacciatori francesi.
La tenuta di Beaumont le Roger è gestita da Jean-François Meslin, guida di caccia esperta che lavora anche come professional hunter in Africa, organizzatore del salone Deauville outdoor, dedicato alla caccia d’alta gamma. La mattina, prima dell’inizio della caccia, Jean-François ci illustra le regole per la giornata. I cacciatori sono divisi in tre gruppi e ciascun gruppo costituisce una linea, schierata sul terreno per cercare di chiudere le possibili vie di fuga. Il territorio è pianeggiante, coperto da foreste d’alto fusto di querce e faggi, con un sottobosco molto ridotto; perciò non è facile prevedere i percorsi degli animali.
Un cinghiale adulto o un piccolo di cervo
La battuta si svolgerà in modo tradizionale, con battitori dotati di corni da caccia, accompagnati da cani di piccola taglia come terrier e bassotti: in una vegetazione come quella di Beaumont le Roger i selvatici tendono infatti a muoversi al primo segnale di avvicinamento dei battitori, procedendo lentamente.
Non occorre quindi una gran quantità di cani per riuscire a fare muovere i cinghiali dal forte, come avviene in Italia a causa della natura del territorio, ricco di arbusti e sottobosco. Per la giornata sono previste tre battute, due più brevi durante la mattina e una più lunga nel pomeriggio; a causa del terreno pianeggiante quasi tutte le postazioni sono provviste di un palchetto, per consentire un angolo di tiro sicuro. Per lo stesso motivo, in genere, non siamo autorizzati a sparare nella direzione da cui provengono i battitori, a meno di un’indicazione contraria da parte del responsabile della linea.
Siamo autorizzati ad abbattere cinghiali senza limiti di peso o classe, evitando però di prelevare le femmine più anziane che guidano i branchi, quelle che i francesi definiscono laie meneuse. Ogni cacciatore ha la possibilità di prelevare un maschio adulto di cinghiale, oppure un piccolo di cervo, mentre tutti gli altri cervidi sono severamente proibiti. Jean-François ci spiega che i verri presenti nella tenuta sono di mole importante, spesso sopra i 130 chilogrammi e dotati di difese notevoli; pertanto ci chiede di sparare ai grossi maschi solamente a breve distanza e cercando di limitare i ferimenti al minimo, per evitare di creare un pericolo per cani e battitori.
Arrivano i cinghiali
Durante la prima battuta la mia linea è schierata in una posizione un po’ sfortunata, dove non ho la possibilità di avvistare alcun animale; durante la seconda riesco invece a vedere un gruppetto di cerve con qualche piccolo, che non offre mai una vera opportunità per sparare, oltre a una volpe, specie che non è stata menzionata durante il briefing; decido quindi di lasciarla passare indenne a pochi metri da me. Durante il pranzo riferisco l’accaduto a Jean-François, che mi comunica che la volpe non solamente è cacciabile, ma che è anche tradizione della tenuta offrire una bottiglia di champagne ai cacciatori che riescono a prelevarne una: peccato.
Nel pomeriggio tuttavia la mia linea è in una posizione migliore e la fortuna gira rapidamente dalla nostra parte. A pochi minuti dall’inizio della battuta, un nutrito gruppo di cinghiali si avvicina alle nostre spalle. Non siamo autorizzati a sparare in quella direzione; perciò io e il mio vicino, lo spagnolo Israel Hernandez, restiamo immobili aspettando che i cinghiali passino tra il mio palchetto e il suo. Il gruppo è numeroso, più di venti animali, e identifico la femmina di testa, ben più grande degli altri, alcune bestie di compagnia e diverse bestie rosse.
La capobranco si ferma, si guarda intorno e annusa l’aria; ma la direzione del vento è buona, perciò non si accorge della nostra presenza. Alle sue spalle le voci dei battitori si fanno sempre più vicine; perciò decide di lanciarsi in avanti e attraversare la strada sterrata che la separa dalla linea delle poste. Il branco si ferma un istante proprio sotto il mio palchetto, a non più di dieci metri, poi riparte in avanti verso la foresta. Lascio passare la femmina di testa e inquadro il primo dei rossi, un animale di una trentina di chilogrammi.
Le immagini della battuta
A terra, fulminato
Posiziono il reticolo del Kite, settato al minimo ingrandimento, tra il collo e la spalla ed esplodo il colpo della Browning Bar 4X. L’animale crolla a terra fulminato, attinto esattamente nel punto mirato dalla palla soft-point della cartuccia Winchester.
Dopo lo sparo la situazione si fa confusa, il branco scatta in avanti ed è difficile inquadrare un singolo animale; ma un cinghiale più grosso degli altri sembra sfilare dietro il gruppo, allontanandosi da me e fuggendo in direzione di Israel, che non perde tempo e spara due colpi. Il grosso cinghiale cade vicino al tronco di un albero, ferito mortalmente, ma ancora vivo. Israel non riesce a vederlo, ma l’animale è esattamente di fronte alla mia posta, a una cinquantina di metri. Cerchiamo di comunicare a gesti e ottengo il suo benestare per finire l’animale.
Sparo un colpo al collo mentre il cinghiale è a terra, ponendo fine alle sue sofferenze. Quando il suono lungo del corno stabilisce la fine dalla battuta, insieme lo raggiungiamo. È un grosso verro, che nella confusione non avevo notato, nascosto dietro le femmine e i rossi ma che ha offerto il fianco dalla parte di Israel, che non ha perso l’occasione. Al tableau de chasse di fine giornata, con tanto di suonatori di corno da caccia per onorare gli animali abbattuti, ci sono circa venti cinghiali, con tre verri tra i 120 e i 140 chilogrammi, un risultato più che soddisfacente; e c’è ancora una giornata di caccia.
Un altro cinghiale
Le prime due battute della seconda giornata trascorrono senza una vera e propria occasione di tiro. Avvisto un paio di cinghiali in entrambe le occasioni, a distanza ravvicinata, ma sempre sul lato da cui si avvicinano i battitori e quindi dove non mi è possibile sparare. Durante la pausa per il pranzo, Jean-François organizza un secondo briefing e ci comunica una novità, una sorta di regalo da parte di Beaumont le Roger per il comportamento corretto tenuto da tutti i cacciatori sul campo.
Per la terza e ultima battuta le regole restano le stesse; ma oltre ai piccoli di cervo sarà possibile anche abbattere un fusone oppure un maschio giovane che i francesi definiscono gergalmente bob, acronimo di bois ordinaires blancs, letteralmente “palchi ordinari bianchi”. Si tratta, quindi, di subadulti con trofeo di sei punte, di altezza pari a 40 centimetri circa e caratterizzati da una colorazione piuttosto sbadita, che li rende ben riconoscibili rispetto ai soggetti più adulti.
Per la terza battuta sono posizionato su un palchetto al centro di una radura, con una visibilità che arriva ben oltre i cento metri, in un’area più aperta rispetto alle altre viste finora. Dopo una mezz’ora di attesa, una piccola compagnia di cinghiali si avvicina da sinistra, sfilando davanti a me a una quarantina di metri. Lascio passare, ancora una volta, la femmina di testa, concentrandomi sul gruppo dei rossi. Sparo un colpo, ma mi accorgo di aver strappato verso il basso mancando di netto l’animale.
Recupero il gruppo di cinghiali all’interno del cannocchiale. Non vedo più i rossi, che sono sfilati dietro una macchia di cespugli, ma riesco a mettere a fuoco una femmina che si trova verso la coda del gruppo. Senza pensare troppo sparo un colpo che attinge l’animale nella parte alta della spalla, facendolo crollare sulle zampe.
Uno spettacolo irripetibile
Passano diversi minuti e inizio a intravedere dei movimenti tra gli alberi, al limite del mio campo visivo. Prima sono ombre, poi movimento di zampe, infine palchi. Alzo il binocolo e osservo con attenzione: è un branco di cervi, forse il più numeroso che abbia mai visto. Stimo possano essere quasi 300 esemplari tra femmine, piccoli, maschi giovani e qualche coronato alla testa del branco. Gli animali si muovono a destra e a sinistra tra gli alberi, indecisi sulla strada da percorrere. Sentono certamente l’incedere dei battitori, ma non sono convinti della direzione: probabilmente percepiscono l’odore dei cacciatori sulla linea delle poste.
Vedo il maschio dominante, un coronato con trofeo di 14 o 16 punte, un animale imponente dietro al quale si muove l’intero branco. Ci sono anche fusoni e maschi giovani prelevabili, ma la situazione è troppo confusa per poter tentare un tiro senza rischiare di ferire più di un animale. La scena va avanti per una decina di minuti; alla fine il branco sceglie di passare alla mia sinistra, attraversando un sentiero a metà tra me e il mio vicino, a una cinquantina di metri. L’unica linea di tiro sarebbe in direzione del palchetto del mio vicino e poi cinquanta metri sarebbero comunque troppi per riuscire a scegliere un animale specifico, in corsa, da un branco così numeroso. Li lascio sfilare e mi godo uno spettacolo che difficilmente avrò la possibilità di rivedere a breve.
Un finale esaltante
Dopo aver ammirato il branco di cervi non faccio nemmeno in tempo a voltarmi che qualcosa attira la mia attenzione sul lato opposto. Da destra si avvicina un branchetto di cinghiali e sfila alle mie spalle, intorno ai cinquanta metri. Identifico con certezza una femmina e due bestie rosse, quindi inquadro uno dei due soggetti più giovani. Il primo colpo va a vuoto, probabilmente di nuovo in basso, mentre con il secondo fermo la corsa del rosso, che crolla colpito alla spalla. Sto per cercare di inquadrare l’altro rosso, quando qualcosa a sinistra attira la mia attenzione.
Spaventato dai due spari, un grosso cinghiale che seguiva il branco a breve distanza cambia improvvisamente direzione e passa alla mia sinistra. Per un momento rallenta la corsa e guarda verso la mia posizione: peso sbilanciato sugli anteriori, difese ben visibili e una mole maggiore rispetto a tutti gli altri animali visti sino a ora.
Non ci sono dubbi: è un grosso verro, un’occasione unica. Mi è rimasta una sola cartuccia e devo necessariamente farne buon uso, quindi miro al collo, seguo il movimento dell’animale per qualche istante e premo il grilletto. Il verro accusa il colpo, rallenta, scompare nelle felci dopo aver percorso una cinquantina di metri e tutto ciò che riesco a vedere sono le zampe protese per un istante verso il cielo.
L’ora che trascorre da questo momento alla fine della battuta è una delle più lunghe mai vissute, nell’incertezza dell’esito del colpo. Il fatto d’averlo visto rovesciarsi è sicuramente positivo, ma non ho evidenza che l’animale sia rimasto in quel punto; non so se si sia rialzato oppure se sia ancora a terra, ma vivo.
Un maschio enorme
Non appena suona il corno scendo dal palchetto e mi avvicino, la Browning Bar 4X carica e pronta all’uso. Raggiungo il punto in cui l’ho visto l’ultima volta e il cinghiale è lì, esanime.
È un maschio enorme, che in seguito farà segnare un peso superiore ai 150 chilogrammi, con difese larghe e affilate, lunghe più di venti centimetri. Jean-François stima possa avere cinque o sei anni, un’età che i cinghiali non raggiungono facilmente, soprattutto dove la pressione venatoria è importante.
Il colpo ha attinto il cinghiale al centro del collo, proprio dove avevo mirato, per un abbattimento rapido e il più possibile etico. È di gran lunga il più grosso che abbia mai prelevato, un esemplare davvero imponente, con un trofeo decisamente rappresentativo della specie. La giornata si conclude sulle note di Les honneur, suonata con i corni da caccia durante la cerimonia del tableau de chasse, per onorare la selvaggina abbattuta.
È stata un’occasione davvero unica non solo per il test della Bar 4X, significativo visti i numerosi colpi sparati sia al poligono sia a caccia, ma anche per il privilegio di poter prelevare un cinghiale come questo, un animale che capita ben poche volte nella vita di un cacciatore.
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