Dopo la sentenza del Tar sul calendario venatorio delle Marche le sezioni regionali di Federcaccia e Arcicaccia tornano ad attaccarsi a vicenda.
L’unità dei cacciatori sta da un’altra parte: la sentenza del Tar sul calendario venatorio delle Marche (respinto in gran parte il ricorso degli animalisti; respinto il ricorso della Federcaccia; ma la stagione s’era già chiusa) ha rinfocolato le polemiche tra associazioni venatorie; dopo essersi sbertucciate negli scorsi giorni, le sezioni regionali di Federcaccia e Arcicaccia sono tornate ad attaccarsi a vicenda.
La Federcaccia Marche rivendica di avere, mossa contestata dall’Arcicaccia, impugnato il calendario: «non è un affronto alla Regione, che ha sottratto ai cacciatori venti giorni di caccia»; il suo ricorso, sottolinea, è opposto a quello degli animalisti «che miravano a mandarci a caccia di meno, mentre noi vogliamo andare a caccia di più». Alla Regione la Federcaccia chiede «di avere maggior coraggio per il futuro, senza accettare criticamente il parere dell’Ispra».
Chiamato in causa personalmente Gabriele Sperandio, presidente dell’Arcicaccia Marche, risponde dicendo che è inutile «una polemica con una Federcaccia sterile e impotente». Per Sperandio la Federcaccia ha due colpe evidenti, aver «distrutto la cabina di regia regionale» e guidare «gli Atc marchigiani per renderli faunisticamente morti». Pericoli analoghi si scorgono nel panorama nazionale: la Federcaccia, prosegue Sperandio, «rischia di rendere venatoriamente morta la caccia in Italia: i cacciatori diminuiscono e abbandonano; i giovani non comprendono questa caccia alla federcacciamaniera».
Pesante anche l’attacco finale. La Federcaccia ritiene che i propri studi abbiano avuto un rilievo cruciale nella sentenza che ha salvato il calendario; per Sperandio invece «si vuole sostituire alla ricerca scientifica la lettura dei fondi di caffè subordinando la salvaguardia dell’ambiente e la biodiversità alla svendita di assicurazioni».
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