L’Ufficio studi e ricerche della Federcaccia commenta il report Ispra sul numero dei cinghiali in Italia difendendo l’efficacia della braccata.
Letto il rapporto sul numero dei cinghiali in Italia e sull’impatto delle diverse forme di caccia, «appaiono illogiche le valutazioni critiche rivolte alla braccata in diverse altre occasioni»; in attesa del documento tecnico completo su cui formulare un giudizio più articolato, l’Ufficio studi e ricerche della Federcaccia commenta così quanto finora comunicato dall’Ispra. Chiaramente la braccata dovrà essere accompagnata sempre più incisivamente da altre forme di prelievo come la caccia di selezione, la girata e le operazioni di controllo faunistico.
La Federcaccia non nasconde inoltre le proprie perplessità sia sui dati («la specie è notoriamente difficile da monitorare; pertanto è piuttosto azzardato indicare qualsiasi valore di consistenza senza sottolineare l’aleatorietà delle fonti utilizzate e quindi l’affidabilità limitata della stima») sia sul computo dei danni, che non si capisce se comprenda anche quelli non denunciati.
In ogni caso è evidente che nella gestione del cinghiale si debba aumentare il coinvolgimento di aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie; sul loro territorio infatti «ancora non s’interviene in modo incisivo». Si deve inoltre pianificare una serie d’azioni coordinate tra i territori di caccia e le aree protette; solo così si possono valorizzare al meglio le risorse disponibili e la capacità d’intervento sul territorio.
Che sia necessario coordinarsi meglio lo dimostrano i dati dell’Abruzzo, una delle regioni in cui si registrano più danni e quella in cui «è più alta la superficie di territorio [destinata ad] aree protette nazionali e regionali».
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