Caccia Magazine n.2 febbraio 2023: caccia selvaggia? Ma mi faccia il piacere
Caccia Magazine n.2 febbraio 2023: l’editoriale – È bastato l’annuncio che nella legge di bilancio sarebbe stato inserito un emendamento per proporre di aprire al prelievo di determinate specie di fauna selvatica nei centri urbani e nelle aree protette, che si è subito scatenata la bagarre. Ideologica come sempre! Fatta di slogan vuoti e motivazioni anacronistiche. Tecnicamente inconsistente. L’Oipa (Organizzazione internazionale protezione degli animali) è andata sull’usato sicuro, puntando sul far west creato dal provvedimento; più chic l’Enpa (Ente nazionale protezione animali) che ha parlato di deregulation venatoria”; il gruppo parlamentare Alleanza verde e Sinistra ha messo il carico, sbraitando apertamente di caccia selvaggia. Insomma, niente di nuovo. Il solito trito e ritrito armamentario propagandistico, senza mai lasciare un pertugio al confronto sulla sostanza del provvedimento.
Quando alla fine il Senato ha votato la versione definitiva della legge fondamentale per il funzionamento dello Stato, che conteneva il provvedimento di modifica della 157/92, la polemica è immediatamente salita di tono, ben supportata anche da buona parte della stampa nazionale. Eppure non è così banale, come gli urlatori di professione vorrebbero far credere, l’idea di base che ha ispirato chi ha sottoscritto questo emendamento a partire dal primo firmatario, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti.
Cambia la 157/92
A chi ha voluto sottolineare che dopo l’approvazione della legge di bilancio si sarebbe assistito a una caccia senza regole in tutta Italia è bene ricordare che le nuove disposizioni non parlano di attività venatoria, bensì di attività di controllo della fauna selvatica. La differenza non è formale, ma sostanziale e chi va a caccia dovrebbe saperlo bene: le attività di controllo delle specie di fauna selvatica non costituiscono esercizio di attività venatoria perché il legislatore ha inteso consentire un’attività straordinaria, di durata limitata ed extra caccia, ritenuta necessaria per la tutela della biodiversità e del suolo, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale.
Si tratta di cosa assai diversa dalla caccia in senso stretto; lo si evince anche dalla chiara indicazione che potranno essere coinvolti solo i cacciatori che parteciperanno a corsi di abilitazione. È vero che quest’attività potrà svolgersi anche al di fuori dei periodi classici in cui è consentita la caccia e oltre i limiti stabiliti dai calendari venatori, ma comunque sotto il controllo e il coordinamento del comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei carabinieri, nonché di autorità locali come guardie venatorie e agenti delle polizie locali.
Attacchi pretestuosi
È quindi in malafede chi veicola il messaggio di un provvedimento che vuole eliminare tutti i vincoli; al contrario, la procedura presenta molte più limitazioni rispetto alla normale attività venatoria. Per essere abilitati i cacciatori dovranno dunque frequentare corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti a livello regionale; saranno inoltre coordinati da agenti della polizia provinciale. Altrettanto fuori bersaglio le critiche secondo le quali la caccia sarebbe stata estesa alle aree protette. Del fatto che non si tratta di caccia ho già scritto; inoltre il controllo all’interno delle aree protette non soltanto è già previsto, ma è realizzato anche grazie al prezioso ausilio di cacciatori appositamente formati.
Adesso la palla passa ai ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura che, sentito l’Ispra e la conferenza permanente Stato-Regioni, dovranno adottare entro 120 giorni un piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, di durata quinquennale.
L’iniziativa del governo è giusta per non vedere più scene come quelle di cinghiali che bisbocciano in centro a Roma, a Genova o in altri centri urbani? Sarà sufficiente a evitare incidenti mortali su strade e autostrade? Riuscirà a limitari i danni alle coltivazioni? Certezze non ne ho; ma non mi si racconti che la strada giusta è quella dei contraccettivi per i cinghiali.
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