Ricordando Fabio Perco
Il 12 febbraio scorso ci ha lasciato Fabio Perco, uno dei “tre Perco” della mia vita. Sì, perché da quando ho cominciato a occuparmi di gestione faunistica prima o poi, immancabilmente, era d’obbligo rivolgersi a uno di loro.
Il padre, l’avvocato Dino, conosciuto come bravo illustratore di fauna selvatica sulla rivista “Diana“, è stato particolarmente apprezzato come autore, in collaborazione con il figlio Franco, di un’agile, ma meravigliosa pubblicazione, “Valutare il capriolo” (1970), illustrata di suo pugno in maniera sublime (non posso non ricordare la tavola riassuntiva del ciclo annuale del capriolo con tutte le sfumature di colore in nove strisce nei periodi da aprile a marzo dell’anno successivo).
Ebbi occasione di incontrare più volte Franco Perco, zoologo oltre che laureato in legge, in occasione di convegni sulla gestione degli ungulati; oltre a legarci la comune passione per la caccia, ne ho sempre apprezzato la preparazione, ma anche l’inconfondibile, unico direi, modo di porsi e spiegare le situazioni.
Completa il quadro delicatamente Fabio, figlio d’arte nel senso più ampio del termine (ha solo rinunciato alla caccia a un certo punto, sostituendola ampiamente e costruttivamente con l’ornitologia, la pittura, la ricerca, l’attività accademica e la divulgazione scientifica). Ebbi più occasioni di incontrarmi con lui ed era veramente piacevole nei rapporti umani. In particolare ricordo una bella sorpresa che ci fece, negli anni Novanta, quando ci venne a trovare nel greto del Tagliamento, in quel di Osoppo (Udine), ove come Club della Beccaccia avevamo organizzato, grazie all’ingegner Gianni Chizzola e alla signora Milla (architetto e cacciatrice), una prova cinofila su beccacce di ripasso. In quell’occasione Fabio mi parlò dei “suoi grifoni” e del successo della loro reintroduzione a Cornino, delle cicogne nonché delle sue oche selvatiche svernanti nelle zone lagunari da lui individuate, protette e dirette! La sua passione per il disegno e la sua abilità pittorica è ben apprezzabile nel suo libro sui rapaci, scritto e illustrato con il padre Dino e la collaborazione di Franco. Con Franco e Dino collaborò anche alla realizzazione del bel libro “Il capriolo” (1979). Ho poi ben viva nella memoria la bella tavola da lui realizzata delle diverse specie di beccacce nel mondo.
In questo indistruttibile quadro di un’invidiabile famiglia che vive nella mia memoria, l’improvvisa scomparsa di Fabio è stata un dolore che, tuttavia, mi ha spinto a rimettere a fuoco il suo ricordo e a informarmi meglio sulle sue recenti attività. Così mi sono aggiornato sulla sua grande attività di naturalista sia in ambito accademico (a Trieste), sia divulgativo, ma soprattutto per la conservazione dei suoi territori lagunari: la fondazione della Riserva naturale della foce dell’Isonzo, quelle di Capodistria, l’istituzione e la direzione della stazione isola della Cona, nel Comune di Staranzano, divenuta la migliore area per il birdwatching (secondo EBN-2007) in zona umida, ricompresa tra quelle della convenzione di Ramsar, premiata nel 2010 come “Miglior progetto europeo di ricostruzione ambientale”.
In questo contesto di ricordi, amicizia, coincidenza di interessi naturalistici e scientifici, ciò che oggi mi emoziona immensamente per la dimensione umana che abbraccia, sono le parole scritte dai suoi figli e pubblicate sui social per onorare il padre. Figli cresciuti immersi in quel mondo stimolante e nella piena condivisione di quelli che per Fabio Perco erano importanti valori. E con lui i suoi figli hanno condiviso anche l’amore per la natura (ricordo un lavoro scritto con la figlia Nicoletta) e la passione per il disegno. “Fino all’ultimo ti abbiamo tempestato di domande…”
Silvio Spanò