L’Arcicaccia del Piemonte critica il piano approvato dalla Regione per l’eradicazione della peste suina africana.
Il piano predisposto dal Piemonte “non è adeguatamente strutturato e per certi versi è palesemente inapplicabile”: è durissimo il messaggio recapitato da Remo Calcagno, presidente dell’Arcicaccia regionale, ai vertici della giunta dopo l’approvazione del provvedimento con cui s’intende contrastare la diffusione della peste suina africana nel territorio.
In testa all’elenco ci sono le recinzioni. L’Arcicaccia vuole capire innanzitutto come saranno gestiti i bandi e i fondi pubblici per la loro costruzione; poi chi sarà incaricato, una volta completata la struttura, di controllare che cosa avviene all’interno del perimetro e di aprire e chiudere i vari cancelli per l’accesso alle residenze e alle attività agricole e antropiche.
Nel piano mancano anche indicazioni precise sulla gestione delle specie (rapaci, corvidi, ardeidi, ratti, mustelidi, caradriformi) che in qualche modo possono interagire con i cinghiali. Bisogna poi identificare il responsabile delle gabbie di cattura e il supervisore del protocollo di biosicurezza; capire quali saranno i fondi a disposizione; e disciplinare nei dettagli la procedura per la costruzione delle altane.
Altro problema, le armi consentite per il prelievo notturno: è necessario definire con maggior precisione quali siano calibri e modelli considerati idonei. L’Arcicaccia vuole infine capire come si configurino nel dettaglio competenze e poteri del commissario straordinario. Non è in discussione la disponibilità a collaborare, ma c’è bisogno di regole d’ingaggio chiare.
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