Danni acustici a caccia: cause e possibili soluzioni per tornare a sentire appieno le nostre emozioni nel bosco.
«Eeehh?» e ti porge l’orecchio (generalmente il destro, quello messo meglio). Questa è la tipica reazione del cacciatore di mezz’età, con alle spalle centinaia di colpi sparati col fucile, a una domanda porta a voce bassa, magari nel mezzo di un vociare di fondo.
Diciamolo pure senza indugi. La maggior parte dei cacciatori è sorda o quantomeno soffre di una più o meno grave ipoacusia (compromissione dell’udito); ha un disturbo legato al funzionamento del nervo acustico, che trasporta gli impulsi meccanici percepiti dall’orecchio esterno (padiglione auricolare e timpano) e dall’orecchio medio (incudine, staffa e martello) direttamente al cervello, sotto forma di impulsi nervosi.
Il rumore che spegne i rumori
Tra le varie cause che possono danneggiare il nervo acustico primo in classifica abbiamo proprio il rumore. L’intensità del rumore si misura in dB (decibel). Partendo da 60 dB che è il rumore di una conversazione arriviamo a 120 dB, limite di sicurezza per suoni di breve durata. A 130 dB si trova la cosiddetta soglia del dolore, oltre la quale il suono produce effettivamente dolore fisico. Quante volte abbiamo sentito un dolore lancinante seguito da un intenso fischio dopo uno sparo? Basti pensare che un colpo di carabina calibro 9×21 produce un livello sonoro di circa 160 dB: ben oltre il limite del danno uditivo.
Fortunatamente l’orecchio umano è dotato di meccanismi di protezione in grado di schermare brevemente da suoni violenti, dunque un singolo sparo, o anche cinque o sei, non produrranno danni seri e perduranti all’udito. Ma l’esposizione continuata e ripetuta a spari senza adeguata protezione lo farà. La reiterata esposizione al rumore, come nel caso di cacciatori che sparano decine e decine di colpi di seguito, va a sommare lesioni su lesioni fino a danneggiare in maniera definitiva il nervo acustico.
A differenza di altri tessuti come la pelle, i muscoli o le ossa, il tessuto nervoso non è in grado di rigenerarsi e la sua lesione comporta quasi sempre la perdita della sua funzione. Così, giorno dopo giorno, anno dopo anno, le fibre del nervo si lesionano e la nostra capacità acustica si abbassa.
Danni acustici a caccia: selettività per le frequenze alte
L’ipoacusia da rumore è particolare e abbastanza facile da diagnosticare perché ha delle caratteristiche costanti. Prima di tutto si associa spesso a un altro disturbo che si chiama tinnito. Si tratta di quel fastidioso sibilo, talvolta fruscio, una specie di lunga “iiiii” dal lato del danno acustico. Questo acufene può essere davvero fastidioso perché è presente sempre, ci impedisce di sentire bene noi stessi mentre parliamo e sembra coprire le parole che ci dicono gli altri.
L’altra caratteristica della sordità da sparo è la sua selettività per le frequenze alte, i suoni acuti per intenderci. Sarà così frequente non sentire il “bip” dell’allarme dell’auto, il passaggio al telepass o la sveglia, ma sarà invece possibile sentire i rumori bassi, come i tonfi o le vibrazioni, per esempio quelle del cellulare.
Come si diagnostica il danno acustico
Alla luce di quanto detto possiamo immaginare che, di fronte a un calo dell’udito, la prima cosa da fare è ricostruire mentalmente i nostri comportamenti (a caccia o al poligono) e sarà facile identificare la volta o le volte in cui non abbiamo protetto il nostro prezioso, insostituibile nervo acustico. Sia chiaro che non è corretto fare una autodiagnosi, anche perché (raramente) l’abbassamento dell’udito può essere dovuto ad altre situazioni (infezioni, sinusiti) per cui in primis occorrerà chiedere una visita dall’otorinolaringoiatra. Sarà il medico a farci eseguire un semplice esame, l’audiometria (dal quale si evincerà se e quali frequenze non sentiamo), e a tracciare la nostra curva audiometrica.
Come si cura e come si previene
La sordità da rumore non si cura. Purtroppo questo tipo di ipoacusia è una patologia degenerativa di un tessuto che, come dicevamo, non rigenera, e se evolve è solo in senso peggiorativo. Perciò è importante conoscere il problema e soprattutto prevenirlo. Magari per noi potrà essere troppo tardi, ma dobbiamo cercare di evitare che ad altri capiti, diffondendo tra i nostri amici e conoscenti, soprattutto i più giovani, la cultura e la buona pratica della protezione acustica.
Si previene proteggendo l’orecchio dal rumore. In qualsiasi occasione, dalla caccia in braccata alla selezione, al tiro al volo o al poligono, ogni volta che tiriamo il grilletto dobbiamo pensare al danno che quell’ondata di rumore provocherà sul nostro orecchio. Generalmente il più esposto è il sinistro, poiché il destro, coperto in parte dal calcio del fucile, è schermato nei confronti dell’onda meccanica attraverso cui si propaga il rumore fino al timpano e da lì all’orecchio medio e poi al nervo acustico.
Quali protezioni adottare
Le protezioni acustiche si raggruppano in due grandi categorie: tappi e cuffie. Sebbene la sensazione di protezione offerta dalle cuffie, che coprono tutto l’orecchio, appaia maggiore, non c’è differenza in termini di efficacia tra i due dispositivi, è solo una questione di comodità.
I tappi in schiuma di plastica usa e getta offrono un’attenuazione di circa 20 dB, non sono quindi risolutivi, ma possono fare la differenza tra un rumore fastidioso e uno dannoso. Allo stesso modo cuffie economiche possono abbattere di 30-35 dB il rumore.
In commercio si trovano auricolari eccezionalmente evoluti che riescono sia ad attutire rumori intensi, sia ad amplificare quelli di bassa intensità e soprattutto di alta frequenza, impossibili da percepire da chi è portatore di un danno acustico da rumore.
In conclusione, poco importa se ci troviamo a sparare in poligono, se stiamo cacciando o se ci stiamo allenando: dovremmo sempre indossare la miglior protezione acustica possibile. Il danno uditivo è irreversibile e mai come in questo caso la prevenzione è l’unica arma che abbiamo per non rovinare la nostra qualità della vita e il nostro divertimento a caccia.
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