La caccia al tordo bottaccio da appostamento fisso con l’ausilio di richiami vivi è una tradizione venatoria antica e faticosa che affonda le proprie radici in una profonda cultura e che non può prescindere dalla cura dei dettagli.
Il tordo bottaccio è il piccolo migratore che suscita le attenzioni di numerosi cacciatori. Sebbene esistano diverse tecniche, la più affascinante rimane la caccia da appostamento fisso con l’uso di richiami vivi. La caccia si svolge principalmente nel periodo di passo. Già tra la metà e la fine di settembre nella zona delle Prealpi iniziano i primi avvistamenti. Il passo vero e proprio inizia ai primi di ottobre e termina una ventina di giorni dopo con un leggero ritardo per il centro-sud. Lo stesso vale per il merlo, mentre un discorso a parte meritano il tordo sassello e la cesena. La buona riuscita di questa forma di caccia non può prescindere dalla cura dei particolari. Oltre che nel possesso di una valida batteria di richiami, il segreto del successo di un capannista sta nello strategico posizionamento del capanno.
Delicato gioco di squadra
Una buona batteria per la caccia ai turdidi dovrebbe essere composta almeno da sei-otto bottacci cantori e altrettanti giovani, quasi sempre dell’anno (presicci). I cantori sono i maschi. Nonostante le ipotetiche teorie, distinguere il maschio di bottaccio dalla femmina è quasi impossibile. Sembra che i maschi abbiano una corporatura più grossolana, una tinta del becco più gialla e una capacità di muovere con maggiore frenesia le ali. Resta il fatto che la prova del nove rimane il canto di primavera.
In una batteria non possono comunque mancare anche tordi giovani o femmine da usare come zirli.
La cura dei richiami impone ferree attenzioni sull’alimentazione e l’allocazione degli uccelli. Se alimentati bene, curati e sani, nel momento giusto i richiami saranno senza dubbio più performanti. Per ottenere il canto di primavera nel momento della migrazione un tempo si utilizzava la pratica della chiusa. Oggigiorno è sempre più utilizzato il metodo naturale del fotoperiodo. Questo metodo sfrutta la luce artificiale per spostare in avanti le stagioni, in modo da far sì che, a causa delle ore di luce artificiale, in autunno gli uccelli sentano la primavera e cantino appunto come farebbero a maggio-giugno nel rispetto del naturale ciclo ormonale annuale. Per fare ciò si utilizzano dei programmatori automatici che facilitano il lavoro. Basta selezionare le schede programmate e non si pensa più a nulla. Durante i primi sei mesi dell’anno si abbassa gradualmente il periodo di luce. Successivamente si comincia ad aumentare il periodo di luce per circa sei minuti al giorno sino a fine anno, in modo da permettere ai richiami di affrontare la fase del canto ed essere pronti per la stagione di caccia.
Nulla è lasciato al caso
Una valida batteria non può prescindere da un buon capanno. Il primo fattore da considerare è la scelta del sito dove costruire il capanno. I tordi sono portati a posarsi a ridosso d’un crinale, ma ben raramente su piante poste in cima allo stesso: gli uccelli si posano sempre con il vento in petto.
Per questo motivo è bene che l’appostamento sorga più in basso. Il capanno va posto all’interno del bosco o sul suo limitare su un affilo di passo o in mezzo alle pasture, in modo da garantire la maggiore presenza possibile di selvatici. Per la riuscita dei tiri nei momenti cruciali altro aspetto chiave è l’orientamento del capanno: bisogna evitare di girarlo verso il sorgere del sole e le zone esposte a venti forti. In questa forma di caccia non conta solo il transito degli uccelli, ma nell’ambiente adiacente al capanno occorrono condizioni idonee che inducano i turdidi a fare una sosta. Diventano fondamentali l’esposizione della tesa e la presenza di pasture e posate particolarmente gradite. Un altro aspetto da considerare è quello degli ipotetici vicini di casa: evitare una linea di passo dove sono possibili appostamenti per la caccia al volo fa sì che i selvatici siano meno sospettosi e che curino più facilmente. Risulta scontato che un appostamento buono per tordi e merli non lo sarà altrettanto per sasselli e cesene.
Davanti al capanno dovranno esserci grandi piante di buttata che, una volta sfoltite e corredate di secchi e balconi, insieme ai richiami serviranno da attrazione irresistibile per i piccoli migratori. Il dintorno del capanno deve diventare il più naturale possibile. Il sito può essere migliorato con essenze di pastura, potature, sfalcio dell’erba, collocazione di secchi e creazione di piccole aree aperte per separare le piante di buttata dal bosco. Di rado il tordo si posiziona nella parte alta della pianta, preferisce piuttosto riposarsi nei rami bassi. Da qui l’importanza delle siepi e di arbusti dall’altezza ridotta.
L’appostamento richiede un impegno che va ben oltre il periodo di caccia: potare le piante, rinnovare i secconi, verificare gli appoggi per i richiami sono solo alcuni dei tanti lavori di mantenimento che richiede un appostamento fisso.
Il capanno può essere in muratura o costruito con semplici frasche.
L’importante è che si tratti di un rifugio con feritoie che permetta di sparare gli animali senza essere visti. L’interno può essere rivestito in moquette in modo da isolare dal freddo e attutire i rumori. Ognuno si può sbizzarrire nel personalizzare quella che sarà la propria dimora nel mese di ottobre: creare mensole e stipetti per riporre l’attrezzatura, ideare una fuciliera posta in modo da potervi appoggiare il fucile leggermente inclinato verso l’esterno e raggiungibile senza muovere l’occhio dalla feritoia e, non per ultimo, prevedere un pianale dove si appoggiano i gomiti, le cartucce e quant’altro.
Posizioni strategiche per le voci del coro
Possedere una valida batteria di richiami e avere un buon capanno non è sufficiente. Il terzo elemento chiave è la disposizione dei richiami. Innanzitutto è bene che i richiami familiarizzino con i luoghi nei quali si svolgerà la caccia. Soltanto in questo modo si potranno abituare a eventuali insoliti rumori e si eviterà l’inconveniente poco gradito che non cantino nei momenti cruciali. È risaputo che nel limite del possibile è necessario evitare di porre due soggetti vicini. Spesso la collocazione in un punto sgradito a un richiamo ne causa il mutismo: una volta trovata una posizione gradita, è sicuramente conveniente mantenerla sempre. Inoltre, nei limiti del possibile, sarebbe sempre opportuno piazzarli in modo che non ostacolino il tiro o altrimenti proteggerli con fogli di lamiera tinta di verde. È consigliabile disporre zirlatori e strisciatori in alto con la funzione di avvistatori e i cantori più in basso, magari intramezzati da zirli o da uccelli di altra specie.
Strumenti giusti per un’arte senza tempo
Solitamente il tiro al tordo da capanno non supera i 25 metri, motivo per cui ci troviamo nel regno dei piccoli calibri. Molto utilizzati sono i fucili basculanti a estrattori manuali: sovrapposti, doppiette e monocanna di calibri antichi come il 24 o il 32 oppure più recentemente di moda come il 28 e il .410. Per il calibro del fucile molto dipende dal tipo di appostamento e dall’altezza delle piante. Comunque ben difficilmente si usa un calibro inferiore al 20, utilizzato esclusivamente per i tiri più lunghi o per bersagli parzialmente coperti dalla vegetazione. Oggi anche i piccoli calibri vengono camerati magnum: ciò consente di avere a disposizione munizioni con un vasto range di grammatura e prestazioni e di poter ridurre il numero di armi da portare con sé al capanno.
La caccia al tordo da appostamento fisso è giustamente definita una vera e propria arte. Anche un ricco carniere durante un’ottima giornata di passo sembra mal ripagare l’impegno richiesto durante tutto l’anno per la cura dei richiami e dell’appostamento. Ma in fondo per il vero capannista la melodia emessa da una batteria che funziona ripaga qualsiasi sforzo.