Segugio: quale razza scegliere a caccia? Attraverso il contributo di alcuni appassionati ecco un’analisi dei fattori che determinano la scelta di selezionare e impiegare una determinata razza da seguita.
Segugio: si fa presto a dirlo. Ma il mondo dei segugi presenta una molteplicità di razze, selezionate nel tempo in funzione delle necessità che i cacciatori manifestavano di volta in volta in considerazione delle esigenze dettate da alcuni fattori come il tipo di selvatico cacciato, il territorio in cui esercitare l’attività venatoria e il comportamento che il selvatico oggetto d’interesse evidenzia anche in considerazione del differente habitat in cui vive.
Il gusto, l’estetica, la cultura, l’interpretazione dell’etica che le differenti popolazioni hanno maturato nel corso dei decenni hanno ulteriormente influenzato le scelte e le preferenze, anche in termini di selezione, degli appassionati dei cani da seguita.
Segugio: focus sulle scelte allevatoriali
Nella fissazione delle razze, così come nella loro successiva conservazione, ritengo che ogni scelta allevatoriale sia stata condotta dando priorità ad alcune peculiarità rispetto ad altre. Tale considerazione deriva essenzialmente da due motivi. Il primo si sostanzia nel fatto che anche il più abile e ottimista tra gli allevatori sa bene come in allevamento risulti assai complicato raggiungere e conservare su una buona fetta dei soggetti di una razza canina tutte le caratteristiche positive che si gradirebbero rinvenire nei propri ausiliari.
Ma c’è di più. Uno degli aspetti che rende maggiormente affascinante, e al tempo stesso complesso, il mondo dei cani da seguita è costituito dal fatto che esistono poche caratteristiche che sono sempre e in ogni caso positive, anche se portate all’eccesso. Nella maggior parte dei casi, al contrario, una caratteristica positiva, specialmente se spinta verso l’esasperazione, rischia, direttamente o indirettamente, di limitare l’espressione pratica di un soggetto in un altro frangente. Non si può pretendere, ad esempio, di selezionare soggetti oltremodo maneggevoli e abituati a lavorare in gruppo e pretendere poi che gli stessi si distinguano anche per estrema indipendenza, sagacia e intraprendenza.
Il focus di alcuni appassionati
Appare dunque evidente che chi ha selezionato una razza abbia dato priorità ad alcune caratteristiche che hanno finito col tempo per contraddistinguere la razza stessa sotto il profilo del suo comportamento venatorio. Perciò ho pensato di intervistare alcuni appassionati di cani da seguita che cacciano selvatici diversi in territori diversi, cercando di capire quali fossero le caratteristiche che ritenessero prioritarie nel segugio. Ho quindi approfondito le loro preferenze per stabilire se queste ultime fossero dettate maggiormente dalle esigenze pratiche oppure dal loro gusto personale. Infine ho chiesto loro di parlarmi per sommi capi della loro razza prediletta, per verificare se la scelta che li ha portati a preferire quest’ultima derivasse o meno dalla possibilità di riscontrare in essa con maggiore frequenza le caratteristiche preferite.
Andrea Bossi e il segugio dell’Appennino
Il primo appassionato che ho deciso di intervistare è Andrea Bossi; insieme al padre Luciano, alleva segugi dell’Appennino. La sua passione è la caccia alla lepre, specialità che pratica prevalentemente sull’Appennino emiliano, pur frequentando anche i territori di casa, quelli del Cremonese, poiché lui dimora a Castelleone.
Quali sono le caratteristiche che a suo avviso non possono mai mancare in un segugio?
Anzitutto un segugio non deve mai difettare di buona cerca. Questa è la prima fase e senza di essa non possono svilupparsi nemmeno le successive. Si espleta in assenza dell’incontro e in tale frangente potremo osservare la passione con cui i nostri cani affrontano questo delicato momento iniziale della cacciata, che, come accennavo è importantissimo, considerato che non sempre l’incontro avviene nei pressi dell’areale di sciolta.
Un buon segugio deve ispezionare il territorio circostante con intelligenza e volontà, poi, una volta rilevata l’usta, dovrà saper distinguere rapidamente e in modo efficace la passata utile da quella fredda, ciò al fine di poter iniziare ad accostare, possibilmente tralasciando i grovigli notturni e avanzando in modo rapido con tagli o cerchi proporzionati rispetto al territorio in cui caccia. L’azione di caccia, infatti, a mio avviso dovrà evidenziare aperture e tagli commisurati alla tipologia di territorio in cui si sta cacciando. In pianura saranno meno utili, anzi spesso controproducenti, aperture di un’ampiezza importante, che invece ritengo essenziali per la caccia di montagna.
Occorre iniziativa
L’utilizzo dell’olfatto è cruciale, ma un buon segugio da lepre secondo me deve distinguersi per la sua dote d’iniziativa, specialmente nelle difficoltà. Un segugio che si rispetti raramente arriverà allo scovo in modo del tutto casuale. Al contrario apprezzo maggiormente quei cani che, avendo compreso di essere ormai vicini alla lepre, lo manifestano in modo inequivocabile, con la voce e con il loro cambiamento di atteggiamento, che si farà più guardingo e circospetto. Questa è una dote importante per il segugio, quella di saper comunicare l’imminenza dello scovo ai compagni di muta e al canettiere.
Ovviamente il cane che scova è arrivato a metà del lavoro, poi parte la seguita, che deve essere veloce, pressante, sicura. Anche in occasione dei falli d’inseguimento il segugio deve comportarsi un po’ come nell’accostamento, risolvere con il naso in tempi rapidi se gli è possibile, altrimenti cerchiare per riprendere senza perdere tempo e senza dare alla lepre la possibilità di mettere in atto troppe astuzie per rendersi latitante.
Prediligo il cane capace di insistere sulle rimesse, ma senza eccessi; il lavoro deve desistere in un tempo ragionevole. Inoltre è fondamentale che il cane, quando realizza che non ci sono possibilità di risoluzione del fallo, rientri senza andare in cerca di una nuova lepre, insomma deve evidenziare un rientro esemplare.
Un’altra domanda a Bossi
Nell’individuazione del suo modello ideale di segugio hanno inciso i gusti personali e le esigenze dettate dal territorio in cui caccia? La razza che impiega rispecchia queste caratteristiche?
Sicuramente i miei gusti personali hanno inciso molto, anzi moltissimo, nella scelta dei miei cani. I segugi che allevo mi devono piacere anche a casa, nella vita di tutti i giorni, contesto in cui prediligo il cane intelligente ed educato, tutte caratteristiche che mi permettono di affinare quel rapporto di complicità che si deve instaurare e che trova la massima espressione nelle uscite venatorie.
Caccio insieme a mio padre e prediligo l’impiego in muta, quindi tendo a scegliere cani che, pur avendo la giusta indipendenza, al momento opportuno siano uniti. Apprezzo, insomma, quei cani che si cercano l’un l’altro ma lavorano sempre in autonomia. Queste caratteristiche penso che siano universalmente valide per tutti i bravi segugi da lepre, indipendentemente dal territorio in cui si trovano a cacciare.
Grandi cani con grande fisico
In particolare, cacciando prevalentemente in montagna, mi sento di affermare che la fase maggiormente esaltante in quest’ambiente è la seguita, attività che richiede un notevole dispendio di energie. Di norma dietro ai grandi inseguimenti troviamo cani dotati di un fisico atletico e asciutto, con ottima resistenza e tenacia. La siccità che ha caratterizzato le ultime stagioni di caccia alla lepre in Appennino mi porta anche a pensare che sia un bel vantaggio avere segugi che tendano a bere poco.
Tutte le considerazioni sin qui espresse hanno inciso in modo determinante sulla mia scelta di utilizzare e allevare il segugio dell’Appennino. Razza che ritengo rispecchi appieno queste caratteristiche e molto adatta al territorio che frequento. Mi piace il lavoro di questi cani, amo il cane sbrigativo e veloce. Li preferisco anche per la capacità di giungere al covo in situazioni di difficoltà oggettiva. Apprezzo anche i lavori al passo, minuziosi, e le file indiane ordinate in accostamento, ma sinceramente ritengo che non facciano per me. Ognuno deve cacciare con il tipo di cane che più gli aggrada. Io non posso fare a meno dell’esuberanza nella cerca, della velocità anche un po’ disordinata dell’accostamento e delle seguite veloci e incalzanti, caratterizzate da quelle voci che risuonano nella vallata come colpi di martello su un’incudine.
Graziano Auriti e il segugio italiano fulvo a pelo raso
Il secondo appassionato con cui mi sono confrontato è Graziano Auriti. La sua passione è la caccia alla lepre, che pratica nei classici ambienti collinari dell’Abruzzo, accompagnato dalla sua muta di segugi italiani fulvi a pelo raso.
Quali sono le caratteristiche che a suo avviso non possono mai mancare in un segugio?
In un segugio che si rispetti a mio avviso la prima caratteristica da tenere in considerazione è l’equilibrio. Magari l’equilibrio da solo non basterà a fare di un segugio un ottimo ausiliare per la caccia alla lepre, ma al contrario la sua assenza pregiudica in modo irreversibile la possibilità che un cucciolo possa diventare un grande interprete di questa delicata materia. L’equilibrio si può scorgere, specialmente per chi ha già posseduto soggetti analoghi, anche nei comportamenti domestici. A caccia questa dote si tradurrà, invece, in un lavoro ordinato e avremo pertanto soggetti capaci di cacciare senza sbavature e senza continui andirivieni.
Il classico lavoro sul piede
In questo senso il segugio che più apprezzo è un cane di maggior metodo, capace di avanzare sulla passata della lepre in modo classico, ricorrendo all’iniziativa solo come estrema soluzione. Questo è il classico lavoro sul piede, quello che più gradisco; pur rispettando il parere di ogni appassionato, non amo particolarmente quei cani “boschettatori”. Il cane di metodo non è solo un cane per gli amatori di questo sistema di caccia, ma è un cane funzionale allo scopo, in quanto può sembrare in apparenza lento nel suo incedere, ma la sua precisione sulla passata lo porta al covo senza indugi.
Infine, un’altra caratteristica che ritengo importantissima nel segugio che io prediligo è la voce. Non apprezzo particolarmente i cani muti o di poca voce in passata. Ovviamente la voce non deve essere data mai a vuoto, ma sempre solo sulla passata e in modo espressivo.
Gusti ed esigenze
Nell’individuazione del suo modello ideale di segugio hanno inciso i gusti personali e le esigenze dettate dal territorio in cui caccia? La razza che impiega rispecchia queste caratteristiche?
Senza dubbio nelle mie valutazioni sul segugio ideale hanno inciso profondamente i miei gusti. Amo cacciare con la muta e questa per me non può esistere senza ordine, altrimenti avremmo un gruppo di cani, magari anche efficace sul terreno, ma poco spettacolare e poco rispondente al mio concetto di muta. Per la coesione della muta, inoltre, la voce è un elemento essenziale, è un collante indispensabile per mantenere la compattezza nel corso della cacciata.
Al netto dei gusti ritengo anche che le caratteristiche che ricerco nei miei cani siano quelle più funzionali ai terreni in cui caccio, aridi e poveri di lepri, ma ricchi al contrario di altri selvatici, come gli ungulati. In questo contesto penso che un cane di metodo sia la soluzione migliore, forse l’unica per avere successo. Con poco sentore e poche lepri se un soggetto non sa avanzare con metodo sul piede della lepre difficilmente arriverà allo scovo.
Anche per la seguita le zone che frequento sono ostiche. Certe velocità d’inseguimento, pur disponendo di soggetti capaci di trattare la passata da passata e la traccia da traccia, sono difficili da conservare a lungo se non si ha un cane che anche sui falli della seguita evidenzi il giusto equilibrio per rallentare e risolvere il rebus. Inoltre, talvolta la lepre anticipa la sua partenza rispetto all’arrivo dei cani e per prodursi in un inseguimento incalzante la muta ha necessità di esibirsi prima in una fase di rintraccio, fondamentale per accorciare l’animale.
La razza che impiego e soprattutto la corrente di sangue che prediligo, che in ultima analisi risale all’opera selettiva del compianto Gildo Fioravanti, credo rappresenti la soluzione ottimale per questi territori. Ai sostenitori del pensiero di Fioravanti spetta il compito di conservare queste prerogative, migliorando costantemente il tipo e la morfologia dei soggetti allevati.
Mariagrazia Patriti, Erik Parusso e il beagle-harrier
Torniamo al nord con Mariagrazia Patriti e suo figlio Erik Parusso, ma passiamo al cinghiale, selvatico prediletto da questi appassionati cuneesi che allevano segugi di razza beagle-harrier.
Quali sono le caratteristiche che a vostro avviso non possono mai mancare in un segugio?
Un bravo segugio da cinghiale deve essere un cane completo, capace di svolgere tutte le fasi che si richiedono per cacciare il cinghiale in qualsiasi ambiente. Dovendo dare priorità ad alcune delle qualità che si ritengono essenziali per un buon ausiliare da cinghiale, la prima caratteristica da segnalare è la capacità di saper accostare. L’accostamento su cinghiale deve essere condotto con spigliatezza e rapidità, senza mai trascurare però la precisione. La voce in questa fase deve essere espressiva e comunicare al canettiere in quale frangente si trova il suo ausiliare, se è in un tratto in cui è più difficoltoso procedere oppure se l’indizio olfattivo può essere rilevato con facilità, inoltre il bravo segugio deve far capire quando ci si sta avvicinando al selvatico.
Le qualità morali al cospetto del cinghiale
L’accostamento per essere ritenuto efficace deve concludersi con l’arrivo sulla lestra e qui inizia una fase delicata, quella dell’abbaio a fermo. Al cospetto del cinghiale si possono valutare le qualità morali del nostro segugio. Mai timido, ma nemmeno troppo spavaldo, dovrà gestire questa fase con il giusto equilibrio. Personalmente ci possiamo anche accontentare di avere un buon abbaiatore a fermo, mentre sulla fase di seguita non transigiamo. Pretendiamo di disporre costantemente di cani che siano inseguitori instancabili e molto tenaci.
Nell’individuazione del vostro modello ideale di segugio hanno inciso i gusti personali e le esigenze dettate dal territorio in cui cacciate? La razza impiegata rispecchia queste caratteristiche?
Noi cacciamo con i beagle-harrier, razza con cui abbiamo ottenuto importanti successi anche in prova di lavoro. A caccia, come nelle prove, ci presentiamo sempre con la muta. Ciò deriva sostanzialmente da un modo di interpretare la caccia al cinghiale che va oltre le logiche meramente utilitaristiche di prelievo.
Un ottimo cane da muta
Sia ben chiaro, non disdegniamo il carniere, ma non ci accontentiamo di quest’ultimo, vogliamo assistere a un concerto melodioso di voci e a una seguita che provochi forti emozioni in tutti i componenti della squadra. Il beagle-harrier in questo senso si presta molto allo scopo, essendo un ottimo cane da muta, con una bella voce e un fisico robusto. È una razza che ci regala di sovente soggetti tenaci e instancabili sul terreno di caccia, ma che a casa conservano un aspetto nobile che appaga anche la nostra estetica.
La scelta di allevare questa razza, oltre che dai gusti e dalle nostre preferenze cinofile, che ci hanno portato verso la scelta di ausiliari completi e spettacolari, è senza dubbio influenzata anche dal territorio in cui siamo soliti cacciare. La grande vastità di spazi a disposizione e la tipica presenza di boschi ad alto fusto che caratterizzano l’Alta Langa favoriscono l’utilizzo di cani ottimi tracciatori e capaci di seguite interminabili. Soggetti con caratteristiche affini potrebbero risultare meno semplici da valorizzare in altre realtà territoriali, ma per casa nostra sono senza dubbio fonti di grande gioia e divertimento cinofilo.
Andrea Addis e il briquet griffon vendéen
Ci trasferiamo, infine, in Sardegna, per fare visita ad Andrea Addis. La sua passione è la caccia al cinghiale da praticare rigorosamente con i suoi amati briquet griffon vendéen.
Quali sono le caratteristiche che a suo avviso non possono mai mancare in un segugio?
La prima caratteristica che deve possedere un segugio da cinghiale è l’intelligenza che sintetizza le qualità naturali di un cane ed è un’ottima base per la riuscita di un ausiliare sia sotto il profilo venatorio, sia sotto il profilo riproduttivo. Nella mia esperienza allevatoriale infatti, a parità di doti venatorie, ho sempre prediletto l’impiego in riproduzione del cane più intelligente, quello, per intenderci, che finisce la stagione di caccia con meno infortuni, quello che si fa recuperare meglio, quello che in canile dà meno problemi.
La seconda dote che un ottimo ausiliare deve avere è la completezza; l’auspicio è di avere un cane che eccella in tutte le fasi. Ma come diceva un saggio “per allevare non basta una vita”. E allora dovendo scendere a compromessi preferisco un cane che abbia buone qualità in tutte le fasi a uno che eccella soltanto in una, risultando però nullo o quasi in tutte le altre.
Fondamentale valutare la cerca di un segugio
Se dovessi porre l’attenzione sulle singole fasi direi che, analogamente al cane da ferma, è fondamentale valutare la cerca di un segugio, che ci segnala il cane di grande mentalità e grande venaticità. Così come dalla grande cerca si selezionano gli stalloni per accoppiare le femmine anche ai fini della caccia pratica, allo stesso modo io non manderei mai in riproduzione un cane modesto in questa fase.
Nella caccia al cinghiale è molto importante anche l’abbaio a fermo, azione tipica di questa caccia che vede il segugio confrontarsi con un animale più forte di lui dal punto della fisicità, condizione che richiede un ausiliare tenace e intelligente.
L’ultima caratteristica che cito è lo stile di razza. Ogni cane lavora per com’è costruito, ogni razza ha una specifica morfologia, frutto di una selezione che non è mai casuale. Oggi purtroppo osservo scarsa attenzione per queste tematiche, ma io continuo a ritenere fondamentale porre la giusta attenzione sulla morfologia funzionale di ogni razza da seguita.
Segugio: razza e impiego
Nell’individuazione del suo modello ideale di segugio hanno inciso i gusti personali e le esigenze dettate dal territorio in cui caccia? La razza che impiega rispecchia queste caratteristiche?
La mia scelta è ricaduta su una razza francese, il briquet griffon vendéen, una razza rustica con una smisurata voglia di cacciare, grande avidità e cerca ampia. Ritengo che i gusti e l’estetica siano importanti nella scelta della propria razza prediletta, ma poi occorre tenere sempre presenti le esigenze pratiche di ciascuno di noi. Di solito paragono l’individuazione della razza canina più adatta alle nostre esigenze all’acquisto di una nuova auto. Difficile resistere al fascino di una fuoriserie, ma se l’acquisto è rivolto, ad esempio, a un utilizzo venatorio è decisamente meglio indirizzarsi su un pick-up.
La mia squadra di caccia è formata da un numero molto elevato di poste e il territorio interessato dalle nostre cacciate è molto esteso. Noi non facciamo mini-battute, ma al contrario grandi cacciate, da mattina a sera. Per queste esigenze la razza che ho scelto si presta benissimo, trattandosi di un ausiliare che ama la caccia e caccia per sé, senza arrendersi mai.
Segugi maneggevoli
Per gli stessi motivi la razza è meno indicata per chi ricerca cani maneggevoli e presto recuperabili, magari al termine di una breve seguita. Con riferimento ai miei territori di caccia l’unico limite che riscontro nel briquet è legato alla consistenza del pelo e del relativo sottopelo, che lo rendono un cane molto rustico, ma meno resistente alle alte temperature.
Ogni razza in ogni caso ha le sue peculiarità che la rendono più adatta in alcuni frangenti e di conseguenza meno funzionale in altri. Se così non fosse chi ci ha preceduto nei secoli passati avrebbe selezionato una monorazza, mentre la riprova di quanto affermo è data dal fatto che la sola Francia vanta alcune decine di razze da seguita riconosciute. Il confronto fra razze aiuta a crescere l’appassionato che, osservando le peculiarità di altri inseguitori, apprezza meglio le caratteristiche del proprio ausiliare prediletto. Tutto ciò però a patto che ogni appassionato, pur amando la propria razza, osservi le altre realtà in modo razionale e senza partire dal presupposto, peraltro errato, che la sua razza prediletta sia in ogni caso la migliore in assoluto.
Non perdere le ultime news sul mondo venatorio sul sito di Caccia Magazine e segui anche la nostra pagina Facebook.