Rispondendo all’interrogazione di Daniela Ruffino (Coraggio Italia), il ministro della Transizione ecologica chiarisce quale sia la posizione del governo sulla gestione del lupo.
Passa tutto dalla Regioni che finora non hanno trovato un accordo per tenere insieme la tutela della specie e «le deroghe al divieto di rimozione», eufemismo per catture e abbattimenti: Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, risponde così all’interrogazione di Daniela Ruffino (Coraggio Italia) sulla gestione del lupo. «L’ultima versione del piano [nazionale di gestione del lupo]» ha ricordato Cingolani «è stata sottoposta nel 2019 alla Conferenza Stato-Regioni». Sul testo però non è arrivato un accordo per «divergenze interne alla Conferenza [delle] Regioni». Dunque il piano è tornato all’esame del governo, presidenza del consiglio e ministero della Transizione ecologica.
D’altra parte già col piano al momento in vigore si possono valutare azioni e interventi differenziati su base regionale e locale «e ciò [consente di] prevedere anche deroghe per la cattura e l’abbattimento delle specie protette». E spunti utili possono arrivare anche dal territorio: il piano predisposto dalla provincia di Trento «sembra essere piuttosto interessante»; pertanto Cingolani ha già scritto all’Ispra per verificare se possa essere ulteriore spunto di discussione in Conferenza Stato-Regioni.
Nella sua interrogazione Ruffino aveva sottolineato che «la presenza di un elevato numero di lupi e di altra fauna selvatica rischia di determinare uno stravolgimento degli habitat naturali e l’abbandono delle aree interne e montane»; sono inevitabili le ricadute «sull’assetto idrogeologico del territorio e quindi sull’equilibrio climatico e sulla collettività». Il governo è dunque chiamato a «ristabilire un rapporto equilibrato e sostenibile» tra le attività antropiche e il lupo.
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